da Leadership Medica n. 1 del 2003
Il Carnevale è sicuramente uno degli spettacoli più interessanti e antichi della storia. Malauguratamente, non esistono sufficienti studi che possano aiutare a tracciare un’articolata mappa delle sue origini e delle tradizioni.
Innanzitutto, il Carnevale deriva dalle feste orgiastiche di epoca antica e il primo fenomeno simile a quello che comunemente si chiama Carnevale è costituito dai “Saturnalia”, feste dedicate al dio Saturno che si svolgevano nell’antica Roma. L’etimologia di Carnevale è piuttosto incerta, in quanto alcuni credono che derivi da “Carnes levare”, legato alla Quaresima e cioè divieto di mangiare carne, oppure da “Cursus navalis”. Altro elemento affascinante di questa festa è dato dalla maschera che aggiungeva un tono di mistero, abbinato al vantaggio di amplificare la voce dell’attore che recitava le tragedie greche. La base magica del Carnevale poggiava su regole elementari, legate ad una realtà che si è modificata di giorno dopo giorno. nel desiderio di cancellare il male, riaffermare gli istinti e abolire le regole.
Entrando nello specifico musicale, troviamo numerosi compositori che si sono avvicinati a questa forma, scrivendo brani che ripercorrono tutte le tappe musicali sino ai nostri giorni. il carnevale è sempre stato un argomento ricco di spunti che ben si collegano all’aspetto musicale. A questo proposito, si può citare uno dei lavori più significativi che dimostrano l’importanza del Carnevale, ricordando il “Benvenuto Cellini” di Hector Berlioz. Opera complessa e ricca di spunti storici, fu molto amata da Liszt, il quale disse più volte che si trattava di un brano: “in cui per la prima volta il popolo fa intendere la sua grande e furibonda voce in musica”. Berlioz iniziò l’opera nel 1834 e questa venne rappresentata quattro anni più tardi senza riscuotere un grande successo. Rimase come pagina immortale l’Ouverture che prese il nome de “Il Carnevale romano”. Pagina di grande effetto strumentale, in cui il compositore adotta orchestrazioni originali e cariche di una sensualità rimasta immutata nel tempo. Per quanto riguarda l’opera, Liszt consigliò a Berlioz di riprenderla modificandola specialmente nell’aspetto drammaturgico. Nel marzo del 1852, il lavoro venne riproposto nella splendida veste che tutti noi conosciamo. Ancora una volta, Berlioz dimostra un profondo virtuosismo orchestrale, commentando musicalmente tutti gli elementi fondamentali del Carnevale e cioè le danze, i canti, la gioia, la confusione e la spensieratezza. Nell’itinerario che riguarda il rapporto fra il Carnevale e la musica, un posto prevalente lo occupa la città di Roma. Antecedentemente si era parlato del “Carnevale romano” di Berlioz, ma non è stato l’unico esempio di questa particolare attenzione dei compositori, infatti l’operetta “Der Karneval in Rom” scritta nel 1873 da Johann Strauss e rappresentata a Vienna il 1° marzo dello stesso anno, è una delle pagine più interessanti della produzione straussiana. Il compositore austriaco riproduce con gusto la dimensione del Carnevale, abbinandola ad una trama amorosa che vede come protagonisti il pittore Arthur Brick e la dolce Marie. Un amore impossibile a causa dello zio di Marie, il quale non voleva che la nipote si innamorasse di un pittore, professione ritenuta a quei tempi poco seria. Ritornando alla musica, Strauss segue l’idea di Berlioz, poiché si ispira ai canti e alle danze, adottando una musica frenetica e veloce. Da come si può notare, in questi due esempi l’idea del Carnevale è abbinata al divertimento e alla gioia, senza per questo andare al di là del buon gusto e della visione del Carnevale come immagine storica. Continuando nell’ideale viaggio intorno a questa particolare festa, troviamo nella letteratura musicale una famosa rapsodia ungherese di Liszt, ispirata al Carnevale di Pest, una delle due città che nel 1873, riunendosi, crearono Budapest. In questo caso, il compositore si è ispirato alle tradizioni folkloristiche dell’Ungheria, generando un brano virtuosistico, trascinante, dove si colgono canti e danze tipiche del periodo carnevalesco. Qui, Liszt diventa un cronista prezioso della storia, commentando attraverso la musica una parte della tradizioni della sua terra. Maurizio Carnelli, in un suo scritto, sottolinea che: “il brano di Liszt è una musica per gli occhi e per le orecchie…” Ora, seguendo un ipotetico taccuino di viaggio, troviamo Venezia come tappa fondamentale per un’analisi del Carnevale. Infatti, il “Carnevale di Venezia” è uno dei brani più conosciuti ed amati. Lo stesso F. Chopin scrisse delle variazioni