L’ipogonadismo maschile è una condizione clinica caratterizzata da una riduzione, più o meno marcata, dei caratteri sessuali secondari conseguente ad una ridotta secrezione di testosterone oppure ad un’ insensibilità periferica alla sua azione.
I due determinanti classici della ridotta secrezione di testosterone sono l’ipogonadismo primitivo, in cui è danneggiato il testicolo, e l’ipogonadismo secondario, ove manca la stimolazione delle gonadotropine sul testicolo, nella maggior parte dei casi per ridotta secrezione di LH e FSH nell’area ipotalamo-ipofisaria.
Negli ultimi quindici anni sempre maggior attenzione è stata posta ad un particolare ipogonadismo che si riscontra in circa il 14-18% dei maschi di età superiore ai cinquant’anni. Recentemente, dopo l’utilizzo di eterogenee definizioni quali andropausa, climaterio maschile, ADAM e PADAM, si è raggiunto un accordo sull’utilizzo dell’acronimo L.O.H (Late Onset Hypogonadism). Si tratta di una sindrome clinica e biochimica associata all’invecchiamento e caratterizzata da una riduzione dei livelli di testosterone, solitamente moderata e attestata fra 3.2 e 2 ng/ml (11-7 nmol/L), che può determinare un peggioramento della qualità di vita ed influenzare negativamente la funzione di alcuni organi.
Le cause della ridotta secrezione di testosterone nella L.O.H. sono sia di origine testicolare che di origine ipotalamo- ipofisaria. A livello del testicolo sono state documentate, in rapporto alla senescenza, una riduzione quantitativa delle cellule di Leydig, una diminuzione della perfusione ematica, un’alterazione della via di biosintesi delta 5 della steroidogenesi (mentre la via delta 4 rimane invariata), una ridotta risposta del testosterone plasmatico alla stimolazione con HCG. L’origine ipotalamo –ipofisaria della ridotta secrezione di testosterone sarebbe invece supportata dal riscontro di un aumento modesto dei livelli di plasmatici di LH, pur in presenza di una riserva secretoria importante, non in grado di di normalizzare i livelli ematici di testosterone, dalla scomparsa del ritmo nictemerale della secrezione di testosterone come conseguenza di una variata modalità di secrezione di LH, dalla modificazione delle oscillazioni pulsatili di LH non tanto come numerosità globale delle “pulse” quanto per la netta diminuzione del numero delle “pulse” di grande ampiezza. La spiegazione più convincente di quest’ultimo fenomeno rimane quella di una diminuzione di della quantità di GnRH secreto ad ogni “pulse” e quindi, in definitiva, di una diminuzione quantitativa età correlata dei neuroni a GnRH che costituiscono il “pulse generator”.
Gli elementi clinici correlati alla L.O.H., e che consentono di porre diagnosi in via definitiva, sono:
- la comparsa di disfunzioni sessuali (riduzione della libido, disfunzione dell’erezione e dell’eiaculazione, modificazioni dell’orgasmo);
- la possibile presenza di alterazioni a carico di alcune funzioni psichiche (nevrosi ansiosa, sindrome depressiva, disturbi del sonno, deficit mnemonici e di concentrazione)
- l’evidenza di modificazioni obiettive (diminuzione della massa magra ed aumento dell’adipe viscerale, perdita di elasticità cutanea, diradamento della peluria sessuale, riduzione di volume e/o consistenza dei testicoli, diminuzione dell’eritropoiesi, riduzione della densità minerale scheletrica).
Inoltre in questi soggetti i ridotti livelli di testosterone correlano con un incremento del rischio di comparsa di cardiopatia ischemica, sindrome metabolica e osteoporosi. In una metanalisi su oltre 60 studi clinici è stato proposto di includere il LOH tra le condizioni comprese nella definizione di sindrome metabolica. Sono infatti state individuate stringenti correlazioni fra livelli androgenici bassi ed incremento della massa grassa quantificabile del 20-35%. L’attività biologica che il testosterone svolge in modo diretto sul sistema cardiocircolatorio ha pure trovato numerose conferme cliniche e sperimentali. Il testosterone è infatti in grado di produrre vasodilatazione coronarica con meccanismo endotelio dipendente tanto da essere usato in taluni studi in acuto su soggetti coronaropatici. Per contro vi è il dato di livelli di testosterone costantemente inferiori nei soggetti con cardiopatia ischemica rispetto ai controlli sani e l’evidenza di una riduzione di eventi cardiovascolari nei soggetti affetti da LOH e trattati con terapia sostitutiva androgenica.
