Sezione Medicina

da Leadership Medica n. 281 del 2010

Evoluzione di un concetto

Introduzione

Il concetto di "Sine Materia", ossia di patologia in assenza di alterazioni morfo-strutturali, è diventato di assai difficile determinazione come conseguenza dei progressi acquisiti nelle conoscenze delle sub-strutture cellulari. Infatti il "Sine Materia" identificato fino a qualche tempo fa con il concetto di "funzionale" è stato sempre meglio definito da quando la biochimica ha permesso di precisare con maggiore esattezza non solo i processi di relazionalità (diretta e mediata) fra le singole cellule, ma anche la loro sub-struttura.
Simultaneamente, però, tale concetto si è parecchio complicato come conseguenza della constatazione che i confini fra situazione di "molecola libera" e di "molecole strutturate" si sono fatti sempre più sfumati (al limite addirittura evanescenti): esempio tipico i "micro-corpi endo-cellulari", cioè gli organelli (come i sinaptosomi, i perossisomi, i gliossisomi, ecc.) presenti nel citoplasma cellulare, che in effetti sono costituiti da raggruppamenti di molecole ad attività enzimatica, assemblati da una membrana lipidica.
Questi organuli, infatti, rappresentano l'evidente forma di passaggio fra ciò che in epoca precedente l'impiego dei supermicroscopi non era stato ancora individuato e formava quindi la massa indistinta del citosol cellulare, mentre oggigiorno costituisce una ben precisa ultra-struttura cellulare. D'altronde queste osservazioni possono essere ormai applicate anche a tutte le varie componenti dell'architettura endocellulare, che solo da una ventina d'anni sono (più o meno) completamente conosciute nella loro intima struttura e cioè: i mitocondri, l'apparato di Golgi, i ribosomi, ecc.,ecc..

Al che può esser aggiunta: la sempre meglio individuata configurazione dei recettori e delle pompe joniche; le piuttosto complesse formazioni di membrana come i canali per il calcio e per altri joni; le apparecchiature molecolari preposte alla captazione ed al cosiddetto "re-uptake" di molecole più semplici come i neurotrasmettitori, oppure di molecole ben più complesse quali le lipoproteine.

Il sub-strutturale ed il biochimico

In modo contemporaneo a questi grandi progressi nelle conoscenze strutturali e substrutturali di quella che potremmo chiamare la "periferia cellulare" (ossia dell'"organico", cioè dell'anatomico e dell'istologico corporei) sono stati sempre meglio precisati i meccanismi biochimici mediante i quali si concreta l'attività vitale delle cellule ed il funzionamento dei vari organi ed apparati: meccanismi che comportano il coinvolgimento di macro-molecole tout court delle "proteine" ed ancor più spesso di "aggregati" di macro molecole.
Ebbene: allorché l'andamento di questi meccanismi plurimacromolecolari si modifica soltanto un poco oltre le oscillazioni convenzionalmente considerate "normali" (ossia ben poco oltre l'abituale dinamica omeostatica) e si entra quindi nell'ambito della "patologia di confine", si determinano modificazioni così marcate della sub-struttura molecolare da provocare necessariamente uno scombussolamento dell'intero assetto cellulare.
Compare quindi una tale trasformazione della citoarchitettura da non consentire più, a stretto rigore, l'applicazione del concetto di "Sine Materia", poiché qualcosa "in materia" è comunque cambiato. E questo anche se la sofferenza si manifesta soltanto con disturbi classicamente definiti come "funzionali" dal momento che almeno nell'apparenza clinica coinvolgono unicamente cattività di un organo, oppure di un intero sistema di organi.
Il che, però, diventa più evidente quando il deragliamento biochimico è così consistente da sconfinare nel settore veramente patologico e realizzare in tal modo una malattia organicamente ben definita.
A conferma di questa moderna concezione che evidentemente sposta assai i confini dello "strutturale" (ossia del "cum materia") verso dimensioni sempre più piccole - basterà citare alcuni esempi capaci tuttavia di far molto riflettere sulla necessità di concretare radicali cambiamenti concettuali. Infatti parecchie espressioni di sofferenza fino a qualche tempo fa etichettate come tipicamente "funzionali" (o, con maggiore proprietà di linguaggio, "disfunzionali") vengono oggi interpretate, al di là di ogni dubbio, come modificazioni di strutture sub-cellulari, la cui documentazione è stata conseguita solo recentemente grazie all'applicazione di procedure tecnologiche estremamente sofisticate. Si pensi ai fenomeni connessi alla ricetrasmettitorialità ed alla relazionalità intercellulare basate sulla dinamica delle varie popolazioni recettoriali situate sulla membrana cellulare: popolazioni la cui densità è condizionata dagli ormai ben noti movimenti della "up" e della "down regulation", ossia da movimenti macromolecolari che fanno cospicuamente variare l'assetto e la stessa disposizione spaziale della membrana cellulare e quindi del corpo della cellula in cui tutta questa dinamica si realizza: II che val quanto dire che dal substrutturale macromolecolare si passa automaticamente al morfo-strutturale. 