pianistiche sul tema ormai entrato nella storia. Anche la Russia partecipa a questo nostro excursus con Pietroburgo, durante le feste del martedì grasso. A questo proposito, entra in scena Strawinsky che in “Petrouchka”, commenta esaurientemente l’idea del Carnevale, con la folla che danza ininterrottamente su temi popolari. La danza delle balie, il contadino con l’orso, le zingare, il venditore ambulante, sono tutti momenti magici che il compositore fissa nello splendido balletto poi rappresentato a Parigi il 13 giugno del 1911 e con il quale Diaghilev esportò la matrice carnevalesca russa, facendola conoscere al resto d’Europa e specialmente alla cultura francese, i cui massimi esponenti erano Satie, Cocteau, Picasso, Debussy e Ravel. Un perfetto collegamento, poiché anche la Parigi musicale aveva già scoperto questa formula con Fauré e Saint-Saens, senza dimenticare Milhaud. A proposito di Saint-Saens, egli è un autore che rispecchia totalmente l’amore per il gusto del Carnevale. Il famoso “Carnevale degli animali”, scritto in Austria nel 1886, adotta l’idea dello zoo fantastico e fantasioso, con lo scopo di riportare in superficie i vizi e le cattiverie degli uomini. In questo caso, il compositore usa l’ironia come linguaggio, giustificando il Carnevale come momento della verità. Perciò, questa imitazione caricaturale è, se vogliamo, spietata e completamente diversa dall’idea degli altri compositori. Se dalla parte della cultura latina troviamo un terreno fertile, non è così in terra germanica. Qui, i giganti della musica non hanno mai trovato o voluto trovare dei rapporti con il Carnevale. Probabilmente questo fatto si collega ad una visione rigida della musica, non abbinata all’idea del divertimento. Comunque, in questa “serietà” musicale, un compositore sfugge al copione che vede la Germania come patria dell’austerità musicale. Si tratta di Robert Schumann, il quale ha saputo avvicinarsi al mondo del Carnevale e delle maschere attraverso una delle composizioni più belle e ironiche della sua produzione: “Carnaval”. Nel brano emerge una visione drammatica del Carnevale, sovvertendo gli schemi e i canoni che i compositori precedentemente citati avevano creati. In Schumann, le maschere di Pierrot e di Arlecchino hanno un collegamento con la morte, come massima liberazione dello spirito dell’individuo. Un altro musicista dimostra la sua attenzione per il Carnevale e precisamente Antonin Dvorák, il quale concepisce la composizione come una pagina descrittiva, ricca di strepiti e suoni aspri, che vogliono ricordare i fuochi d’artificio. Un commento attraverso la musica di quello che avviene durante le feste dedicate al carnevale. Dvorák in questo contesto utilizza l’orchestra come veicolo per descrivere il Carnevale, al contrario dei grandi maestri del virtuosismo ottocentesco, e cioè Paganini e Liszt, che hanno trattato questa tematica con lo strumento del quale erano dei virtuosi: il violino e il pianoforte. A proposito di Paganini, nel 1829 scrisse le variazioni sulla canzone veneziana: “Oh mamma, mamma cara”, da “Il Carnevale di Venezia”, il cui manoscritto si trova nella Biblioteca Casanatense, a Roma. Quindi, notiamo anche nel grande violinista genovese, un’attrazione verso questo tipo di spettacolo, risolta con un uso virtuosistico del violino. Variazioni di grande effetto, che vogliono ricordare i momenti di gioia e spensieratezza del Carnevale stesso. Infine, esiste un ultimo aspetto presente nella musica e cioè gli scherzi e le burle. Tra i compositori conosciuti come “burloni” per antonomasia, il più famoso è Rossini, seguito da Berlioz, Satie, Chabrier e tanti altri. Per quanto riguarda Rossini, esiste una sua opera, il “Signor Bruschino”, rappresentata a Venezia durante il Carnevale del 1813, che ci ricorda uno scherzo ai danni dell’impresario del Teatro San Moisé, dove venne data l’opera, il quale fornì al compositore un libretto pessimo. Proprio sul libretto, Rossini creò molti scherzi, soprattutto nell’Ouverture, dove il musicista mise in partitura i colpi degli archetti sui leggii. Guarda caso, l’opera fu data durante il Carnevale! Da come si può notare, esistono molti e prestigiosi esempi del Carnevale in musica e l’elenco sarebbe ancora lungo, ma il fatto più interessante è nell’elemento psicologico, poiché il Carnevale è rivoluzione, diventando una preziosa valvola di sfogo per mantenere la stabilità quotidiana. Per questa ragione anche i musicisti si sono dedicati al Carnevale, perché dove c’è libertà, c’è musica!
Insomma, un ritorno alle origini.
Dottor Adriano Bassi
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