Sezione Medicina

da Leadership Medica n. 275 del 2009

Il termine Ayurveda definisce la Medicina Tradizionale Indiana ed è un termine in sanscrito, antica lingua indiana, che deriva dall'unione di due parole: Ayus e Veda. Il termine Veda indica "conoscenza" mentre Ayus sta ad indicare "vita" nella sua durata, quindi Ayurveda significa "scienza della conoscenza della durata della vita" o "scienza della conoscenza della vita nella sua durata". In Ayurveda la vita viene intesa come una continua interazione tra corpo, organi di senso, mente, anima, ed un essere vivente come un continuo feedback fra percezione sensoriale, elaborazione mentale e risposta adattiva all'ambiente. La relazione tra corpo e mente, era già stata descritta migliaia di anni fa nei testi classici di Ayurveda.
L'Ayurveda come Medicina Tradizionale e come sistema filosofico e di conoscenza scientifica, si prefigge quattro scopi fondamentali: prevenire le malattie, curare la salute, mantenere la salute, promuovere la longevità.
Il termine salute/sano in sanscrito è Svastha che letteralmente significa "stabilizzarsi nel sé" o "nella condizione propria a sé stessi", da cui si evince come il concetto di salute sia considerato come condizione naturale dell'uomo e la malattia un allontanamento da una condizione di normalità.
Sushruta, grande medico ayurvedico (ca V sec. AC) così definisce lo state di salute: "L'individuo sano è colui che ha umori, il fuoco digestivo, i componenti tissutali e le funzioni escretorie ognuno in buon equilibrio, e che ha lo spirito, i sensi e la mente sempre compiaciuti".
Questa definizione considera i tre principali aspetti della vita della persona: corpo mente e spirito e rappresenta la realtà in modo così completo che l'O.M.S. (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha fatto letteralmente proprie questa parole nella sua descrizione dello stato di salute: "La salute è uno stato di pieno benessere fisico, psichico e sociale". Uno dei principi fondamentali dell'Ayurveda considera l'uomo come una miniatura della natura: la natura è il macrocosmo, l'uomo il microcosmo; e ciò semplicemente significa che i principi, gli elementi ed i processi presenti nella natura sono gli stessi presenti nell'uomo, quello che si trova fuori dall'uomo lo si ritrova anche dentro.