Si pensi ad esempio:
1° Ai complicati processi che sostanziano l'immunochimica, quali quelli che si svolgono sub-strutturalmente a livello di leucociti tramite non solo l'"esposizione" degli anticorpi, ma anche dei loro macchinosi legami con gli antigeni: fenomeni capaci di modificare ampiamente la configurazione spaziale di determinate categorie di globuli bianchi.

2° All'importanza dello sconvolgimento substrutturale costituito dall'emissione sulla membrana dei nuociti dei recettori per le LDL ossidate; recettori pittorescamente detti "scavenger" (cioè "spazzini") dai quali dipende sostanzialmente la trasformazione dei nuociti stessi in cellule "schiumose", indispensabile premessa per la formazione della placca ateromatosa.

3° Alla conferma di quanto siano ormai estremamente sfumati 5 confini fra ciò che era considerato organico (cioè anatomico o "strutturato") e quanto veniva interpretato come "funzionale" (cioè caratterizzato dall'attività di un organo, o di un tessuto), com'è avvenuto grazie agli studi che da vari anni vedansi la PET e la SPECT hanno visualizzato una sorprendente realtà: e cioè che gli impulsi tanto emozionali, quanto ideomotori e sensopercettivi (cioè alcuni dei fenomeni più squisitamente funzionali secondo la concezione della neurofisiologia classica) altro non sono se non forme di attivazione organica leggasi "cellulare" ossia "neuronale" di ben determinate e ristrette "zolle" degli emisferi cerebrali.

Il che ha finalmente portato validi elementi obiettivi capaci di migliorare la comprensione dell'arduo problema dell'interazione fra psiche e cervello. Per ora si tratta soltanto di qualche "barlume" di conoscenza circa quanto avviene allorché la mente formula un pensiero ed il cervello lo traduce in un meccanismo bioelettrico.
Però tale "barlume" conoscitivo ha sconvolto profondamente le classiche nozioni, che consentivano una concettualmente "comoda" suddivisione fra psiche e cervello, cioè fra il funzionale e l'organico, ossia fra l'evanescenza degli impulsi nervosi e la concretezza della risposta da parte delle strutture dell'organismo.
A questo proposito non è possibile sottacere che alcune malattie fino a poco tempo fa ritenute emblematiche delle situazioni patologiche proprie del "Sine Materia" e cioè le nevrosi e la stessa schizofrenia cominciano ad esser interpretate su base biochimica nel senso di esser espressione di sofferenze neuronali e ricetrasmettitoriali, che non possono escludere la presenza patogenetica di specifiche alterazioni cellulari sub- strutturali. Tutto questo, oggigiorno alla luce di quanto fin qui esposto circa le nuove acquisizioni concernenti la substruttura cellulare e la dinamica biochimica è stato dunque radicalmente revisionato. Infatti l'eziopatogenesi di parecchie malattie viene oggi interpretata in senso biochimico, sicché si è venuto progressivamente creando un nutrito gruppo di eventi morbosi che traggono origine soltanto da patologie sub-strutturali. Esempi numerosi ne sono:

  • la sofferenza di alcune pompe joniche di membrana considerata responsabile di alcune forme (anche eredo-famigliari) di ipertensione arteriosa, fino a qualche anno fa assimilate nel grande calderone dell'ipertensione cosiddetta "essenziale" (cioè di cui non si capiva l'origine);
  • le recettor-patie corresponsabili tanto della sindrome di Raynaud, quanto della cefalea a grappolo;
  • le bufere biochimiche scatenate dalla "riperfusione" creatrice di gravi sconvolgimenti nella genesi dei radicali liberi dell'ossigeno;
  • il miocardio "stordito" ed "ibernato";
  • l'individuazione dell'apoptosi, ossia dell'auto-programma di morte cellulare.

La somatizzazione

La "somatizzazione", espressione tutt'ora considerata emblematica della "funzionalità", ossia del "Sine Materia" è un fenomeno inconscio di coinvolgimento sintomatologico del soma come conseguenza di modificazioni (anche momentanee) dell'equilibrio della psiche. Infatti essa si realizza perché - attraverso meccanismi non ancora del tutto chiariti: cosiddetta "psicogenesi" - i processi psico-dinamici suscitano variazioni nello svolgimento dei processi biodinamici, i quali si traducono in modificazioni funzionali delle sfere vegetativa, endocrina ed immunitaria. Detto questo, diventa della massima importanza il puntualizzare un concetto spesso dimenticato (o misconosciuto) e cioè che la somatizzazione è in sé stessa un fenomeno fisiologico ed è la più evidente documentazione della validità dell'approccio "globalistico" (cioè contemporaneamente psicosomatico e somatopsichico) verso la Medicina. Infatti naturalmente i movimenti della psiche coinvolgono quelli del soma in quanto costantemente i processi mentali proiettano impulsi (anche impercettibili) verso il corpo, il quale risponde con espressioni (anche impercettibili) di tipo biologico: espressioni primitive e prevalenti nel settore funzionale, ma talora precocissimi anche nel settore strutturale. Basterà citare la mimica del volto; l'impallidimento (vasocostrizione) per l'ira; l'arrossamento (vasodilatazione) per la vergogna, o per la pudicizia; i dolori lombo-sacrali (low back syndrome), oppure il colon irritabile da disstress ed in fine l'angina pectoris con coronarie indenni da trauma psichico. Fatte queste basilari considerazioni, si può allora entrare nel vivo della questione di un nuovo significato da attribuire al concetto di "Sine Materia". Occorre infatti chiedersi: qual'è il meccanismo attraverso il quale determinate modificazioni della funzionalità organica psicodinamicamente indotte possono trasformarsi in fenomeni patologici sostanziati da alterazioni strutturali, sicché si concreta lo stato di malattia organica psicogenetica (o psicosomatica, che dir si voglia)? In altre parole: attraverso quali fenomeni dal vero "Sine Materia" (cioè dall'input psicodinamico) si può passare al cosiddetto "disfunzionale", ossia alla modificazione patologica dell'attività di un organo, o di un tessuto, o di un apparato? Infatti è proprio attraverso un'ardua formulazione patogenetica che si può comprendere come mai l'abolizione del tradizionale concetto del "Sine Materia" possa esser sostituito con quello, ben più moderno, rappresentato dal "Cuw Materia Sub-Structuralis", psicogeneticamente indotta. Due sono le ipotesi che, reciprocamente integrandosi, potrebbero spiegare questi fenomeni:
Prima ipotesi: definibile come di tipo "vascolare":

