Sezione Cultura

da Leadership Medica n. 4 del 2002

Costretto da natura e/o destino a dibattermi da sempre tra la comunicazione della realtà e la realtà della comunicazione, prima vi tempesto di numeri, poi di considerazioni conseguenti, infine di “sentenze” su come tutto ciò viene comunicato o non comunicato dai mezzi di informazione di massa.

Allora: oggi un italiano su 4 ha più di 60 anni. Guidiamo la classifica dei Paesi più vecchi del mondo, seguiti, tra gli altri, da Giappone, Germania, Svizzera, Grecia, Spagna e Gran Bretagna, tutti con un’incidenza di over 60 tra il 21 e il 25 per cento della popolazione. Chiude la lista, in compagnia di altri Paesi africani come Kenia ed Angola, ma non solo, e comunque certamente Terzo Mondo (cosiddetto), la Nigeria con il 3 per cento di sessantenni o più tra la sua popolazione. Quindi il Continente più vecchio è come da definizione l’Europa, e noi siamo il cuore di questa “vecchiaia”. Ancora: nel 1950 gli ultrasessantenni nel mondo erano l’8 per cento, nel 2000 il 10 per cento, nel 2005 saranno il 21 per cento, e a quel punto i longevi saranno più numerosi dei bambini/adolescenti sotto i 15 anni.
Avrei parecchi altri dati da offrirvi, ma mi fermo a questi, i principali. Da dove li ho presi?
Dall’Assemblea dell’Onu sull’invecchiamento della popolazione mondiale che si è tenuta nella seconda settimana di aprile a Madrid, con 164 Paesi rappresentati con oltre 6000 delegati di ONG, organizzazioni non governative. Ne discendono, a terrazze, varie considerazioni, a cominciare dallo scenario di una grave crisi economica planetaria che questo rapido invecchiamento incorpora almeno in termini di rischiose possibilità, a partire dallo squilibrio tra chi lavora, produce reddito e paga le tasse, e chi vive di pensione, nei paesi più sviluppati, per continuare con i “gap” demografici tra paesi ricchi e paesi poveri, le migrazioni/invasioni, l’integrazione multietnica ecc.
E per tornare all’Italia e alla sua leadership anagrafica, tutto ciò si traduce in una serie di analisi, questioni, problemi sulla possibilità di assicurare un buon livello di assistenza (nuovo titolo per questo magazine: Old-leadership medica) agli anziani e più in generale, ma credo urgentemente, sulla necessità di ripensare la vita, le città, le campagne ecc.
Allora: tutto questo in un paese culturalmente evoluto dovrebbe o non dovrebbe godere di una decente attenzione? Che altro ci vorrebbe per sensibilizzare la pubblica opinione italiana su un futuro prossimo che ci riguarda tutti? Basterebbe, obietterete, esserne informati.
E invece l’attenzione dei media nostrani è stata scarsissima, davvero indecente, tutti presi come siamo/eravamo dal delitto di Cogne o dalle nomine Rai, quando non, doverosamente, dalla tragedia mediorientale. Al punto che i media stranieri, giunti a Madrid anche per capire come gli italiani -leggi i loro informatori- avessero preso la piega dell’invecchiamento che li riguarda primi al mondo, hanno dovuto riscontare che ai nostri mezzi di informazione la cosa sembrava non importare.
Una presenza infinitesimale a Madrid, e sulla stampa, e in tv, e alla radio, e di qui una miserrima considerazione di un passaggio alla lettera epocale, su vari piani qui appena accennati. Debbo confessarvi che chi scrive, con la sua scialuppa radiofonica quotidiana, ha solcato questo mare. Ma da solo. Sto invecchiando, ecco la verità...

Oliviero Beha