da Leadership Medica n. 3 del 2003
La Pontificia Accademia per la Vita, in occasione della conclusione dei lavori della sua IX Assemblea Generale, ha proposto un documento di “impegno etico” per tutti “i ricercatori e operatori della ricerca nell’area biomedica e anche ai ricercatori nel campo bioetico”.
La “Proposta di impegno etico” porta la data ufficiale del 13 marzo 2003.
Il testo (che troverete alla fine dell'articolo) si articola in due parti:
una breve premessa, di carattere generale,
ed una specie di “giuramento”, che la traduce in modo sintetico in 7 punti.
L’esigenza che sta alla base di questa proposta è, ancora una volta, quella di stabilire un “ponte” tra ricerche e prassi scientifiche di area biomedica e riflessioni etiche ed antropologiche di stampo filosofico e religioso. Il punto di riferimento resta, nella sua centralità, la “persona umana” e il suo bene.
Il richiamo al bene, peraltro, si scandisce, in questo testo, in tre direzioni: il bene morale del soggetto della ricerca; il bene della persona umana considerata come paziente e fruitore della ricerca; il bene comune come scopo di un sapere che trascende le categorie dell’utile e dell’economicamente conveniente.
Nella Premessa si esprime una chiara, sebbene molto sintetica, concezione antropologica, che si radica nella tradizione dello spiritualismo personalistico. Si tratta di un’affermazione di principio, che introduce una duplice esigenza: quella di “offrire percorsi formativi per i giovani ricercatori, che pongano l’accento non soltanto sul versante della preparazione scientifica, ma anche sull’acquisizione di nozioni fondamentali di antropologia e di etica” e quella di dar vita ad un vero e proprio codice deontologico per i ricercatori.
L’impegno a cui sono invitati i ricercatori è una specie di bozza di questo codice deontologico, che intende, infatti, delineare “i tratti principali della “personalità morale” del ricercatore”. Tra i punti qualificanti dell’impegno, che viene richiesto ai ricercatori, va menzionato il numero 5, quello che fa riferimento al riconoscimento della peculiare dignità di ogni essere umano in tutte le fasi della sua esistenza: dall’origine (posta nel processo di fertilizzazione) fino alla morte. Da questo riconoscimento derivano i punti successivi, dedicati alla sperimentazione, dove è ribadito il rispetto per la persona umana e per i suoi diritti. L’iniziativa, proposta da un ente autorevole come la Pontificia Accademia per la vita, che riunisce studiosi di tutto il mondo, merita particolare attenzione.
La formulazione, molto sintetica, risponde allo scopo, ci sembra, di aprire un dibattito e di innestare un processo di riflessione sulla necessità di maturare una relazione “virtuosa” tra la formazione nell’ambito delle scienze empiriche e la preparazione etica ed antropologica.
Alcuni punti, come quello nel quale si fa riferimento al consenso informato come condizione necessaria per la sperimentazione clinica, potrebbero essere meglio specificati ed articolati: ci sono, infatti, situazioni che rendono legittima la sperimentazione per il bene del paziente anche qualora non fosse possibile ottenerne il consenso diretto. Anche nel settore della sperimentazione sull’animale bisognerebbe dire qualcosa di più rispetto al generico riferimento a “determinate regole etiche” da seguire. Gli interlocutori immediati di questa proposta sono sicuramente tutti coloro che appartengono, per formazione e convinzione, alla tradizione culturale cristiana o di ispirazione cristiana, ma è evidente l’intento di andare oltre ogni ambito confessionale, per aprire il fronte del dialogo con tutti coloro che, su basi filosofiche o su fonti religiose non soltanto cristiane, sono disposti ad interrogarsi seriamente sulle finalità etiche delle stesse ricerche e metodologie scientifiche.
Del resto, non è detto che anche chi appartiene di fatto alla tradizione culturale di ispirazione cristiana non abbia bisogno di ripensare e riprecisare il senso del proprio lavoro.
Traspare, da questo documento, il desiderio di dar vita ad una specie di Giuramento di Ippocrate che coinvolga non più soltanto i medici, ma la complessa ed articolata schiera di ricercatori che determinano la complessa identità delle attuali scienze sperimentali. Un simile dialogo è auspicabile anche per coloro che si occupano delle ricerche etiche e filosofiche, spesso sorde alle richieste di approfondimento che vengono sollecitate dagli sviluppi conoscitivi empirici.
