Palazzo Boncompagni a Bologna di nuovo protagonista del cambiamento.
A centocinquant’anni dalla nascita di Ugo Boncompagni, a Bologna, nello stesso palazzo in cui il futuro Papa Gregorio VIII è nato, viene inaugurata la mostra di Michelangelo Pistoletto che porta un messaggio ben preciso: il cambiamento.
“Dal Rinascimento alla Rinascita” infatti è l’incipit della mostra, un po’ come se quello che stessimo vivendo ora fosse una sorta di Medioevo da cui dovremmo riprenderci o meglio risvegliarci, risorgere dalle ceneri. Il Rinascimento è stato un periodo di risveglio dal torpore con grande innovazione sia nel pensiero che nelle tecnologie. Di certo non stiamo uscendo da un nuovo Medioevo, ma il concetto della mostra è ancora più ampio. L’umanità ha visto una crescita sempre più esponenziale delle tecnologie e dell’innovazione, non solo cambiando lo stile di vita dell’essere umano, ma anche la concezione del tempo sulla Terra. Infatti, il Novecento è stato definito da Eric Hobsbawm come il “Secolo Breve” perché è stato così pieno di avvenimenti e di avanzamenti tecnologici che crea l’impressione che sia passato più velocemente di tutti i secoli addietro. Siamo stati così assorti da questo turbinio di crescita accelerata che ci siamo completamente dimenticati del distacco che abbiamo posto dalla natura: non siamo riusciti sin dall’inizio a trovare un’armonia con essa. Questo ci ha portato a distruggerla, o peggio, a non tenerla in considerazione. Il ragionamento illuminato del Maestro Pistoletto porta quindi alla Rinascita: svegliamoci e affrontiamo il cambiamento, prendiamo consapevolezza di quello che stiamo facendo e di cosa dovremmo fare.
Il messaggio di ricongiungimento con la Terra si rivela al visitatore in modo molto esplicito nella mostra. Il continuo discostamento di temi e giustapposizioni di epoche convivono nello spazio del Palazzo che rivela il parallelismo temporale delle due epoche in cui sono vissute le esperienze di innovazione.
È così che nasce il Terzo Paradiso: 1 + 1 = 3.
“Il simbolo del Terzo Paradiso (nella foto sopra) presente in mostra proviene da questa formula e unisce il primo paradiso, quello ancestrale di quando eravamo integrati con la natura e il secondo paradiso, quello artificiale creato dagli esseri umani staccandosi progressivamente dalla sfera naturale”. Questo infatti è il concetto di Trinamica, ovvero quello del terzo stadio dell’umanità. “Oggi il mondo artificiale, pur avendo portato l’umanità a un meraviglioso progresso, entra tragicamente in collisione con il mondo naturale. Per sopravvivere a questa catastrofe dobbiamo impiegare, con massimo impegno, tutte le nostre capacità per dar vita al Terzo Paradiso”.
Non a caso, Pistoletto ha scelto il Palazzo Boncompagni, sede natale di Ugo Boncompagni, quello che sarà il futuro “Papa del cambiamento”. Infatti, nel 1575 Boncompagni prende a raccolta una commissione composta da giuristi, teologi e matematici e cardinali di sua fiducia, presieduta da Cristoforo Clavio, gesuita professore del Collegio Romano, al fine di trovare una soluzione universalmente accettata e funzionale per scandire il tempo. Nel 1583 viene emanato il nuovo calendario con una bolla papale Inter gravissimas, e viene subito accolta dai paesi cattolici e poco più tardi da quelli protestanti, ma che è tutt’oggi valida e che continuiamo ad usare nel mondo occidentale. La religione che chiama a gran voce l’aiuto della scienza per trovare la soluzione innovativa che avrebbe cambiato il mondo e che tutt’ora usiamo. Il calendario gregoriano è nato dalla cooperazione di alcuni elementi basilari: la società, la religione, la scienza e la politica.
