Sezione Cultura

Alla MLB Gallery di Ferrara, in collegamento con Ligabue al Palazzo dei Diamanti.

Simona GhizzoniAlla MLB Gallery di Ferrara espone Simona Ghizzoni (in foto), classe 1977, nata a Reggio Emilia, nota fotografa di professione e, soprattutto, per passione. La sua capacità di comunicare attraverso la fotografia è di grande impatto e lascia disorientati.
L’esposizione, realizzata in contemporanea alla mostra di Ligabue a Palazzo dei Diamanti, è allestita nella home gallery di Maria Livia Brunelli, al primo piano di un palazzo rinascimentale. Intitolata “Quaderni di un mammifero”, comprende due serie: Innaturale e Autoritratto su rosso, entrambe legate dalla percezione della non appartenenza, dal costrutto innaturale delle cose, compresa la natura stessa che può essere stravolta dalla manipolazione innaturale, appunto, dell’uomo.
Entrando nella sala della MLB, si viene accolti dallo spettacolare soffitto a cassettoni ligneo, decorato con le rappresentazioni dei frutti e degli ortaggi che, all’epoca della costruzione del palazzo, erano appena approdati nel territorio italiano dopo la scoperta delle Americhe. Una singolare assonanza di temi aleggia nella stanza: l’illusione della rappresentazione della natura pervade l’ambiente e l’occhio dell’osservatore.
Simona Ghizzoni si mostra apertamente al suo pubblico, presentando personalmente la mostra. Quello che lei imposta fin da subito non è il solito monologo tra un artista ed uno spettatore, ma un confronto tra anime che usano l’arte come linguaggio comune. Lo fa con grazia ed ispirazione. Si apre sia artisticamente che emotivamente, raccontando del suo passato e di ciò che l’ha portata ad essere l’artista che è adesso. Le immagini che mostra al mondo sono accompagnate da un ciclone di sentimenti, emozioni, parole e sensazioni. Le opere non sono corredate da didascalie esplicative: ognuno deve percepire il messaggio che traspare dalle opere stesse senza essere distratto da un cartellino. E lei, durante tutto il viaggio nel suo mondo, è molto interessata anche a questo, tanto che chiede esplicitamente agli avventori cosa provino guardando le sue opere. Lei parla, è molto coinvolgente nelle sue spiegazioni ed il visitatore rimane affascinato nel sentire le sue parole e i suoi racconti mentre osserva le fotografie.
Come Ligabue, l’artista reggiana segue il tema ricorrente e costante del ritratto e usa gli animali come forma metaforica della condizione umana. Il legame uomo-animale si rispecchia nelle rappresentazioni contemporanee di entrambi. Se da una parte Ligabue rappresenta le bestie feroci per rispecchiare uno stato d’animo intimo ed emotivo delle sue malattie mentali, la Ghizzoni punta sulla spettacolarizzazione del mondo animale, denaturandolo sia nella rappresentazione che nel contesto.
I titoli delle opere parlano da sé: Innaturale. Perché ogni rappresentazione è una montatura, una scenografia impostata per garantire la ricezione del messaggio. Nella sala grande quindi “Innaturale” si accosta al soffitto a cassettoni ligneo e così il concetto di “innaturale” riemerge prepotente, collegando il tempo e lo spazio dell’esposizione. Un repertorio ampio che coinvolge la terza e la quarta dimensione, composto da immagini particolari di soggetti fuori posto. La fonte ispiratrice è John Berger, che, con il suo saggio “Perché guardiamo gli animali”, affronta il concetto di allontanamento tra il mondo animale e quello dell’uomo, argomentando l’incontro tra i due come ad un qualcosa di sempre più raro. L’animale e la natura diventano costrutti della realtà, spettacolo in cui viviamo scenografie cinematografiche delle nostre vite, riducendoli ad una mera esperienza estetica. Infatti in Innaturale 05 la fotografa ritrae in maniera ravvicinata un pavone immortalato a Città del Messico, come a dichiarare l’inquietudine di non essere più abituati all’incontro con il maestoso animale selvaggio, che ormai è praticamente uscito dalle nostre vite.

Innaturale 05 - Simona GhizzoniSimona Ghizzoni - Innaturale 05, 2015, cm 80x120

L’obiettivo è stato quello di rappresentare la natura decontestualizzata in un tutt’uno nella forma. Le rappresentazioni fotografiche rimandano ai capricci di composizione pittorica. Ma mentre in questi ultimi vi è l’inserimento di elementi architettonici antichi, la natura inserita diventa essa stessa l’elemento stonante che alimenta il punto interrogativo dell’osservatore. La natura e l’animale sono come un tempio antico inserito nelle vedute veneziane. L’ammirare l’arte classica diventa l’ammirazione per i nuovi soggetti. La composizione è un mix di ispirazioni artistiche che toccano la memoria della storia dell’arte, da quella primitiva all’Impressionismo, il tutto concettualizzato alla maniera dadaista, percorrendo sempre il concetto di decontestualizzazione.