Secondo la visione Ayurvedica la molteplicità del reale e dell'Universo deriva dalla combinazione di Cinque Elementi di base: Spazio, Aria, Fuoco, Acqua e Terra. Questi elementi rappresentano stati diversi, percepibili, della densità della materia che, come tali, si esprimono con modalità e proprietà differenti e formano gli esseri viventi determinandone strutture e funzioni. Le varie combinazioni dei Cinque Elementi nell'espressione del reale, definiscono tre principi chiamati Dosha: Vata Dosha, Pitta Dosha e Kapha Dosha. Con una definizione molto semplice possiamo definire tali principi come espressioni articolate delle proprietà della materia che, per struttura e caratteristiche proprie, governano le funzioni psico-fisiologiche dell'individuo. Secondo l'Ayurveda individuo è l'espressione unica ed irripetibile della combinazione di questi tre Dosha, le cui varie prevalenze identificano varie tipologie costituzionali. Le espressioni dei Dosha nei vari tessuti e funzioni di un organismo sono individuabili in base alle proprietà espresse dagli elementi costitutivi gli stessi Dosha. Vata Dosha, derivato dalla combinazione di Etere ed Aria, è il principio del movimento e in un organismo governa tutto ciò che si muove, si diffonde ed è sottile, freddo, instabile o irregolare. Pitta Dosha derivato dalla combinazione di Fuoco ed Acqua, è il principio della mutazione ed è in relazione al concetto di trasformazione sequenziale, al calore ed alla sua produzione, ai processi digestivi e metabolici. Kapha Dosha derivato dalla combinazione di Acqua e Terra, è il principio della coesione e stabilità, è in relazione alla struttura, alla densità, alla crescita volumetrica ed al mantenimento delle omeostasi.
Spesso solo uno o due Dosha predominano ed influenzano la nostra personalità e costituzione fisiologica. La costituzione individuale, Prakriti in sanscrito, è quindi determinata dalla composizione e prevalenza dei singoli Dosha ed individua non solo il nostro assetto psicofisico ma anche le predisposizioni individuali verso squilibri e malattie. L'Ayurveda è governata dal principio per cui il simile aumenta il simile ed il dissimile diminuisce il dissimile, per cui una costituzione che esprime un Dosha prevalente se viene esposta ad ambiente, situazioni o cibi che esprimono lo stesso Dosha questo viene aumentato fino all'eccesso, portando quindi al disturbo e poi alla malattia. La conoscenza della nostra costituzione, Prakriti, è quindi di primaria importanza per la prevenzione ed una gestione consapevole della nostra vita e quindi della nostra salute. Errate abitudini, stile di vita, alimentazione, stress e repressione emozionale con le loro espressioni doshiche possono agire sbilanciando l'equilibrio dei Dosha di un individuo producendo alterazioni del metabolismo e della fisiologia dei tessuti e quindi alla produzione ed accumulo di elementi anomali, dismetabolici, tossine chiamate in sanscrito Ama (cibo non cotto). Queste tossine entrano in circolo e si distribuiscono in tutto l'organismo bloccando i canali che secondo l'Ayurveda collegano funzionalmente tutti i tessuti corporei. L'intossicazione influenzerà progressivamente l'organismo a tutti i livelli, alterando le sue relazioni e comunicazioni, portando all'espressione dello stato di malattia. Ogni malattia è quindi l'espressione di un accumulo di tossine - Ama.
In termini occidentali queste tossine - Ama, per le loro caratteristiche descritte nei testi classici ed in particolare per la loro lipofilia, presentano notevoli similarità con i radicali liberi, considerati dalla medicina moderna fra i principali responsabili di molte malattie e dei fenomeni degenerativi dell'invecchiamento. Alla luce di ciò è interessante considerare che sia i trattamenti disintossicanti ayurvedici, come il Panchakarma di cui parleremo in seguito, che molti rimedi farmacologici hanno una fortissima proprietà antiossidante documentata in diversi studi scientifici.
L'Ayurveda indica quindi come chiave alla prevenzione delle malattie ed alle manifestazioni degenerative dell'invecchiamento, l'eliminazione delle tossine accumulate ed la limitazione della loro formazione, attraverso l'adozione di appropriate abitudini alimentari, routine di vita, e particolari programmi di disintossicazione. Oltre alla prevenzione primaria che deriva dall'analisi costituzionale, una delle caratteristiche salienti dell'Ayurveda è la possibilità, per il medico ayurvedico, di valutare un eventuale disequilibrio negli stadi iniziali, prima dell'espressione sintomatica conclamata, consentendo quindi un intervento terapeutico precoce e tempestivo.
La diagnosi medica in Ayurveda avviene attraverso la valutazione dei Panchanidana e cioè dei "cinque elementi della diagnosi", che sono Nidana (Fattori Eziologici), Purvarupa (Segni Premonitori o Prodromi), Rupa (Segni e Sintomi), Upashaya (Diagnosi esplorativa o terapeutica), Samprapti (Definizione della Patogenesi), oltre all'adozione di manovre molto simili a quelle della semeiotica medica occidentale ed ad un'attenta raccolta dell'anamnesi sia individuale che familiare.
Una volta individuata l'origine doshica del disturbo o della malattia, il medico ayurvedico ha a disposizione due categorie generali di approcci terapeutici: Samana, ovvero le terapie tese alla riduzione ed alla pacificazione dei Dosha alterati, e Shodana, cioè le terapie eradicanti, che permettono l'espulsione dei Dosha alterati con le tossine generate. Il primo è utilizzato quando l'entità dell'alterazione del Tridosha è lieve, mentre il secondo si usa quando l'alterazione è grave e profondamente radicata nei tessuti.