Non basta aver ereditato un patrimonio di idee filosofiche feconde e profonde se non si è disposti a farle fruttare in un serio confronto con l’estensione del sapere e del potere sperimentale che le tecnoscienze consegnano all’uomo occidentale.
Personalmente io ho aderito a questa Proposta non soltanto perché condivido i principi formulati, ma soprattutto perché ritengo che sia necessario partire da questo invito per creare nuove condizioni di riflessione e di dialogo con tutti coloro che condividono almeno la serietà della “posta in gioco”, e cioè una concezione non equivoca di progresso per l’uomo.
Questa Proposta costituisce una base autorevole e precisa, ma anche sufficientemente duttile, per creare occasioni di dialogo interdisciplinare e interculturale: speriamo non venga dispersa nell’indifferenza di chi ha ”troppo da fare” per fermarsi a riflettere su ciò che sta facendo.
Prof. Adriano Pessina
Cattedra di Bioetica Università Cattolica del S.Cuore - Milano
Pontificia Academia Pro Vita
Proposta di impegno etico per i ricercatori in ambito biomedico
Nota introduttiva:
Il seguente “manifesto” viene pubblicato come appendice al comunicato finale della IX Assemblea Generale della Pontificia Accademia per la Vita. Esso rappresenta un frutto concreto dei lavori assembleari, quest’anno dedicati al tema “Etica della ricerca biomedica. Per una visione cristiana”, che viene presentato come proposta aperta alla quale aderire liberamente.
L’invito per una adesione personale è rivolto a tutti i ricercatori e operatori della ricerca nell’area biomedica e anche ai ricercatori nel campo bioetico. L’eventuale adesione personale, che presuppone la condivisione dei principi esposti nel testo, può essere comunicata in uno dei seguenti modi:
- per e-mail (indirizzare a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.)
- per fax (inviare al +39 06 69882014)
- per posta ordinaria (indirizzo: Pontificia Accademia per la Vita, Via della Conciliazione 3, 00193 Roma - ITALY).
Qualunque sia la modalità prescelta, è obbligatorio indicare le proprie generalità (nome, cognome, indirizzo, telefono, fax, e-mail), professione e luogo di lavoro, titoli accademici o di studio.
13 Marzo 2003
Premessa
Lo sviluppo raggiunto dalla scienza negli ultimi decenni ha prodotto rilevanti trasformazioni culturali e sociali, modificando qualitativamente molti aspetti dell’esistenza umana.
L’avanzamento del progresso scientifico in diversi settori, infatti, ha suscitato grandi speranze di concreti miglioramenti per la vita ed il futuro dell’uomo.
Tuttavia, in alcuni settori della ricerca scientifica sono sorti problemi e/o dubbi di natura etica e religiosa, che hanno mostrato in modo inequivocabile quanto sia necessario, in realtà, un costante confronto/integrazione tra le scienze sperimentali, da un lato, e le altre scienze umane e la filosofia, dall’altro, in un orizzonte più ampio, perché l’acquisizione di conoscenze sempre nuove sia effettivamente finalizzata al vero bene della persona umana.
La vita e la natura dell’uomo si presentano come realtà troppo complesse per poter essere esaminate in maniera esaustiva da un’unica prospettiva; un approccio multidisciplinare appare, dunque, indispensabile per poter conoscere sempre meglio l’essere umano nella sua integralità ed offrire un apporto significativo alla crescita di una scienza che sia veramente per l’uomo.
Inoltre, un tale dialogo interdisciplinare, proprio riportando l’attenzione sulla centralità della persona umana, renderebbe, da una parte, gli uomini di scienza più consapevoli delle implicazioni etiche del loro operare e spingerebbe, dall’altra, i cultori di antropologia filosofica e teologica ad assumere un ruolo di collaborazione dialogica e di supporto pratico nei loro confronti, nel comune intento di accrescere gli strumenti conoscitivi ed applicativi al servizio della comunità umana.
In tale prospettiva, il riferimento ai valori umani e, in definitiva, ad una visione antropologica ed etica, è dunque un elemento imprescindibile da porre come premessa per una ricerca scientifica corretta, che sappia ben tenere in conto le responsabilità verso se stessi e verso gli altri.
Senza riferimento all’etica, infatti, scienza e tecnologia possono essere usate sia per uccidere che per salvare vite umane, sia per manipolare che per promuovere, sia per distruggere che per costruire.