Viene proposta quale meccanismo capace di interpretare la trasformazione patologica (ed eventualmente permanente) delle somatizzazioni la possibilità che input psicogeni, tramite le varie cascate neuronali, si concretino alla periferia sotto forma di modificazioni e successivamente di possibili sofferenze della micro-circolazione.Modificazioni che, nella sede-bersaglio della sollecitazione psico- geneticamente indotta, potrebbero determinare disturbi del trofismo cellulare dai quali scaturirebbero poi quelle le lesioni strutturali, che sostanzierebbero successivamente una malattia organica.
Seconda ipotesi: definibile come di tipo "biochimico":
Si tratta di un'ipotesi piuttosto "ardita" che postula la possibilità che gli impulsi psicogenetici forse tramite l'interazione con il sistema limbico ed attraverso le sue proiezioni alla periferia somatica inducano modificazioni substrutturali tanto in corrispondenza delle membrane pericellulari, quanto in quelle degli organelli endocitoplasmatici. Tali modificazioni potrebbero concretarsi sotto forma di "up", oppure di "downregulation" dei recettori, cioè di fenomeni che documentano uno sconvolgimento del turnover metabolico preposto alla biosintesi delle macromolecole recettoriali. Il che può esser esteso anche:

  • ai movimenti degli anticorpi;
  • alla densità degli algo-recettori e dei baro-recettori;
  • alla citosintesi dei "carriers" protidici, delle proteine contrattili, degli sferoidi endocrini;
  • alla biosintesi delle "proteine da stress fisiologico ", cioè alla biosintesi di quei corpi endo-cellulari - le ben note HSP (Heat Shock Proteins) - che, a loro volta, presiedono e condizionano il regolare ed indispensabile avvolgimento delle catene peptidiche, sintetizzate dai ribosomi: le quali,solo in tal modo, diverranno vere proteine capaci di fungere da molecole funzionalmente "attive".

Lo "Stress Ossidativo"

A parte la somatizzazione, vi sono parecchie altre situazioni nel corso delle quali è ravvisabile un'alterazione del normale andamento biochimico. L'esempio più convincente è costituito da quello che, con dizione omnicomprensiva, viene definito come "Stress Ossidativo".
In realtà per "Stress ossidativo" non si intende affatto l'abituale utilizzazione dell'ossigeno dal momento che questa comporta fisiologicamente la produzione intermedia di ROMs (Reactive Oxygen Materials), identificabili con i Radicali Liberi dell'Ossigeno: ossia con il radicale superossido, detto anche ossigeno singoletto (0+), con il perossido d'idrogeno (H2O2) e con l'ossidrile, detto anche radicale ossidrilico (HO-). Alla loro eliminazione presiedono infatti degli enzimi specifici (quali la super-ossido-dismutasi, la glutation perossidasi, la catalasi, il tocoferolo, ecc.), la cui funzione è proprio quella di far in modo che tali ROMs non si accumulino e non disturbino quindi il normale andamento delle catene ricambiali. Per "Stress Ossidativo" si intende invece la super-produzione di tali molecole, le quali - qualora vengano prodotte in eccesso - esprimono una specifica "sofferenza reattiva cellulare" poiché:

  • in primo luogo superano le capacità anti-ossidanti proprie di ogni cellula;
  • in secondo luogo, essendo caratterizzate dalla mancanza di un elettrone nella loro "atmosfera periferica", si comportano come sostanze altamente reattive, ossia come sostanze dotate di una estrema avidità nel sottrarre un elettrone a qualsiasi altra molecola con cui vengono in contatto: in modo particolare a quelle sintetizzate nel corso del "divenire" metabolico cellulare.

Appare evidente che i ROMs, prodotti in eccesso e proprio per questa loro "avidità elettronica", possono innescare una vera e propria "reazione a catena" responsabile di parecchie forme morbose caratterizzate proprio dalla loro inarrestabilità. E' ben noto, ad esempio, che la comunissima ateromatosi dipende in effetti, tanto nelle sue fasi iniziali, quanto in quelle intermedie, da uno stress ossidativo imperniato sulla provocazione di una"disfunzione endoteliale". La presenza, infatti, di determinati "Fattori di Rischio" (o comunque di agenti capaci di provocare alterazioni metaboliche ) può determinare un deragliamento dell'abituale andamento metabolico e, come conseguenza, una eccessiva produzione di ROMs (lo "Stress Ossidativo", appunto), cioè una distorsione della normale utilizzazione dell'ossigeno. La sovraproduzione di ROMs comporta una immediata ed importante modificazione dell'andamento ricambiale, che provoca, fra l'altro, uno scombussolamento dell'equilibrio sia "interno", sia "relazionale" delle cellule coinvolte in questo fenomeno. Fenomeno che sfocia poi non solo nella biosintesi di sostanze anomale, generalmente biotossiche per il regolare andamento delle sintesi citoplasmatiche, ma anche in un profondo turbamento nelle biosintesi delle strutture essenziali per l'attività cellulare. Il che si risolve sempre in una grave sofferenza cellulare, che dall'iniziale disfunzionalità arriva quasi costantemente ad una vera e propria espressione morbosa, cioè ad una stabilizzazione dell'alterazione  strutturale.