L'insieme di tecniche che costituiscono la procedura Shodana (letteralmente "pulire") è quello che viene chiamato Panchakarma. Pancha in sanscrito vuol dire "cinque" e Karma rappresenta l'azione: Panchakarma, quindi, indica un insieme terapeutico formato da cinque azioni. Queste vengono descritte classicamente in: Vamana - emesi o vomito terapeutico, Virechana - uso terapeutico di lassativi, Vasti o Basti - enteroclisma con decotti di erbe e/o oli medicati, Nasya - instillazione di medicamenti nelle narici, Rakta Mokshana - salasso o induzione di emopoiesi. È fondamentale comprendere che il Panchakarma è definito dalla sequenza specifica delle tecniche effettuate in un tempo adeguato e non dalle sue singole parti. L'effetto terapeutico finale è infatti determinato proprio dalla successione cronologica delle pratiche. Tutto agisce in questa logica, così come in una formulazione farmaceutica ayurvedica è la sinergia dei componenti a determinarne l'efficacia terapeutica e non gli effetti delle singole erbe che, comunque, conservano la loro peculiarità se usate da sole. Così, anche le singole e specifiche "azioni" possono comunque essere applicate in modo indipendente e con diversa finalità in altri protocolli terapeutici proprio in virtù del loro specifico effetto su particolari disturbi e situazioni patologiche. E' interessante notare come le pratiche singole del Panchakarma trovino radici storiche nelle medicine tradizionali di tutto il mondo e sono in uso da tempi immemorabili. Dal Sud America, all'Egitto, alla Mesopotamia fino ad arrivare alla Grecia attraverso le indicazioni terapeutiche della Scuola Ippocratica. Alcune di queste, ad esempio l'enteroclisma o la purga, si ritrovano tuttora anche se con finalità e modalità diverse, nella medicina moderna; mentre altre magari più ostiche alla nostra mentalità, come l'emesi od il salasso, erano d'uso fino a tutto il 19° e prima metà del 20° secolo. Si rammenti l'uso dell'emesi nel trattamento della melanconia, l'odierna depressione, o del salasso nelle malattie della pelle, indicazioni per queste tecniche non dissimili da quelle che ritroviamo nella medicina ayurvedica.

Sono state eseguite diverse ricerche scientifiche sul Panchakarma e sui suoi effetti benefici sull'organismo umano. Gli effetti riscontrati sono sia di natura fisica che psichica e vanno da una miglioramento dei parametri cardiocircolatori e dei valori di colesterolo nel sangue, alla normalizzazione del peso corporeo, ad una migliore qualità del sonno e ad una diminuzione della sintomatologia ansiosa e miglioramento generalizzato del tono dell'umore. Ma il dato più importante è la drastica riduzione dei livelli di radicali liberi nel sangue e nei tessuti. Riassumendo, le tecniche di cura adottate dalla Medicina Ayurvedica sono svariate e comprendono azioni volte al riequilibrio sia del corpo che della mente e delle loro relazioni con l'ambiente. L'obiettivo finale è sempre teso a ritrovare un giusto equilibrio fra l'espressione dei Dosha dell'individuo e quelli dell'ambiente. In breve possiamo individuare una serie di azioni terapeutiche che vengono effettuate attraverso:

  • corpo: attenta valutazione della nutrizione, utilizzo di piante o minerali con particolare azione farmacologica, trattamenti fisici esterni effettuati con manipolazioni e tecniche particolari utilizzando svariati materiali (olii medicati, polveri di piante ecc.), terapie disintossicanti note genericamente con il termine Panchakarma.
  • sensi: secondo l'Ayurveda, lo squilibrio deriva da un errato uso dei sensi, quindi così come I sensi possono essere veicolo di squilibrio possono essere veicolo anche di riequilibrio. Per cui vengono considerati tutti i trattamenti, quali aromi, musica, consapevolezza dei sapori dei cibi, spazi forme e colori, stimolazioni tattili e di contatto, mirati ad una sollecitazione sensoriale adeguata ad una precisa risposta terapeutica.
  • comportamento: inteso come ciò che ci lega all'ambiente, privo di alcun riferimento morale, e comprendente per esempio i ritmi psicofisici legati agli orari giornalieri, alle modificazioni stagionali ed ai ritmi della natura in generale. E' facile intuire come le variazioni ambientali legate all'ecosistema implichino una variazione dell'espressione dei Dosha che influenzano i Dosha degli esseri viventi.
  • mente: L'Ayurveda pone particolare accento sull'ecologia della mente e dei suoi processi come chiave dell'equilibrio individuale in quanto legata ai meccanismi adattogenici e suggerisce diversi metodi di riequilibrio basati su tecniche di meditazione e yoga.
  • ambiente: L'ambiente è la sorgente degli stimoli sensoriali che possono determinare il nostro equilibrio, e l'Ayurveda ne prevede quindi una analisi accurata attraverso la scienza vedica chiamata Vastu.