Oggi, l’esposizione mette in mostra undici opere del Maestro collegate dal filo conduttore del tema del cambiamento: “questo connubio tra il pensiero e l’azione del papa e il pensiero e l’azione dell’artista costituiscono un’opera in sé”. Le opere di Pistoletto vivono in armonia con il luogo che le ospita: si respira l’aria di innovazione, di futuro. La storia e il futuro allo stesso tempo, un incontro all’infuori della quarta dimensione, catapultati in questo frangente stimolante che attrae e cattura l’attenzione. Ti coinvolge e ti rapisce, ti trasporta nell’idea di rinascita e cambiamento, accendendoti una lampadina che ti smuove dentro una moltitudine di domande. Ti fa porre delle domande: cosa sto facendo? Qual è il mio apporto al mondo? Come sto vivendo con la natura?
La mostra inizia con tre opere, allineate davanti a noi: la prima è “Terzo Paradiso”, eseguita con stracci usati e donati (nella foto sopra), proprio per il rimando al riuso e all’economia circolare. L’installazione è accompagnata da una video-intervista in cui il Maestro espone la sua filosofia e la sua creazione.
Continuando nella mostra, oltre il Terzo Paradiso, si erge “Segno Arte”, accompagnato dallo studio dell’Uomo Vitruviano che ha portato Pistoletto a “rappresentare una figura formata dall’intersezione di due triangoli che inscrive idealmente un corpo umano con le braccia alzate e le gambe divaricate” (sito). In questo caso era presente la Porta che si affaccia al cambiamento e alla nuova vita che dovremmo cominciare a condurre. Passando la Porta si arriva a “Pozzo specchio” costituito da un grande rotolo di cartone ondulato contenente uno specchio posato sul fondo, che spinge il visitatore a gettarsi dentro l’opera stessa ed a guardare nell’abisso della propria anima.
La mostra continua nella sala dei Papi, dove al centro vi è posta “Un metrocubo di infinito”, un poliedro costituito da sei specchi legati tra loro con uno spago e rivolti verso l’interno del cubo e dunque non visibili allo spettatore. Quest’opera rappresenta la riflessione interna “dall’uno all’infinito”. Lo stesso artista descrive la natura del volere di quest’opera: “per me era molto importante che l’opera non si potesse toccare, nemmeno infrangere con l’occhio, per mantenere l’infrangibilità totale. Ma nello stesso tempo, dare alla mente una possibilità di rincorrere l’infinito fin dove essa lo può inseguire nella moltiplicazione speculare”. Il concetto di riflessione si moltiplica all’interno dello spazio espositivo attraverso altre due opere: “Il Tempo del Giudizio” e “ConTatto” (nella foto sotto).
Nella prima, le quattro principali religioni monoteiste (Cristianesimo, Ebraismo, Islamismo e Buddismo) vengono poste allo specchio, con le spalle rivolte allo spettatore che circondano il poliedro, è la religione che si riflette disponendosi alla responsabilità del proprio giudizio. Questi quattro elementi dell’opera, circondano il “Metrocubo di infinito”. La seconda è composta da due superfici specchianti poste adiacenti ad angolo, in cui su di una c’è la mano di Dio con il richiamo del Giudizio Universale di Michelangelo: “nella Sistina il soggetto è la creazione divina dell’uomo, segno della similitudine, che Dio ha voluto tra sé e la sua creatura, mentre l’opera di Pistoletto è creazione umana e il dito che si specchia è il riscontro del pensiero dell’uomo”.
Nelle altre sale si trovano due installazioni fotografiche degli anni ’70: “La conferenza” del 1973 composta da due parti contrapposte il potere e la società. Il Maestro racconta la sua opera così: “un oratore sta di fronte a un pubblico composto di venti persone. A tutti è consegnata una macchina fotografica. il pubblico fotografa il conferenziere e contemporaneamente il conferenziere fotografa il pubblico. Alla fine abbiamo venti volte riprodotta l’immagine del conferenziere, mentre l’intero pubblico è riprodotto in una sola immagine, quella scattata dal conferenziere. Questa è la fotografia del potere: tutto il pubblico si concentra nella persona dell’oratore, mentre la persona dell’oratore si moltiplica per quante sono le persone del pubblico. Il conferenziere può essere il dittatore, e il pubblico essere il popolo che lo ascolta”. Il concetto del potere trova la sua massima espressione in quest’opera che ne rivela il punto forte e la posizione: l’unico punto di vista del governante.
