Sezione Medicina

da Leadership Medica n. 272 del 2009

Sommario:

Introduzione

È innegabile che gli ultimi 20-30 anni abbiano fatto registrare progressi notevolissimi nella ricerca biomedica. Tra i traguardi realizzati, al di là del clamore suscitato nel grande pubblico, non si può ignorare quello della migliore comprensione del ruolo dell'ossido nitrico (NO) nella regolazione del tono vasale, che ha portato alla utilizzazione di sostanze attive per via orale, che potenziano l'azione dell’NO e si dimostrano particolarmente efficaci nell'indurre il rilasciamento della muscolatura liscia vasale. