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Raimondo di Sangro e la “leggenda nera”

“Fiamme vaganti, luci infernali – diceva il popolo – passavano dietro gli enormi finestroni che danno, dal pianterreno, nel Vico Sansevero […] Scomparivano le fiamme, si rifaceva il buio, ed ecco, romori sordi e prolungati suonavano là dentro: di volta in volta, nel silenzio della notte, s’udiva come il tintinnio d’un’incudine percossa da un martello pesante, o si scoteva e tremava il selciato del vicoletto come pel prossimo passaggio d’enormi carri invisibili” (Salvatore di Giacomo).

Così descriveva Salvatore di Giacomo l’atmosfera che si viveva nel ‘700 in una stradina di Napoli, il Vico Sansevero, una viuzza importante che è stata oggetto di mistero e credenze popolari per secoli.
Napoli, fascinosa città ricca di storia e vicissitudini, si porta dietro una tradizione folkloristica importantissima. Con radici antiche e nobili origini, Ella nasconde tesori ricchissimi e antiche usanze che oggi si possono ammirare nella loro complessità. Terra meravigliosa di superstizioni e leggende che tutt’oggi hanno il loro fascino e soprattutto il loro seguito. Alcune di queste sono quelle che ruotano attorno alla Cappella di Sansevero, dalla sua costruzione agli ultimi esperimenti legati alla figura del principe Raimondo di Sangro.

Raimondo di Sangro era il settimo principe dei Sansevero, anzi “il «Principe» per antonomasia, che cosa è altro in Napoli, per il popolino delle strade che attorniano la Cappella dei Sangro, ricolma di barocche e stupefacenti opere d'arte, se non l'incarnazione napoletana del dottor Faust o del mago salernitano Pietro Barliario, che ha fatto il patto col diavolo, ed è divenuto un quasi diavolo esso stesso, per padroneggiare i più riposti segreti della natura o compiere cose che sforzano le leggi della natura?” (Benedetto Croce).
Oltre ad essere un principe e nobile napoletano, era un alchimista, anatomista, massone e originale esponente del primo illuminismo europeo. Si dedicò ai campi più disparati delle scienze e delle arti, comprendendo anche la sfera mistica, tanto che attorno a lui si son creati miti e leggende che son perdurati per secoli.

Siamo negli anni ’40 del Settecento e il Principe di Sangro è una figura molto conosciuta ed eclettica che, preso dal suo delirio di importanza, commissiona numerosi cambiamenti alla cappella di famiglia. Inizia così ad ampliarla ed impreziosirla con diverse opere d’arte  al fine di creare un luogo che testimoniasse la grandezza del suo casato. Tant’è che “fa arredare” il posto con capolavori che oggi sono di singolari bellezza e perfezione: il Cristo Velato (Giuseppe Sanmartino), il Disinganno (Francesco Queirolo) e la Pudicizia (Antonio Corradini), tra gli altri.
Riguardo la fama del Principe, si dice che addirittura accecò Giuseppe Sanmartino (autore del Cristo Velato) per far sì che egli “non eseguisse mai per altri così straordinaria scultura”. Anche dietro al Cristo Velato si cela la leggenda che la trasparenza data dal marmo sia il risultato di un processo alchemico, ma questa è un’altra storia.

Ma sono le Macchine Anatomiche (o Studi Anatomici, in foto © David Sivyer, CC BY-SA 2.0 via Wikimedia Commons) che hanno destato l‘attrattiva più potente dei suoi contemporanei, fino ai giorni nostri.
Si narra che “fece uccidere due suoi servi” per “imbalsamarne stranamente i corpi”, anche se non esiste prova di questa affermazione.
Le Macchina Anatomiche consistono in due scheletri di un uomo ed una donna, con sistema cardiovascolare completo, posizionati nella cavea sotterranea della Cappella dei di Sangro.
Il Principe li ha voluti per motivi presumibilmente scientifici, esponendoli e coronandoli di ambiguità e oscurità. Le Macchine Anatomiche, secondo tradizione, sono state acquistate dal medico palermitano Giuseppe Salerno, il realizzatore materiale dell’opera, intorno al 1763, sotto la direzione dello stesso Raimondo di Sangro. Della vicenda non è ancora chiaro, però, se li avesse acquistati direttamente completati o meno.
A noi giunge la famosissima “Breve Nota di quel che si vede in casa di Raimondo di Sangro principe di Sansevero” di un anonimo, che descrive le opere dettagliatamente: dai vasi sanguigni della testa a quelli della lingua, all’esistenza di un “corpicciuolo di un feto” posto ai piedi della donna, accanto al quale vi era addirittura la placenta aperta, legata al feto dal cordone ombelicale. Dal sito internet (https://museosansevero.it/) della Cappella vi si riporta: “ancora oggi, a oltre duecentocinquanta anni di distanza, si dibatte sui procedimenti e i materiali grazie ai quali si è potuta ottenere una tanto eccezionale conservazione dell’apparato circolatorio. Alimentando la “leggenda nera” di Raimondo di Sangro, la breve nota parlava di “iniezione”, ipotizzando che Salerno, sotto la direzione del principe, avesse inoculato nei vasi sanguigni di due corpi una sostanza che ne avrebbe procurato la “metallizzazione”. Anche Benedetto Croce racconta che secondo la credenza popolare Raimondo di Sangro “fece uccidere due suoi servi, un uomo e una donna, e imbalsamarne stranamente i corpi in modo che mostrassero nel loro interno tutti i visceri, le arterie e le vene””. Nel 1784, l’inglese anatomista William Hunter enfatizzò queste teorie dicendo che “riempiendo il sistema vascolare con una cera colorata brillante, ci abilita a tracciare larghi vasi con grande facilità, rendere il più piccolo molto più cospicuo e rendere migliaia di quelli molto minuti visibili, e la trasparenza dei loro contenuti naturali, che sarebbero altrimenti impercettibili” (Hunter 1784).

Sul sito c’è anche scritta la verità dei fatti emersa da recenti studi condotti da due team di ricerca affascinati da queste scritture e leggenda.
Dove quindi non arrivano le fonti scritte, arriva la scienza con le sue analisi e le sue interpretazioni. Un primo studio del 2007 è stato eseguito dall’American Institute of Conservation of Historic and Artistic Works per dar risposta a questo mistero.
Lo studio è stato rivelatorio e ha comportato il prelievo di limitatissimi campioni dei vasi, ove possibile, determinando la natura dei materiali delle Macchine Anatomiche e delle loro tecniche manifatturiere.

La prima fase è stata quella dell’osservazione visiva. Infatti, a prima vista ciò che ammalia è l’intricato network di arterie, vene e capillari che corrono e attraversano gli scheletri, diversi nella loro oggettività in dimensione, colore e spessori. I crani (in foto quello maschile - © David Sivyer, CC BY-SA 2.0 via Wikimedia Commons) erano organizzati con aperture e cerniere per poter permettere lo studio delle zone interne ad essi. Entrambi gli scheletri sembrano possedere le stesse caratteristiche di manifattura e sono montati rispettivamente per mezzo di ganci e chiodi di metallo al muro e su un basamento. Le ossa, sono tenute insieme con puntine di metallo, chiodi e fil di ferro. Dalla valutazione emerge che l’altezza degli scheletri è di circa 160 cm (leggermente più alta la donna) e che sono conservati in maniera differente: per quanto concerne la donna (quello più completo), l’aspetto allargato dell’area corrispondente all’utero ha suggerito che la donna potrebbe essere morta durante il parto o subito dopo. Infatti, non si rileva la presenza della sinfisi pubica tra le ossa pubiche, il cranio è coperto di vasi sanguigni e presenta la maggior parte dei denti, d’altra parte però manca del feto descritto nelle fonti storiche; il maschio ha solamente 16 denti, alcuni con spaccature, all’apparenza il danneggiamento potrebbe essere dovuto a processi di taglio, sega e sabbiatura, non ci sono fonti che possano determinare il momento esatto in cui i denti siano stati estratti. Il cranio del maschio è senza il sistema circolatorio e mancano i piedi e un testicolo. Inoltre, molte delle ossa presenti sembrano non essere in linea con il posizionamento oggettivo, dando l’impressione che abbiano subito in passato dei maneggiamenti e degli spostamenti.
Dall’analisi visiva, anche gli organi non sembravano essere presenti in tutta la loro complessità e un’ipotesi avanzata dagli scienziati è stata quella di essere fatti con legno ricoperto di cera. Gli organi non sono stati campionati né analizzati, quindi ogni considerazione riportata nello studio non li ha riguardati, sia per la loro difficile collocazione, sia per l’impossibilità di prelevarne i campioni e le loro larghe dimensioni.

