da Leadership Medica n. 278 del 2009
Il monastero in sé inoltre ancora si nutre di una secolare energia spirituale e di una tradizione avita, che risale alla cristianità alto medievale.
Un imponente monumento, simbolo di una devozione antica, ma ancora oggi molto viva, si staglia in un contesto paesaggistico di incomparabile bellezza: il piccolo villaggio è Einsiedeln, nel cuore delle Alpi svizzere, e da lontano avvertiamo, quasi percepiamo in tutta la sua solennità, la presenza sacra di un bellissimo monastero. Una costruzione secolare, ancora adesso meta di pellegrini da tutto il mondo, quasi una Loreto elvetica, dedicata alla Madonna nera e ad essa legata da una storia curiosa e ricca di vicissitudini.
"Nigra sum, sed formosa": "Nera sono, ma bella, prosperosa"; il famoso passo del Cantico dei cantici (1,8), in cui il narratore biblico ha esaltato la bellezza esotica e quasi arcana della regina di Saba, stimata e certamente apprezzata da Re Salomone, ha segnato un solco profondo anche nella lunga storia della religione cristiana, nella convinzione che un paragone così illustre potesse nobilitare le varie forme di culto per Santi o Vergini di pelle scura, ma non per questo meno degni del proprio ruolo o di riverenza nella preghiera. E fu così che anche nel monastero di Einsiedeln, in un momento segnato dai contrasti e dai fermenti, per non dire dagli attriti della riforma (e della controriforma), venne portata una statua della vergine permeata di un sorriso sereno e dal colore della pelle ambrato. Il prezioso manufatto venne posto in una cappellina all'interno della chiesa monastica e il suo culto consacrato nel 1466 alla presenza di 130.000 pellegrini osannanti: tra loro principi, sovrani, membri di case nobiliari quasi a dare un "imprimatur" politico alla magnificenza del nuovo culto, il cui valore religioso venne subito legittimato dalla chiesa di Roma.
Dopo secoli di tranquilla esistenza nella sede scelta, la statua iniziò a vivere peripezie di ogni tipo, che ne misero a repentaglio l'integrità: sottratta ai monaci, quasi rapita, come segno tangibile di sgarbo anticristiano da parte delle truppe napoleoniche, la piccola vergine visse un cinquantennio di anonimato e di mistero: i fedeli non sapevano più dove fosse sparita; vaghe notizie la davano nel Regno austroungarico o nell'Italia settentrionale. Quel che si sa è che a metà dell' '800 fece la sua riapparizione in una chiesa vicino a Venezia e fu subito riportata nel monastero svizzero. Ma si presentava danneggiata: un incendio l'aveva ulteriormente annerita. Il pronto restauro ne accentuò il colore scuro, che ancora oggi la caratterizza: ed è così che, rafforzata da avventure degne di un romanzo storico, oggi la Madonna nera di Einsiedeln è venerata quasi come una reliquia.
Il monastero in sé inoltre ancora si nutre di una secolare energia spirituale e di una tradizione avita, che risale alla cristianità alto medievale: si era nell'835, quando Meinrado, un benedettino del vicino cenobio di Reichenau, sul Lago di Costanza, si ritirò da queste parti, nel cuore della foresta alpina per dar sostanza alla propria vocazione di eremita; fu in tempo breve raggiunto da altri mistici, desiderosi di un'esistenza appartata, come Benno, Vescovo di Metz, e numerosi religiosi degli ordini più disparati. I monaci furono organizzati un secolo dopo (nel 934) da Eberardo, sacerdote carismatico e di famiglia nobile della diocesi di Strasburgo: si creò così un gruppo coeso e spiritualmente ricco, ma anche di grande livello culturale, in particolare sotto l'impulso di San Wolfgang, Vescovo di Ratisbona (994). Grazie a simili premesse Einsiedeln si trasformò presto in un'importante sede di dotte disquisizioni teologiche e filosofiche e in un centro di ricopiatura di antichi manoscritti, conservati nella biblioteca, l'antico "scriptorium", annesso alla foresteria: qui amanuensi e menti illuminate si abbandonavano a dotte letture. Un centro capace di unire profondi afflati spirituali a una certosina attività filologica su testi antichi e alla base del pensiero cristiano, consultati ancora oggi da eminenti ricercatori universitari.
Ma la Svizzera, Paese a noi così vicino e legato quasi da un "idem sentire", rintracciabile sul crinale di tante esperienze comuni, non è solo specchio di una millenaria tradizione cristiana, ancor oggi vissuta con fede discreta e quasi nascosta. La Confederazione Elvetica coincide certamente anche con la natura delle proprie montagne, di immacolate vette, patria di arditi alpinisti (su tutte le cime del Vallese), e anche con la vivacità di centri abitati, troppo frettolosamente ritenuti scialbi e invece indubbiamente ricchi di splendide vestigia e intraprendenti di iniziative culturali di ogni tipo e tutte di alto livello (mostre, concerti, conferenze, spettacoli teatrali, concorsi letterari o cinematografici).
E proprio in quest'ottica un piccolo gioiello multiculturale e multietnico, politicamente appartenente alla Svizzera, ma pervaso da autentico spirito europeo può essere definita Basilea, vivace città di frontiera attraversata dal Reno e ponte ideale tra Francia e Germania. Monumenti discreti, risultato di secoli di architettura equilibrata, ricordano un passato magnifico e cruciale per lotte religiose: a testimoniare comunque punti di convergenza tra cattolici e luterani, in piena età della riforma, è la bellissima cattedrale neogotica, luterana, dove però trova spazio per l'eterno riposo Erasmo da Rotterdam, massimo filosofo, autore dell'elogio della pazzia e schierato con la Chiesa di Roma. Palazzo dalla lunga storia è il municipio, sede ancora oggi della giunta comunale; spazio importante trova anche l'architettura contemporanea, che sperimenta nuove forme nei palazzi a vetri della Fiera e in edifici un po' più anonimi dei quartieri popolari. E Basilea quest'estate è sede di una mostra di richiamo mondiale, "Van Gogh, tra cielo e terra: i paesaggi", con più di 70 opere di varia provenienza, riunite fino al 27 Settembre al "Kunstmuseum", quasi a picco sul Reno.
Aristide Malnati