Simona Ghizzoni - Innaturale 03, 2013, cm 80x120
Simona Ghizzoni - Innaturale 03, 2013, cm 80x120

Innaturale 03 rappresenta dei maestosi fenicotteri rosa, animali che hanno ispirato il mito della fenice. Il fenicottero, inoltre, è l’animale preferito dell’artista, e lo ritrae al di fuori di quello che dovrebbe essere il suo habitat naturale. Infatti i fenicotteri non sono in acqua, ma su un terreno erboso, con foglie autunnali cadute per terra, alternate a delle cartacce ad indicare la presenza dell’uomo e il mancato rispetto della natura. I fenicotteri hanno anche i braccialetti alle zampe, elemento chiave di riconoscimento per quegli animali che vivono in funzione dello stupore e del diletto dei passanti.
In “Quaderni di un mammifero” “animali, natura, autoritratti scorrono senza soluzione di continuità”, come dice l’artista: lei sente di appartenere a quel mondo e si sente come quegli animali “un po’ fuori posto”. La mostra diventa una sorta di manifesto di appartenenza al mondo animale, sia in senso fisico che metaforico.
Se da una parte vi è la spettacolarizzazione della natura sia vegetale che animale, il fil rouge che lega tutte le sue opere, la costante dell’interpretazione, è il ritratto. Il ritratto della donna nella sua quotidianità, a contatto con la sofferenza sia esterna, come nel caso di Wafa nella striscia di Gaza, sia interna, come nel caso di Simona, sua amica e specchio della malattia dell’anoressia.
Lo specchio è di per sé tanto un’esternazione della ragazza quanto una riflessione di lei stessa. Come Simona stessa racconta, i disturbi alimentari sono stati parte della sua crescita da adolescente. Il periodo forse più brutto, più improvviso per una donna che non si riconosce allo specchio, o che percepisce il suo essere ancora una ragazza come una cosa incompleta, come se l’essere donna fosse un traguardo irraggiungibile, quasi troppo lontano da poterlo vedere in un ideale che non sarà mai raggiunto e non sarà mai abbastanza. Non si raggiungerà mai la perfezione idealizzata a cui si aspira di arrivare. L’intimità del concetto della percezione di sé è una costante nel lavoro di Simona e lo esprime nell’autoritratto. Di fatto l’artista si ritrae nella natura, nel capriccio delle sue composizioni, fuori posto, o al posto giusto, o nella sua trasformazione. La continua ricerca dell’io Simona Ghizzoni la ritrova in sé stessa, nella quotidianità della sofferenza delle persone, e negli animali. “Gli animali da sempre per me rappresentano uno specchio, uno sguardo muto che risponde al mio, e mi interrogo sulle distanze che ci separano”.

 

Simona Ghizzoni - Autoritratto su rosso 01, 2017, cm 80x80

 

Simona Ghizzoni - Innaturale 07, 2014, cm 80x120

 