Per i campioni prelevati, quindi lo studio ha previsto l’analisi di 12 campioni dei vasi (da 3 a 30 mm di lunghezza), 4 di questi erano già disassociati dai modelli. Tutti i campioni sono stati esaminati per mezzo di tre tecniche: il microscopio a luce polarizzata e in trasmissione, il microscopio elettronico a scansione (SEM) e la spettroscopia infrarossa a trasformata di Furier (FTIR).
Grazie a queste analisi, si è finalmente scoperta la verità sull’arcano segreto, che purtroppo ha asfaltato leggenda, tradizione e mistero.

La delusione che si può leggere negli occhi di chi preferisce seguire i miti, non ha avuto eguali, tanto da essere comunque preferita la versione alchimista rispetto a quella scientifica.
Infatti, le analisi hanno dimostrato che, per quanto riguarda i campioni raccolti, essi sono un assemblamento di fil di ferro attorcigliato a fibre di seta e coperti di cera pigmentata. Interessante ma non sorprendente, ricerche storiche hanno mostrato che questi materiali sono stati comunemente usati dai modellatori del 17mo e 18mo secolo (Archivio di Stato di Bologna 1732).

Anche sul sito web della cappella vi si riporta “in realtà, il sistema circolatorio è frutto di una ricostruzione effettuata con diversi materiali, tra cui la cera d’api e alcuni coloranti. Stupisce, ad ogni modo, la riproduzione del sistema arterovenoso fin nei vasi più sottili, che dimostra conoscenze anatomiche incredibilmente avanzate per l’epoca, tanto che un gruppo di ricercatori ha recentemente suggerito l’ipotesi che, ai fini della ricostruzione, siano stati precedentemente effettuati esperimenti iniettivi”.

Il secondo studio, “The Coronorary Tree of the Anatomical Machines of the Prince of Sansevero: The reality of legend” è stato effettuato da un team di ricercatori nel 2015 e pone nuovamente l’accento sulla natura di queste opere. La ricerca verte sull’analisi oggettiva del sistema cardiovascolare dal punto di vista prettamente cardiologico. Il progetto ha combinato un esame visivo anatomico del cuore e le conoscenze del sistema circolatorio dei diversi secoli.
Nella storia della medicina, nel 18mo secolo i larghi vasi sanguigni erano conosciuti e anche facilmente riproducibili, mentre il distretto arterioso coronarico non era ancora stato approfondito e perciò difficile da riprodurre. Il team ha ipotizzato quindi, che una perfetta riproduzione dell’albero coronarico sarebbe stata difficile da ricostruire e perciò adatto per l’iniezione di sostanze nei vasi sanguigni.
I ricercatori hanno rilevato diverse anomalie cardiovascolari nelle Macchine Anatomiche. Riguardo i larghi vasi sanguigni, la donna presenta anomalie sia compatibili che incompatibili con la vita dell’età adulta:

  • anormalità dei vasi sopraortici e lunghezza anormale dell’aorta ascendente
  • atresia (impervietà congenita di un organo canaliforme (esofago, intestino ecc.) o di un orifizio organico) delle arterie polmonari che è quasi certamente non compatibile con la sopravvivenza adulta e la gravidanza
  • anomalie minori

Anomalie minori potrebbero essere state introdotte per errore oppure potrebbero essere riproduzioni fatte in buona fede dei vasi cardiaci, mentre l’atresia polmonare difficilmente può essere una riproduzione e probabilmente è stata introdotta per errore. Avendo a che fare con l’albero coronarico, esso è riprodotto in gran dettaglio sia nella donna, nella quale è normale, che nell’uomo, nel quale è presente con una anomalia congenita compatibile con la vita (origine singola delle arterie coronariche). In più, nel cuore, è presente un piccolo buco che potrebbe rappresentare l’esito di una cicatrice causata da un infarto miocardico, che è più frequente nelle anomalie coronariche congenite.

