da Leadership Medica n. 8 del 2004
Abstract
Preservare il sistema di sospensione del terzo superiore della vagina al connettivo endopelvico, può essere ottenuto eseguendo l’intervento di isterectomia per via vaginale con una nuova tecnica, che abbiamo definito anterograda, che permette di risparmiare la fascia cervicale e le sue connessioni ai ligamenti cardinali ed uterosacrali.
Con questa tecnica la prospettiva dell’intervento di isterectomia vaginale viene ribaltata: classicamente l’isterectomia vaginale è una isterectomia retrograda che si inizia dagli uterosacrali e termina, dopo avere assicurato i ligamenti cardinali ed il fascio vascolare uterino, con la presa dei peduncoli annessiali. In questo approccio retrogrado risiedono le principali difficoltà dell’intervento, come l’isolamento dell’arteria uterina.
La tecnica vaginale anterograda procede invece dai peduncoli annessiali all’arteria uterina ai ligamenti cardinali, secondo la classica e più familiare sequenza laparotomica.
L’intervento riunisce pertanto in sé tre ordini di vantaggi: quelli della via vaginale, quelli della tecnica intrafasciale e quelli di una maggiore facilità di esecuzione rispetto alla tecnica vaginale retrograda.
Articolo
Lesioni digiuno-ileali
In caso di lesioni di un’ansa digiuno-ileale, si parte dalla sua valutazione che riguarda essenzialmente la sede ed il tipo. Se la porzione interessata è quella antimesenterica, la riparazione è più semplice e la prognosi è in genere più favorevole; in caso, invece, di lesione della porzione mesenterica sono maggiori i rischi di stenosi. In entrambi i casi bisogna valutare preliminarmente la vitalità dell’ansa ed in particolare quella delle rime di sezione. La lesione, inoltre, può essere di forma lineare, irregolare oppure consistere in una sezione quasi totale dell’ansa stessa.
Dalla valutazione attenta di tutti questi elementi scaturisce la decisione di procedere a sutura diretta oppure a resezione del tratto interessato con successiva anastomosi. Una lesione di ampiezza limitata, a margini regolari, una localizzazione sulla porzione antimesenterica, una buona vitalità dei margini, un’assenza di perdita di sostanza, sono tutti elementi a favore di una sutura diretta.
La sutura deve avere preferibilmente una direzione trasversale, i punti vanno, cioè, passati con direzione parallela all’asse longitudinale dell’ansa, così da non compromettere la pervietà del lume della stessa. Inoltre, essa va condotta in genere con filo 3/0 o 4/0, monofilamento o intrecciato a lungo riassorbimento, con ago cilindrico mezzo cerchio, a punti staccati o in continua, in singolo o duplice strato.
I principi da seguire sono quelli classici delle suture ed anastomosi intestinali: posizionamento di enterostati a monte ed a valle della lesione per evitare la ulteriore contaminazione del campo operatorio, corretta identificazione degli angoli per garantire un buon affrontamento dei margini, intervalli regolari nel passaggio dei punti, regolare tensione sul filo di sutura in caso di continua per evitare la stenosi, buon affrontamento delle tonache che costituiscono l’ansa, controllo della pervietà dell’ansa e della tenuta della sutura.
In genere la sutura monostrato viene condotta con tecnica extramucosa, risparmiando cioè lo strato più interno della parete intestinale. Quella a duplice strato prevede, invece, quello più interno eseguito a tutto spessore, comprendendo, quindi, la totalità della parete intestinale e gli strati più esterni eseguiti con tecnica sieromuscolare, risparmiando, cioè, anche la sottomucosa rispetto alla tecnica extramucosa descritta in precedenza.
Nel caso in cui si decida per una resezione-anastomosi, si procede a sezione intestinale con suturatrice meccanica “taglia e cuci” (figura 1-2), ed a sezione dei vasi afferenti. Ove non disponibili tali presidi, si procede a sezione dell’ansa con lama fredda, previa occlusione del lume con enterostato, e chiusura dei monconi con sutura in duplice strato, come descritto in precedenza.
L’anastomosi, a seconda dell’orientamento dei monconi, viene distinta in termino-terminale, termino-laterale, latero-terminale e latero-laterale, e può essere confezionata con suturatrici meccaniche o con sutura manuale, in singolo o duplice strato a seconda delle preferenze.
Viene descritta di seguito la tecnica della sola anastomosi latero-laterale (L-L), che, a nostro giudizio, è la più facilmente gestibile anche da chirurghi che non abbiano grande consuetudine con la chirurgia intestinale.
Con l’ausilio delle suturatrici, la tecnica più diffusa prevede l’uso della “taglia e cuci”, menzionata in precedenza, che viene introdotta in ciascuna delle due anse appaiate, attraverso due piccole enterotomie (figura 3);
la suturatrice viene successivamente chiusa ed infine estratta (figura 4-5).
L’enterotomia, che a questo punto è diventata unica, viene chiusa con pochi punti staccati. Come è noto, l’uso della suturatrice consente il confezionamento di un’anastomosi anche a chi non ha grossa familiarità con questo tipo di chirurgia, ma la loro disponibilità non è sempre immediata.
Per tale motivo è preferibile avere consuetudine con un tipo di tecnica che è applicabile nella quasi totalità delle anastomosi digestive: la L-L doppio strato. Si parte sempre dall’affiancamento delle due anse e si confeziona lo strato posteriore esterno in continua con punti sieromuscolari (figura 6);
si procede, quindi, all’apertura delle anse con bisturi elettrico, parallelamente alla sutura eseguita, per una lunghezza di poco inferiore (figura 7).
