da Leadership Medica n. 3 del 2000
Frammenti di vita quotidiana si trasformano in metafore eterne, svelano i segreti, le debolezze dell'animo umano, il dolore di vivere, annegati nel sogno forse vano di mutare radicalmente la propria esistenza. Anton Cechov riuscì appieno nel tentativo di costruire strutture drammaturgiche imperniate su atmosfere, inquietudini, scontri generazionali, sentimenti, rivendicazioni sociali: una radiografia della Russia a cavallo tra Ottocento e Novecento.
Egli, nato in Ucraina nel 1860, conseguita la laurea in medicina, si dedicò completamente alla letteratura, divenendo in breve assai noto come narratore e scrittore di racconti.
Tuttavia, fu per lui irresistibile il richiamo all'attività di autore teatrale: dopo tre testi giovanili, Cechov mise in scena nel 1887 Ivanov, che, subita una rielaborazione, diverrà l'arcinoto Zio Vanja (1897, rappresentato nel 1899) uno dei suoi quattro capolavori assieme a Il gabbiano (1895), Le tre sorelle (1901) e Il giardino dei ciliegi (1904).
Casa di Cechov in Ucraina
Cechov, già minato dalla tisi, sposò nel 1902 Olga Knipper, attrice del Teatro d'Arte di Mosca, e due anni più tardi, nel 1904, morì nella Foresta Nera, ove si era recato per curarsi.
I suoi drammi sono ambientati nella campagna rurale russa: qui domina la noia, la routine della classe proprietaria terriera.
L'autore sottolinea, anche nella sfumatura psicologica dei personaggi, il divario effettivo tra aspirazioni - sogni e la realtà quotidiana, che li circonda.
Apparentemente lineari, i testi cechoviani sono tra i più complessi del repertorio moderno, ogni singolo dettaglio è stato considerato e scelto con cura per dare l'impressione di fortuita casualità, per svelare a poco a poco l'atmosfera, gli stati d'animo e le idee che permeano i vari testi. Nelle pieghe dei dialoghi s'intravedono le determinanti emozioni e le pulsioni istintive, che formano l'azione scenica.
Il gabbiano, in 4 atti, ebbe una prima rappresentazione sfortunata, anche perché la compagnia di attori non era forse all'altezza del testo. Cechov ebbe, poi, dalla compagnia del Teatro d'Arte di Mosca, diretto da Stanislavskij e Dancenko, quel quid in più che lo portò al successo con questo stesso testo nel 1898. Il gabbiano narra di Kostantin Treplev, giovane drammaturgo alle prime armi, di sua madre, l'attrice Irina Arkadina, e di Nina, la ragazza di cui è innamorato, anch'ella aspitante attrice.
Si trovano nella tenuta della madre, quando appunto giunge Irina Arkadina con il proprio amante Trigorin, famoso scrittore. Il giovane ha in animo di organizzare una rappresentazione teatrale, ma in quel mentre Trigorin riesce ad affascinare e sedurre Nina e parte con lei a Mosca. Due anni dopo Nina e Kostantin si ritrovano; ella, abbandonata da Trigorin, seppur distrutta, sta reagendo e fa l'attrice di provincia, mentre il giovane, a causa dei diversi fallimenti nel campo dei sentimenti e in quello artistico, si trova al limite del totale sconforto: alla fine decide di uccidersi.
Il titolo del dramma allude al gabbiano, che Kostantin uccide un giorno sul lago, così come Trigorin negli stessi luoghi stronca un'esistenza e il grande amore dei due giovani.
Zio Vanja, anch'esso rappresentato dal Teatro d'Arte di Mosca, è in 4 atti. Vanja da anni gestisce scrupolosamente con la nipote Sonja una tenuta terriera. La giovane è figlia della sorella, ormai morta, di Vanja e del noto professor Serebrjakov, considerato da tutti una celebrità. Zio Vanja, riuscendo ad economizzare su tutto, invia sempre denaro al cognato, ma, quando il professore e la giovane moglie Elena giungono alla tenuta, gli equilibri si spezzano. La gretta meschinità e l'egoismo del professore si evidenziano a tal punto che zio Vanja ha una brusca reazione: gli spara, pur non riuscendo a colpirlo. Serebrjakov e la moglie tornano in città e la tenuta riprende la solita vita di ogni giorno: l'immutabile, placida e dimessa esistenza.
Le tre sorelle, ambientato in una cittadina di provincia russa, racconta del graduale intristirsi di Olga, Mascia e Irina, tre sorelle orfane di un generale, che vivono insieme al fratello Andrej e la cognata Natalja. Tutte e tre sognano un viaggio a Mosca a riscatto di una condizione frustante di questa piccola società di provincia. Olga, la più anziana, nella carriera scolastica dapprima è docente, poi, con gran sacrificio, diviene direttrice di scuola, ma è disperata e sola. Mascia, maritata infelicemente, si innamora di Versinin, colonnello, a sua volta sposato, ma è una passione di breve durata perché la guarnigione e l'amato debbono partire. La più giovane, Irina, si impiega in un lavoro che non la soddisfa, mentre il suo promesso sposo viene ucciso in duello.
Nell'ultimo atto le tre sorelle si separano, lasciando la casa in mano all'arrogante e senza scrupoli Natalja e all'infelice fratello Andrej.
L'ultima opera di Cechov, Il giardino dei ciliegi, rappresenta un mondo in dissoluzione, in estinzione: da una parte i proprietari terrieri oziosi, economicamente in rovina, a cui si vengono a sostituire esponenti della gente comune, come l'ex servo Lopachin.
La proprietaria Ljubov'Ravenskaja, vessata dai debiti, e suo fratello nullafacente Gaev assistono impotenti alla distruzione del giardino. Lopachin, l'acquirente della proprietà, lottizza il giardino, caccia i vecchi padroni dalla casa e fa abbattere tutti i ciliegi, mentre gli ex proprietari si lamentano di quella perdita. Solamente Anja, figlia di Ljubov'Ravenskaja, sembra avere entusiasmo di vivere e un futuro nell'amore per Trofimov, eterno studente.
In queste ambientazioni Cechov analizza quasi al microscopio la Russia provinciale, piccolo borghese, burocratica, cristallizzata ed immobile, che attende un cambiamento reale.
Franco Manzoni