La diagnosi di LOH si avvale di riscontri anamnestici, obiettivi, e del dosaggio del testosterone. In taluni casi vi è indicazione ad utilizzare anche esami strumentali: nel sospetto di osteoporosi è utile eseguire una mineralometria ossea computerizzata del femore e della colonna; l’ecografia scrotale potrà fornire dati obiettivi sulla dimensione ed ecogenicità del parenchima testicolare; la valutazione della forza muscolare può essere documentata con l’ausilio di un dinamometro. Del tutto recentemente è anche possibile ricorrere all’ausilio di un questionario di 17 domande, validato anche in italiano, denominato Aging Male Sympotms rating scale (A.M.S.). Il questionario è molto attendibile ed indaga in modo appropriato i sintomi collegati con la sindrome da deficienza di testosterone attraverso domande semplici e chiare, in modo tale che il paziente è tranquillamente in grado di autocompilarlo.
Il trattamento dell’ L.O.H., come quello di qualunque altra carenza ormonale, si basa sulla terapia sostitutiva con un apporto di androgeni esogeni sufficiente a ripristinare i valori fisiologici di testosterone. Il trattamento sostitutivo con androgeni può essere condotto utilizzando testosterone per via parenterale, orale o transdermica.
Non esistono studi clinici randomizzati che siano stati in grado di provare che una data preparazione abbia maggiori vantaggi in termini di efficienza sostitutiva o migliori risultati nel raggiungere gli obiettivi clinici pertanto in generale la scelta della preparazione dipende da aspetti pratici quali la frequenza di somministrazione, il comportamento farmacocinetico, la preferenza del paziente, i costi. Vi sono comunque alcune considerazioni da fare. La via intramuscolare fino prevede l’iniezione intramuscolare di esteri del testosterone in miscela oleosa ogni 2-3 settimane ma vengono segnalati picchi troppo elevati nei primi giorni successivi alla somministrazione con fenomeni cutanei e/o psichici fastidiosi (acne, irritabilità, aggressività), mentre spesso verso gli ultimi giorni i pazienti segnalano un calo della libido e dell’energia psicofisica. Questo perché appena somministrato il livello di testosterone plasmatico raggiunge valori francamente sovrafisiologici mentre col trascorrere dei giorni scivola verso valori sotto il range di norma. Da alcuni anni è commercializzata anche una formulazione a lento rilascio con somministrazione intramuscolare ogni 12-14 settimane che presenta un favorevole profilo farmacocinetico garantendo valori di testosterone stabili e senza fluttuazioni rilevanti per tutto il periodo. La via orale rappresenta il modo di assunzione più fisiologico ma il testosterone undecanoato, l’unico testosterone utilizzabile a questo scopo, non viene assorbito in modo costante e pertanto non è in grado di mantenere livelli certamente costanti di testosterone. Attualmente le preparazioni transdermiche in gel rappresentano,probabilmente, la miglior via di somministrazione potendo ottenere, con una somministrazione ogni 24 ore, livelli stabili di concentrazioni plasmatiche di testosterone senza picchi sopra o sotto i range di norma con una modalità di somministrazione semplice.
Il trattamento sostitutivo con testosterone crea spesso disagio al medico che lo prescrive per il timore dei rischi che ad esso sono stati imputati e che riguardano il sistema cardiovascolare, l’eritropoiesi, l’apnea notturna, l’epatotossicità e le patologie prostatiche, in particolare la neoplasia della prostata.
Gli effetti cardiovascolari potenzialmente negativi, imputati alla terapia sostitutiva con testosterone, sono rappresentati dalla ritenzione idrosalina e dalla riduzione del colesterolo HDL. La ritenzione idrosalina potrebbe infatti indurre un peggioramento di uno scompenso cardiaco esistente, ma studi recenti documentano, al contrario, un miglioramento della gittata cardiaca, della pressione nei capillari polmonari e nell’arteria polmonare dopo somministrazione di testosterone a soggetti con scompenso cardiaco e bassi valori di testosterone plasmatici. E’ invece possibile un lieve rialzo dei valori della pressione arteriosa sistolica e/o diastolica. Anche il calo delle HDL, quando esiste, è minimo e comunque associato ad un calo del colesterolo totale. Recentemente un articolo scientifico, peraltro successivamente pesantemente contestato, segnalava un aumento di rischio di eventi cardiovascolari acuti in pazienti in terapia con testosterone. Moltissimi studi di verifica, il più recente del marzo 2017, non hanno supportato questo dato. Per contro numerosi sono i riscontri degli effetti potenzialmente benefici sul sistema cardiovascolare collegati al mantenimento di livelli fisiologici di testosterone. Si è infatti documentato un effetto positivo sull’emodinamica coronarica e sulla tolleranza allo sforzo nello scompenso cardiaco.