L'Ayurveda è quindi in realtà molto di più di una semplice medicina, essa indica piuttosto un indirizzo di vita all'insegna della regolarità ed armonia, espresso nei suoi tre componenti fondamentali ossia: attività, nutrimento e riposo.
Nonostante la complessità dell'Ayurveda sia evidente, la superficialità di un'informazione spesso legata a motivi commerciali ha reso problematica in Italia una seria formazione in Ayurveda che è stata spesso confusa con semplici tecniche di massaggio e non concepita come un reale sistema medico. Ciò ha portato la proliferazione di erronee interpretazioni sulle reali possibilità ed applicabilità dell'Ayurveda per cui molti operatori del settore hanno ritenuto sufficiente l'apprendimento di poche manualità e la maggioranza dei medici, limitandosi alla conoscenza dell'effetto sintomatico di alcune erbe, non ne hanno colto appieno la reale potenzialità terapeutica. La formazione quindi è stata per lungo tempo limitata a brevi e superficiali corsi che hanno ulteriormente contribuito a non dare ragione della realtà culturale dell'argomento. Negli ultimi dieci anni tuttavia grazie all'impegno culturale e didattico di professionisti esperti, al contributo di importanti associazioni professionali quali la "Società Scientifica Italiana di Medicina Ayurvedica" ed il "Comitato Permanente di Consenso per le Medicine Non Convenzionali in Italia" ed alle richieste stesse dei pazienti, si è affermata un'immagine più reale dell'Ayurveda e del suo sistema medico che ha permesso una maggiore legittimazione e visibilità. Questo ha permesso il raggiungimento di importanti traguardi dal punto di vista medico/scientifico culminati con il riconoscimento da parte della FNOMCeO (Terni, 18 maggio 2002) dell'Ayurveda come atto medico. Da allora si sono andate affermandosi realtà didattiche più complesse e complete che propongono un'impostazione della formazione in Ayurveda sul tipo para-universitario o post-universitario. In questo contesto sono da segnalare le aperture collaborative che si sono verificate con le Università, culminate con il corso di Alta Formazione in Sociologia della Salute e Medicine Non Convenzionali dell'Università di Bologna che prevede un insegnamento di 15 ore in Ayurveda, ed con alcune ASL che hanno iniziato ad ospitare ambulatori di medicina ayurvedica.
Le necessità e complessità formative dell'Ayurveda, sia per i medici che per i terapisti, richiedono corsi di formazioni con un monte ore congruo, non inferiore alle 5-600 distribuite nell'arco di 3-4 anni, con adeguato tirocinio e pratica possibilmente in cliniche attrezzate, prevalentemente indiane. La diluizione del monte ore in un periodo di 3-4 anni è necessaria non solo per la complessità dell'argomento e dal conseguente bisogno di adeguata "digestione" e "sedimentazione" delle conoscenze ma anche dal cambiamento di paradigma che viene richiesto ai medici e terapisti per entrare nella logica ayurvedica. I corsi, distinti per medici e terapisti ma tesi a costruire una solida complementarità professionale ed umana fra le due figure, indirizzano verso una diversa maniera di osservare, percepire, ragionare, e quindi di fare diagnosi, prescrivere e somministrare terapie. In Ayurveda i ruoli di medico e quello di terapista sono fortemente complementari, infatti il successo terapeutico è descritto come "chatushpada" e cioè definito da quattro elementi e dalla loro totale collaborazione: il medico (vaidya), le sostanze terapeutiche (dravyani), il terapista (upasthata) ed il paziente (rogi). La singolarità del ruolo del terapista sta nella sua funzione di interprete della prescrizione medica nella sua applicazione pratica ed in quella, delicatissima, di referente del medico per il feedback nei confronti del pazienti, in virtù del contatto continuo ed intimo che stabilisce con questi. Da qui la necessità di una formazione ad indirizzo sanitario dei terapisti dal carattere fortemente professionale e pari in impegno a quella del medico.

Dr. Antonio Morandi
President, Italian Scientific Society of Ayurvedic Medicine
Director, Ayurvedic School of Medicine "Ayurvedic Point"

Carmen Tosto
Director Therapy Course Ayurvedic School of Medicine "Ayurvedic Point"

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