Simona Ghizzoni - Autoritratto su rosso 02, 2017, cm 80x80

Nella seconda sala, vi è un trittico al cui centro si trova un’altra opera della serie, Innaturale 07 (al centro), rappresentante un diorama del museo di Storia Naturale di New York. Scattare questa fotografia ha innescato nell’artista un ricordo della sua infanzia trascorsa nell’Appennino reggiano. La memoria si accende e fa collegamenti, salti nel tempo, fa viaggiare con la mente e porta a quel fermo immagine che è la fotografia.
Ai lati vi sono due Autoritratti (a destra e sinistra) in rosso ispirati alla Metamorfosi di Ovidio, dove la natura viene in soccorso perché luogo in cui rifugiarsi dopo un trauma o per sfuggire a disavventure, e “rappresenta quindi uno scudo, una protezione rispetto ai danni del mondo”. In queste opere viene rappresentato il momento della trasformazione, l’essere nel mezzo di un qualcosa che non si sa ancora cosa diventerà: una pianta, un animale, o qualcos’altro. Il rosso, il nero e la luce emanata dal solo corpo ricordano il Caravaggio. Come Dafne che si trasforma in albero d’alloro per sfuggire alle grinfie di Apollo, questo autoritratto sembra essere allegorico del rifiuto di un ideale di donna, che alla fine non esiste. L’estetica lascia lo spazio all’anima che viene fuori, pian piano, lentamente, partendo sempre dalla testa. Non è un caso infatti che in entrambe le immagini non si veda il volto, che è già trasformato, è già qualcos’altro, è già passato all’anima e alla metaforma. Un volto che non esiste più: non ci sono le espressioni facciali, gli occhi, la bocca per parlare, le orecchie per ascoltare o il naso per fiutare… la nuova parte “anatomica” è sorretta dalla mano, come se quest’ultima accompagnasse il processo di transizione. L’essenziale e l’assenza dell’inutile lasciano un senso di smarrimento e inquietudine. In Autoritratto su rosso 01 (a sinistra) la sensazione è forte, inquietante; l’altra mano è aperta e il braccio è posizionato a formare un angolo retto, come se fosse in corsa. La sensazione di mobilità data dalla posizione della mano, del braccio e della trasformazione che si sta compiendo si contrappone all’immobilità della figura. Autoritratto su rosso 02 (a destra) invece dà un senso di pausa, come se il processo di trasformazione avesse bisogno di un attimo di respiro per poi poter riprendere e completarsi. Anche in questo caso quindi le sensazioni provocate sono soggettive ed emotive.
Nella “Wunderkammer” (come definisce l’artista la camera da letto della home gallery) vi sono cinque opere che sono state presentate alla Fondazione Bevilacqua la Masa di Venezia in occasione della mostra ispirata al libro di Concita de Gregorio “Chi sono io? Autoritratto, identità, rappresentazione”. È la serie Aftermath, che vuol dire “quello che resta dopo il raccolto”. A livello concettuale è quello che resta dopo un evento importante o un cambiamento, non per forza negativo. In queste opere la Ghizzoni ha voluto, attraverso l’autoritratto, coinvolgere lo spettatore in una sensazione di vulnerabilità e fragilità: quella di essere fuori posto, come la giraffa immortalata in uno zoo di Pisa, fuori dal suo contesto, dal suo habitat naturale e dalle sue abitudini selvatiche. Un’altra immagine molto forte è quella dell’autoritratto di spalle con alcuni petali poggiati sulla schiena, adagiati come foglie cadute e stanche su un corpo nudo, anzi spogliato delle sicurezze, leggermente ricurvo. Un corpo che appare stanco ma non demorde, come se dovesse rialzarsi da un momento all’altro; un fermo immagine che trasmette l’“assenza di protezione”, e immortala quel momento subito prima della ripresa, prima di rialzare la testa e inarcare la schiena, facendo scivolare i petali in un atteggiamento fiero e combattivo.
Conoscere Simona Ghizzoni mi ha permesso di capire meglio il suo interesse nei confronti dell’interiorità. È un’artista che non si preoccupa solo di fare una bella foto o di trasmettere un messaggio, vuole anche capire le diverse interpretazioni e le emozioni che le sue opere possono far scaturire.

Simona Ghizzoni - In Between, Autoritratto #5, 2007, 90x120 cm
Simona Ghizzoni - In Between, Autoritratto #5, 2007, 90x120 cm

L’ultima foto che ci descrive è In Between, un altro autoritratto che la raffigura in un abito di raso rosso, con la schiena nuda, seduta mentre guarda un rudere in mezzo alle Valli di Comacchio. La struttura fatiscente, ma porta con sé una storia. Rappresenta una festa mancata, che non si farà più, e questa donna, che finalmente si era preparata di tutto punto per non essere “fuori posto”, si ritrova negata l’occasione per uno scherzo del destino. Resta lì, in mezzo alla laguna, da sola, a guardare un monumento che cade a pezzi; ma che, nonostante questo, persiste e continua a rimanere in piedi.
Ed è proprio quello che ho visto nelle opere di Simona Ghizzoni: il ritratto della continua evoluzione di una donna, combattiva e che resta in piedi, nonostante tutto.

Sonia Spiniello
Art Care Expert

Sitografia:
Sito ufficiale di Simona Ghizzoni: http://www.simonaghizzoni.com/
Simona Ghizzoni alla MLB Gallery - https://www.mlbgallery.com/artisti/simona-ghizzoni
Intervista a Simona Ghizzoni: Come la fotografia ha cambiato il mio sguardo sul mondo (e su me stessa ) | Simona Ghizzoni | TEDxLakeComo - https://www.ted.com/talks/simona_ghizzoni_how_photography_changed_the_way_i_look_at_the_world_and_myself/transcript?language=it
“Chi sono io? Autoritratti, identità, reputazione.” Ediz. illustrata. Editrice Contrasto. https://www.amazon.it/Autoritratti-identit%C3%A0-reputazione-Ediz-illustrata/dp/8869657175