È quindi necessario che, mediante una gestione responsabile, la ricerca si indirizzi verso il vero bene comune, un bene che trascenda qualsiasi interesse meramente privato, superando i confini geografici e culturali delle nazioni, sempre tenendo lo sguardo puntato al bene delle generazioni future.
Perché la scienza sia realmente posta a servizio dell’uomo, è necessario che essa sappia andare “oltre la materia”, intravedendo nella dimensione corporea dell’individuo l’espressione di un bene spirituale più grande.
Gli scienziati devono comprendere il corpo umano come la dimensione tangibile di una realtà personale unitaria, corporea e spirituale allo stesso tempo.
L’anima spirituale dell’uomo, sebbene non tangibile in se stessa, sempre costituisce la radice della sua realtà esistenziale e tangibile, della sua relazione col resto del mondo e, di conseguenza, del suo peculiare ed inalienabile valore.
Solo una tale visione potrà rendere la ricerca scientifica effettivamente rispettosa della persona umana, considerata nella sua complessa unità corporeo-spirituale, ogni volta che essa diviene oggetto di investigazione, con un particolare riferimento a quegli eventi che costituiscono l’inizio e il termine della vita umana individuale.
A motivo di ciò, emerge forte l’esigenza di offrire percorsi formativi per i giovani ricercatori, che pongano l’accento non soltanto sul versante della preparazione scientifica, ma anche sull’acquisizione di nozioni fondamentali di antropologia e di etica; l’espressione di tali percorsi potrebbe, poi, cristallizzarsi nell’elaborazione di un vero e proprio codice deontologico per i ricercatori, al quale ciascun ricercatore possa fare sicuro riferimento nel suo lavoro, e che rappresenti insieme un segno di speranza e di impegno per una medicina veramente “umanizzata”, durante il nuovo millennio.
Una prima direttrice di cammino potrebbe riguardare proprio le modalità con cui il ricercatore deve comportarsi e le norme da osservare per indirizzare la ricerca stessa verso le finalità già esposte.
Tali indicazioni etiche, alle quali scegliamo di aderire, desideriamo proporle anche a tutti gli altri operatori del mondo della ricerca biomedica; in qualche modo, esse delineano i tratti principali della “personalità morale” del ricercatore.
Impegno
1.
Mi impegno ad aderire ad una metodologia di ricerca caratterizzata da rigore scientifico e da un’alta qualità dell’informazione che viene fornita.
2.
Non aderirò a ricerche nelle quali mi potrei trovare in conflitto d’interesse dal punto di vista personale, professionale od economico.
3.
Riconosco che la scienza e la tecnologia devono essere a servizio della persona umana, nel pieno rispetto della sua dignità e dei suoi diritti.
4.
Riconosco e rispetto ogni tipo di ricerca, e le sue applicazioni, che sia basato sul principio di “bontà morale”, riferito alla corretta visione della duplice dimensione corporale e spirituale dell’uomo.
5.
Riconosco che ad ogni essere umano, fin dal primo momento della sua esistenza (processo di fertilizzazione) e fino alla sua morte naturale, va garantito il rispetto pieno ed incondizionato che è dovuto ad ogni persona umana, a ragione della sua peculiare dignità.
6.
Riconosco l’utilità e l’obbligo di una seria e responsabile sperimentazione sull’animale, condotta alla luce di determinate regole etiche, prima di applicare all’uomo nuove metodologie diagnostiche e terapeutiche, a causa del mio dovere di tutelare la vita e la salute umana. Riconosco anche che il passaggio dalla sperimentazione nell’animale alla fase sperimentale clinica (nell’uomo) deve essere compiuto soltanto quando le evidenze fornite dalla sperimentazione negli animali garantiscono sufficientemente l’innocuità o l’accettabilità degli eventuali danni e rischi che tale sperimentazione implicasse.
7.
Riconosco la legittimità della sperimentazione clinica sull’uomo, ma solo a precise condizioni, tra le quali in primo luogo la salvaguardia della vita e dell’integrità fisica dei soggetti umani sottoposti ad essa. Occorrerà poi che la sperimentazione sia sempre preceduta da una doverosa, corretta e completa informazione sul significato e sugli sviluppi della stessa.
Tratterò ogni persona che aderisce ad una sperimentazione come soggetto libero e responsabile e mai come mero mezzo per il conseguimento di altri fini. Mai accetterò che una persona sia arruolata in una sperimentazione senza che abbia dato il suo libero consenso informato.