L’epatotossicità è ascrivibile solo alle preparazioni di androgeni alchilati, quali il 17-alfa-metil-testosterone, oggi non più usato e anzi assolutamente da evitare, e di fatto non rappresenta più un problema con le preparazioni attualmente utilizzate.
La comparsa di policitemia è piuttosto rara e associata all’uso della somministrazione parenterale del testosterone, probabilmente per effetto dei picchi sovrafisiologici che si raggiungono nei primi giorni dopo l’iniezione intramuscolare. Infatti non è stato riscontrato un incremento dell’ematocrito e dell’emoglobina con l’utilizzo delle formulazioni per via transdermica o con la somministrazione intramuscolare a lunga durata, in grado di garantire concentrazioni di testosterone costantemente entro il range fisiologico.
Per il rischio di comparsa o peggioramento delle apnee notturne esistono di fatto poche segnalazioni in letteratura, datate anni ’80, e tutte si riferiscono a soggetti che presentavano anche altri fattori di rischio per l’insorgenza di tale patologia, e comunque trattati con alti dosaggi di testosterone per via parenterale. In uno studio che utilizzava testosterone transdermico in pazienti anziani affetti da ipogonadismo, nel follow-up di 36 mesi non si è rilevata comparsa di apnee o ipopnea.
Il timore più radicato collegato all’uso della terapia sostitutiva con testosterone è sicuramente quello centrato sulla prostata. In minima parte per la preoccupazione di generare o incrementare un’ipertrofia prostatica benigna (I.P.B.), in massima parte per l’angoscia di poter favorire la comparsa di una neoplasia prostatica. Per quanto riguarda l’ipertrofia prostatica benigna una recente revisione sui lavori pubblicati non segnalava incremento dell’incidenza di I.P.B. in pazienti in terapia con testosterone. La neoplasia prostatica è invece una condizione da valutare con grande attenzione. Il ruolo favorente che il testosterone svolgerebbe sull’instaurarsi del carcinoma prostatico origina dagli studi di Higgins e Holde pubblicati su Cancer Research nel 1941 su 11 pazienti. In realtà le più recenti ricerche non avvalorano il ruolo prioritario del testosterone nel determinismo della neoplasia prostatica e documentano come l’ incidenza di carcinoma prostatico non aumenti nei soggetti sottoposti a terapia sostitutiva con testosterone. Di contro cominciano invece ad apparire evidenze in cui la condizione di ipogonadismo sarebbe collegata all’insorgenza di neoplasie prostatiche biologicamente più aggressive.
Possiamo quindi concludere che le conoscenze attuali ritengono sicuro il trattamento sostitutivo con testosterone in pazienti con ipogonadismo ed in particolare con L.O.H. E’ necessario però attenersi scrupolosamente alle raccomandazioni elaborate dalle società scientifiche internazionali e dalla Società Italiana di Andrologia (SIA) sottoponendo il paziente ad un accurato screening prima dell’inizio del trattamento sostitutivo con testosterone e ai rigorosi controlli di follow-up previsti. Prima di iniziare la terapia sostitutiva va controllato il PSA, l’ematocrito, il profilo lipidico e va esaminata la prostata mediante esplorazione rettale.
Successivamente, dopo uno, tre , sei e dodici mesi si deve procedere alla valutazione dell’efficacia del trattamento sostitutivo, sulla scorta dei dati soggettivi, clinici e dei livelli di testosterone raggiunti modificando eventualmente i dosaggi e/o la via di somministrazione. Inoltre va sempre controllato PSA ed ematocrito, si deve procedere all’esplorazione rettale della prostata e va controllata la pressione arteriosa. Nel caso di riscontro di anomalie prostatiche all’esplorazione rettale e/o di rapido incremento del PSA si deve considerare l’opportunità di una biopsia prostatica. Inoltre bisogna rispettare tassativamente le controindicazioni assolute alla terapia sostitutiva: presenza/sospetto di carcinoma prostatico o mammario, presenza di policitemia, presenza di severa ostruzione delle basse vie urinarie, presenza di apnea notturna.
E’ bene infine considerare attentamente nella valutazione del rapporto fra rischi e benefici della terapia sostitutiva con testosterone anche il rischio in cui si può incorrere non trattando un paziente ipogonadico per la comparsa di patologie tipiche della condizione: osteoporosi, riduzione della muscolatura, calo della libido, disfunzione erettiva, aumentato rischio di fenomeni cardiovascolari.
Dottor Giorgio Piubello
Specialista in Andrologia ed Endocrinologia
Università di Verona