 

E' allora possibile assimilare lo "Stress Ossidativo" alla concezione del "Sub-Strutturale" e quindi - per evoluzione concettuale del "Sine Materia"? La risposta può esser affermativa qualora tale "Sine Materia" venga inteso nel senso di espressione biochimica e quindi di funzionamento cellulare. E questo perché il "vivere" di qualsiasi cellula si identifica necessariamente con la sua attività biochimica nel duplice senso della capacità di ricostruire costantemente la propria struttura e di relazionare (per contiguità, oppure a distanza) con tutti gli altri elementi cellulari costituenti un determinato organismo. Poiché risulta innegabile che l'ossigeno rappre- senta l'entità-chiave per qualsiasi attività biologica, ogni deraglia- mento del suo metabolismo (e chiaramente lo "Stress Ossidativo", nel senso di sovraproduzione di ROMs, ne rappresenta l'essenza) costituisce una delle più tipiche manifestazioni del cosiddetto "sub-strutturale": infatti la più fine strutturazione cellulare dipende proprio, in modo stretto e diretto, dalla regolare utilizzazione dell'ossigeno.
Appare quindi evidente come dallo "Stress Ossidativo" - cioè da un semplice deragliamento biochimico - sia possibile arrivare per gradi alla modificazione strutturale di una cellula: in altre parole dal "Sine Materia" al "Cum Materia Sub-structuralis" di un tessuto, o di un organo, o di un sistema di organi.

Il disagio metabolico cellulare

In funzione di quanto fin qui esposto, è quindi possibile affermare che, ormai da parecchi anni, è del tutto acquisito il concetto secondo cui il "Sine Materia" non si limita più ad essere una dizione equi- valente ad "in assenza di lesione strutturale", ma comprende - anzi deve comprendere - anche il significato di "in assenza di lesione sub-strutturale ". Infatti, oggi, come "sub-strutturale" non può esser correttamente considerato soltanto quanto è visibile grazie all'ausilio tecnologico dell'ultra-microscopia elettronica: la quale, in realtà, rivela l'esistenza di strutture molto più piccole di quelle mostrate dalla microscopia tradizionale, ma non fa altro che evidenziare quelle che sono pur sempre delle minuscole impalcature istologiche.
In effetti, attualmente, nel "sub-strutturale" rientra parecchio di quello che classicamente si riteneva appartenesse soltanto al mondo della biochimica, nel senso che nell'area sub-strutturale, cioè al di là del morfologico tradizionalmente concepito, viene posizionato anche quanto appartiene al mondo macro molecolare. Mondo inteso come insieme di corpi chimici - pertanto ancora di "materia" - capace di condizionare l'espressione vitale delle singole cellule. Un mondo, tanto per intenderci, a cui appartengono i recettori, il DNA e lo RNA, nonché numerosissime altre macro-molecole essenziali per la funzione cellulare. Un mondo in cui si svolgono tutte quelle interrelazioni cellulari (di contiguità, od a distanza) che costituiscono l'attività vitale di qualsiasi organismo, cioè il suo "funzionamento" , basato su ben precisi meccanismi biochimici. Il vero significato del "Sine Materia" dev'esser dunque allargato alla condizione di "assenza di lesione sub-strutturale cellulare" e pertanto di "assenza di quel disagio metabolico cellulare" che per disfunzione microcircolatoria, od anche soltanto per alterazione dell'ultrastruttura cellulare può esser identificato come l'inizio della catena patogenetica responsabile di ogni somatizzazione patologica. Appare evidente quindi che dopo la nascita della patologia substrutturale ed il riconoscimento che non poche malattie scaturiscono da una micro-forma di sofferenza cellulare il concetto di "Sine Materia" non può più esser applicato come etichetta distintiva delle malattie tradizionalmente definite come "funzionali" (meglio: "dis-funzionali") dal momento che nella realtà biologica tale "funzionalità" (meglio: "dis-funzionalità") è sostanziata sin dal suo esordio da un'alterazione dell'architettura cellulare, indipendentemente dalle specifiche dimensioni della compromissione citologica.

