I più comuni approcci alla forma di aritmia cardiaca che può colpire una persona su cinque nelle fasce più anziane della popolazione
La fibrillazione atriale
La fibrillazione atriale è l’aritmia più frequente al mondo, con una prevalenza nella popolazione generale che si aggira tra l’1% ed il 4% ed aumenta con l’aumentare dell’età, fino a raggiungere circa il 18% negli anziani over 85. Può avere eziopatogenesi diverse, ma tutte portano ad una alterazione del ritmo cardiaco sia in frequenza che in costanza.
La fibrillazione atriale è inoltre associata a rischi di mortalità aumentati, oltre a più elevate complicazioni come lo scompenso cardiaco, l’ictus, il declino cognitivo e la riduzione della qualità della vita.
Tracciato ECG di una fibrillazione atriale.
J. Heuser, CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons
Nonostante l’ottimizzazione della terapia medica, essa non è sempre efficace nel controllare l’aritmia nel lungo termine, soprattutto nelle forme più persistenti (non parossistiche), dovuto ad un rimodellamento elettrico e strutturale atriale in stato avanzato. Per questo sono emersi negli anni approcci più invasivi come l’ablazione transcatetere e l’ablazione chirurgica per tenere maggiormente sotto controllo l’aritmia.
La prima linea di intervento consiste nell’ablazione transcatetere, particolarmente indicata per la fibrillazione atriale parossistica, in cui ottiene come risultato un controllo del ritmo migliore rispetto alle forme non parossistiche. In questa procedura vengono isolate elettricamente gli sbocchi delle vene polmonari nell’atrio sinistro.
Questa procedura non è sempre efficace e col passare del tempo la probabilità di recidiva aumenta; per tale motivo è necessario ripetere più volte l’ablazione, che può comunque rimanere inefficace.
Ablazione chirurgica
In caso non sia possibile eseguire un’ablazione transcatetere come, ad esempio, per anomalie del sistema venoso, in caso le pregresse ablazioni sono risultate inefficaci, o in cui il paziente deve sottoporsi ad intervento cardiochirurgico per altre patologie, entra in aiuto la chirurgia.
Si distingue l’ablazione “concomitante” se effettuata con altre procedure cardiochirurgiche, da quella “isolata”. I risultati del ritmo a lungo termine sono nettamente migliori rispetto all’ablazione transcatetere, specialmente per le forme non parossistiche. La maggiore invasività e complessità di esecuzione dell’intervento sono però dei deterrenti che limitano il suo uso nella pratica clinica. Di conseguenza, sono stati sviluppati approcci chirurgici mininvasivi che ne riducono l’invasività provando a non comprometterne l’efficacia, nonostante vengano eseguiti schemi di ablazione più semplificati.
Lo schema ablativo completo viene definito “Cox-Maze” dal nome del suo creatore, il chirurgo americano Dr. James Cox. Esso consiste in lesioni della parte sinistra del cuore (isolamento delle vene polmonari con lesioni di congiunzione a completamento del così detto “Box” atriale, lesione istmica mitralica ed isolamento dell’auricola sinistra con relativa lesione di connessione) e lesioni della parte destra (lesioni sulle cave superiore ed inferiore, lesione istmica tricuspidalica e lesione di congiunzione all’auricola destra). Attualmente vi è una controversa discussione circa il rapporto efficacia/complicanze tra un approccio solo atriale sinistro e biatriale.
La Cox-Maze può essere eseguita sia in sternotomia (aprendo il torace separando lo sterno a metà), che in mini-toracotomia destra (aprendo il torace tra due coste), ma in entrambi i casi è necessaria la circolazione extra-corporea (CEC) per fermare il cuore.
Operatore in azione su un macchinario cuore-polmoni per la circolazione extracorporea
Pfree2014, CC BY-SA 4.0 , via Wikimedia Commons
Per ridurre le complicazioni derivate dall’uso della CEC e la dimensione delle incisioni, sono stati sviluppati approcci “off-pump” (senza CEC) mininvasivi. In queste procedure, le incisioni sono minime e servono per accedere al torace con lo strumentario endoscopico necessario quali telecamera, pinze, porta-aghi, ablatore, bisturi elettrico ed aspiratore. Con questo tipo di intervento, viene eseguita la sola “Box lesion” e cioè l’isolamento delle vene polmonari con le due lesioni che le congiungono sul tetto ed alla base dell’atrio sinistro. Esistono diversi approcci chirurgici all’ablazione “off-pump” mininvasiva quali la toracoscopica unilaterale, toracoscopica bilaterale e transdiaframmatica/subxifoidea, in base al tipo di ablatore che viene utilizzato.
La “durata” nel tempo delle lesioni sul cuore, che corrisponde a quanto riduce le recidive di FA nel tempo, è strettamente correlata oltre al corretto completamento dello schema di lesioni anche alla loro transmuralità. Una maggiore transmuralità garantisce un maggior isolamento elettrico oltre il quale l’aritmia non riesce a passare. Essa è ottenuta con la Cox-Maze più facilmente in quanto il cuore viene aperto e nella maggior parte delle lesioni il tessuto viene ablato sia dentro che fuori contemporaneamente (lesioni endo- ed epi-cardiche). Considerando l’ablazione transcatere e quella off-pump, invece, le lesioni vengono eseguite solo da un lato: con l’ablazione transcatere solo endocardiche, con quella off-pump solo epicardiche. Risulta quindi comprensibile l’idea di unire queste due tecniche per ottenere un approccio endo- ed epicardico e raggiungere la massima transmuralità. Questo approccio prende il nome di ablazione “ibrida” ed i due step che la compongono (chirurgico e transcatetere) possono essere eseguiti nella stessa seduta o in due separate. L’ablazione ibrida ha mostrato in più studi un vantaggio significativo rispetto alla sola ablazione transcatetere. Invece, tra ablazione ibrida e sola ablazione chirurgica off-pump gli studi scarseggiano ancora e non viene mostrato un vantaggio significativo di una tecnica rispetto all’altra.
In conclusione, l’ablazione della fibrillazione atriale ha nel suo armamentario una grande varietà di opzioni. In linea generale si segue un approccio dal meno invasivo al più invasivo. Non si tratta però di una regola fissa, ed ogni persona deve essere valutata singolarmente per capire l’approccio più adatto.
Dott. Massimo Baudo