Un’altra opera concettuale si trova nella sala adiacente, “Raggi di persone”, un lavoro che si dispone su quattro lati della stanza e così descritto dall’autore: “ben diversa è l’attitudine che si esprime nella volontà esercitata da ogni persona, di comprendere ed essere compresa da ogni altra, in cui tutti si fotografano a vicenda. In tal senso si genera un fenomeno a catena di proiezioni e comprensioni reciproche”.
L’ultima stanza del percorso, ospita un quadro specchiante con dei soggetti intenti in una manifestazione con delle mascherine sul volto e lo sguardo chino ad esercitare la “Demopractia” ovvero la messa in pratica della democrazia (dettaglio nella foto). “Critique in not enought” è la frase esemplificativa che si legge su uno dei cartelli dei manifestanti che esprime il senso di praticità necessario da attuare oggi e domani per poter vivere in armonia con gli altri e il mondo. Accanto vi è anche una riproduzione fotografica di una grande lavagna su cui l’artista ha tracciato la genesi della formula della creazione.
Per l’inaugurazione, siamo stati portati anche al piano superiore dove Federica, la nostra guida nell’universo dell’anima di Pistoletto, ci ha condotti all’opera site specific di Palazzo Boncompagni: “Divisione e moltiplicazione”. Questa viene posta in giustapposizione con il contesto della sala in cui si trova, sulla cui parete appare un enorme dipinto proprio del concilio di Gregorio VIII intento alla stesura del calendario. Al centro di questa meravigliosa cornice, in corrispondenza dei quattro angoli del decoro del pavimento, si trova l’opera del Maestro, rappresentata da quattro tronchi d’albero tagliati in verticale e con due specchi simmetrici all’interno, con le due metà poste con angoli via via sempre più aperti (dettaglio nella foto sotto). Personalmente mi ha portato alla mente subito il concetto della mitosi, la divisione delle cellule. Da uno a più particelle in contrapposizione con la rappresentazione della Matematica sull’angolo in alto a destra della stanza appena entrati. Il richiamo alla scienza si rivela in questa cornice storica che ha fatto della matematica l’unità di misura della scansione del tempo in cui viviamo.
“La mostra propone, dunque, un doppio fil rouge che intreccia la testimonianza cinquecentesca del palazzo con l’arte di Michelangelo Pistoletto. Dalle superfici specchianti degli anni ’60 – virtuali limen tra rappresentazione e realtà, tra fisico e immateriale, tra natura e cultura – che parlano di partecipazione e di inclusione, fino al Terzo Paradiso, in cui l’artista ha fondato la sua complessa concezione filosofico-sociale sul tema della conciliazione tra estremi bipolari – natura/cultura, io/tu, naturale/artificiale – a indicare una nuova prospettiva sostenibile per l’uomo e il pianeta”.
Michelangelo Pistoletto, oltre ad essere un artista, è anche un portatore di nuove consapevolezze. La scienza e l’arte non possono vivere separatamente e l’uomo non può più essere così distante dalle esigenze naturali. Se per l’artista la mostra esprimeva il “cambiamento”, dopo aver terminato la visita quello che ho captato è l’avvicinamento, l’incontro e il rimescolamento dei due mondi che non possono più vivere in contrapposizione o in opposizione, ma integrarsi e diventare un unico mondo armonico dove la “trinamica” e la “demopractia” prendono vita.
Questo percorso nell’arte e nella filosofia di Pistoletto mi ha lasciato una grande sensazione di dubbio: sto facendo abbastanza per il mondo in cui vivo?
Dott.ssa Sonia Spiniello
Art Care Experts