Conclusione

Su queste basi concettuali, allora, non può più esser ammessa l'esistenza di alcuna malattia basata su di un vero e proprio "Sine Materia". Ciò che modernamente può esser ammesso (a sostanziale modifica di questo tradizionale concetto) è soltanto la possibilità che vi siano alcune malattie il cui substrato morboso sia costituito solamente da un'alterazione biochimica, che non si configura in una alterazione morfostrutturale, ma che trae pur sempre origine da una modificazione substrutturale, cioè macromolecolare, oppure da un complesso strutturato di macro-molecole. Basterà citare a questo proposito tutte le malattie (e sono molte!) dipendenti da un inceppo nella codificazione di uno qualsiasi dei costituenti proteici della struttura citoplasmatica: tanto periferica (ossia della membrana) quanto centrale (ossia endo-citoplasmatica). Si pensi, come esempio, alla sofferenza, o comunque al deragliamento dell'attività dei ribosomi quale si verifica in qualsiasi "malattia genetica". E si pensi al fatto che, nei suoi intimi e primordiali meccanismi, anche la senescenza può considerarsi un fenomeno apparentemente "Sine Materia", poiché uno fra i processi primitivamente responsabili dell'invecchiamento ossia la sovra-produzione dei radicali liberi dell'ossigeno dipende proprio da un'avaria macromolecolare endo-citoplasmatica, principalmente costituita dal malfunzionamento delle superossido dismutasi. In sostanza l'associazione del concetto di "disfunzionale" con quello di "Sine Materia" deve considerarsi del tutto superata in conseguenza dell'inarrestabile ed irresistibile marcia della coppia determinante per l'evoluzione delle scienze biologiche, ossia:

  • da una lato il progresso tecnologico, che tuttavia dev'esser sempre contemperato da una severa riflessione critica di quanto emerge dall'utilizzazione dei mezzi strumentali (per sofisticati che siano);
  • da un altro lato il superamento - o, più brutalmente, la frantumazione - degli "schemi mentali", che nell'ambito della Scienza (e di quella Medica in particolare) creano pervicaci stereotipi concettuali.

 

Mi rendo perfettamente conto di quanto l'affermazione che qualsiasi malattia comporti sempre una "lesione materiale" dando a queste due parole il moderno significato di "res macro et micro-structuralis" - possa sensibilmente sconvolgere coloro che sono ancora legati al tradizionale concetto di "malattia funzionale", cioè classicamente di "Sine Materia". Tuttavia una leva in grado di facilitare l'eliminazione di questa fissità concettuale può esser trovata, a mio avviso, nell'accettare la ormai documentata realtà scientifica che qualsiasi "funzione" in senso biologico consiste, nella sua sostanza, in una serie di fenomeni biochimici sub-strutturali (sostanzialmente macro-molecolari) un tempo non adeguatamente considerati perché non conosciuti nella loro intima essenza. Cosicché ogni "dis-funzione" (base primitiva, o consequenziale, di qualsiasi evento morboso) non può mai concretarsi al di fuori di una compromissione delle cito-strutture, tanto endo-citoplasmatiche, quanto di membrana: compromissione dalla quale dipendono poi tutte le altre alterazioni delle inter-relazioni cellulari.

 

Prof. Livio Meciani
Professore presso l'Università degli Studi di Milano

 

 

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