A questo punto si esegue lo strato posteriore interno con sutura continua e punti a tutto spessore (figura 8);
con analogo procedimento si confeziona lo strato interno anteriore (figura 9) ed infine con punti sieromuscolari si esegue lo strato esterno anteriore.
L’anastomosi viene completata dando pochi punti di accollamento dei mesi, per evitare rischi di ernie interne, ponendo attenzione a non includere nei punti alcun vaso, che comprometterebbe la vitalità dell’ansa e, quindi, la tenuta dell’anastomosi.
Lesioni colo-rettali
È senz’altro questo il capitolo più controverso tra le lesioni iatrogene gastrointestinali per le maggiori difficoltà che si incontrano a gestire una lesione a questo livello. Le difficoltà derivano dalla conformazione anatomica del viscere, che è fisso al retroperitoneo in molti punti, dal tipo di vascolarizzazione, che è ovviamente molto diversa da quella del piccolo intestino, dalla particolare disposizione del retto all’interno della pelvi e, non ultimo, dalla molteplicità di soluzioni che possono essere adottate in caso di lesione.
Così come per il tenue, il primo passo è la ricognizione della lesione, la cui gestione è resa più difficoltosa dal fatto che spesso occorre procedere alla mobilizzazione del viscere, per averne un pieno controllo. La tecnica di sutura diretta non differisce in alcun punto da quella descritta per il tenue; in alcune sedi, come ad esempio il traverso ed il sigma, tale sutura può essere protetta da frange di epiploon poste a copertura della stessa.
Nel caso in cui la lesione è estesa, per cui la si ritiene non riparabile e si deve, quindi, fare ricorso a resezione ed anastomosi, le tecniche sono ben conosciute e codificate, anche se in questi casi non ricorrono estremi di radicalità oncologica. Si rimanda, pertanto, ai trattati di tecnica chirurgica.
Rimanendo sul piano pratico, però, va considerato che, in assenza della possibilità di avvalersi di una consulenza chirurgica nell’immediato, può in taluni casi essere più conveniente tentare di procedere comunque ad una sutura, magari proteggendola con una derivazione esterna a monte.
La colostomia costituisce un valido, temporaneo, presidio per derivare all’esterno il materiale fecale, consentendo alla sutura o anastomosi, posta a valle, di cicatrizzare in ambiente asettico, soprattutto se si considera, come prima ricordato, che spesso l’intestino delle pazienti non è preparato.
Una volta mobilizzato il tratto di colon interessato, si procede al confezionamento della colostomia che consiste nel fissare ad un foro cutaneo di circa quattro centimetri di diametro, preparato nel fianco, l’intestino, in genere con una doppia serie di punti; quella profonda tra viscere e peritoneo, mentre quella più superficiale solidarizza il viscere alla fascia ed alla cute. La colostomia può essere di diversi tipi: laterale, terminale o la cosiddetta loop colostomy in cui ad essere esteriorizzato è proprio il tratto comprendente la lesione. Ovviamente, se la lesione da proteggere si trova nel colon destro, si dovrà ricorrere ad una ileostomia, confezionata ad almeno venti centimetri dalla valvola ileocecale.
Conclusioni
È difficile stabilire dei rigidi principi per la gestione delle lesioni intestinali in corso di chirurgia ginecologica. Bisogna senz’altro considerare molteplici fattori quali l’esperienza dell’operatore, le condizioni della paziente, la patologia di base, la sede ed il tipo di lesione, il tipo di accesso utilizzato. Avendo avuto cura, come ricordato, di effettuare una buona preparazione intestinale, nella impossibilità di avvalersi di consulenze specialistiche, non bisogna esitare, quando necessario, ad allargare la via d’accesso o a convertire la procedura, per garantirsi la possibilità di un’agevole valutazione e conseguente trattamento.
La possibilità di utilizzare suturatrici meccaniche, dove disponibili, ha sicuramente semplificato e velocizzato i tempi di resezione ed anastomosi intestinale, anche per chirurghi non usi a tale tipo di intervento.
Infine il ricorso a diversioni intestinali, nelle varie modalità prima esposte, va applicato secondo un criterio razionale, ma senza pregiudizio, considerando che anche una anastomosi deiscente viene meglio gestita in presenza di stomie di protezione.
Dr. Fulvio Calise
U.O. Chirurgia Epatobiliare e Trapianto di Fegato
AORN A. Cardarelli, Napoli
Dr. Pietro Maida
U.O. Chirurgia Generale Fondazione Evangelica Betania,
Ospedale Generale di Zona
Bibliografia
1. Benson JT, Lucente V, McClellan E. Vaginal versus abdominal reconstructive surgery for the treatment of pelvic support defects: a prospective randomized study with long-term outcome evaluation.Am J Obstet Gynecol 1996; 175: 1418-22
2. Clark AL, Gregory T, Smith VJ, Edwards R. Epidemiologic evaluation of reoperation for surgically treated pelvic organ prolapse and urinary incontinence.
Am J Obstet Gynecol 2003; 189: 1261-7
3. Jaszczak SE, Evans TN. Intrafascial abdominal and vaginal hysterectomy: a reappraisal. Obstet Gynecol 1982; 59: 435-44
4. Jaszczak SE, Evans TN. Vaginal morphology following hysterectomy. Int J Gynaecol Obstet 1981; 19: 41-51
5. Morrison JE, Jacobs VR. 437 classic intrafascial supracervical hysterectomies in 8 years. J Am Assoc Gynecol Laparosc 2001; 8: 558-67
6. Richardson EH. Method of intrafascial total hysterectomy. Surg Gynecol 1929; 48: 248-53