L'opinione del team è che nello studio precedente non sia stato dimostrato in maniera definitiva che l’intero sistema cardiovascolare sia stato realizzato con la tecnica sopradescritta, infatti non esclude che siano state usate tecniche differenti nel preparare i diversi distretti circolatori. Lo stupore nasce dalla ricchezza di dettagli della porzione del distretto coronarico. Infatti c’è stata una scoperta paradossale: anomalie non compatibili con la vita nei larghi vasi sanguigni e una riproduzione perfetta con anomalie compatibili con la vita dell’albero coronarico.

L’iniezione di sostanze per studiare i vasi sanguigni è una tecnica che non è stata usata prima del 19mo secolo. Anche se è opinione dei ricercatori che non è da escludere che il Principe di Sangro insieme al Salerno abbiano iniettano in alcuni distretti, cera liquida o altre sostanze, così da riprodurre il sistema vascolare precisamente e con ulteriori dettagli includendo gli effetti tridimensionali.

Le Macchine Anatomiche sono il perfetto esempio del connubio tra arte e scienza, sono esse stesse modelli anatomici a fini educativi che vere e proprie opere d’arte al tempo stesso.
E possono essere forse considerate un unicum nel loro genere. Non come oggetti di per sé, ma per la loro storicità e per la biografia che li attornia. Per questo dovrebbero essere studiate ulteriormente. È infatti auspicabile che le ricerche possano continuare, ed è fondamentale prelevare campioni e eseguire analisi biochimiche in tutte le regioni. Essendo probabilmente dei multimaterici, avranno bisogno di approfonditi studi per quanto riguarda la conservazione preventiva ai fini di poterli fare ammirare alle generazioni future.
Oltre agli scheletri, che sono assodati come autentici, vi sono la cera, le fibre di seta, i metalli, i perni in bronzo che tengono insieme le strutture… Insomma una moltitudine di accorgimenti che andrebbero studiati ad hoc per poter continuare a preservare queste straordinarie opere. Essi sono posti in una cavea sotterranea, quindi specialmente in questo caso, l’ambiente gioca un ruolo fondamentale per la conservazione.

A verità è figlia d’ ‘o tiempo”. La verità è figlia del tempo dicono i napoletani. Ed effettivamente il tempo porta con sé evoluzioni e cambiamenti e la scienza ne è testimone, soprattutto dall’ultimo secolo. Infatti è grazie alle nuove conoscenze scientifiche e alle innovazioni tecnologiche che queste verità vengono piano piano rivelate. Ma il mondo è in grado di accettare la verità? È pronta a scindere la realtà dalla fantasia e ad accettare l’oggettività delle cose?
Perché il fascino per la verità dura quanto lo stupore nel momento in cui viene svelata, ma quello per la leggenda durerà per sempre, tramandato e mai dimenticato.

Sonia Spiniello
Art Care Scientist

Bibliografia

- https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5353455/
- http://resources.culturalheritage.org/wp-content/uploads/sites/8/2015/02/osg014-10.pdf
- Sansevero, R., 1767. Breve Nota Di Quel Che Si Vede In Casa Del Principe Di Sansevero D. Raimondo Di Sangro Nella Città Di Napoli. [Napoli].
- Archivio di Stato di Bologna c. 1732. (Proposal for anatomical statues). Archivio di Stato di Bologna, Assunteria d’Istituto, Diversorum, b. 10.1.
- Archivio di Stato di Bologna c. 1742. (Materials employed in the making of the anatomical models produced for the Institute of the Sciences in Bologna), Archivio di Stato di Bologna, Assunteria d’Istituto, Diversorum, b.10.2.
- Hunter, W. 1784. Two introductory lectures, delivered by Dr. William Hunter, to his last course of anatomical lectures at his theatre in Windmill-Street. Joseph Johnson, London.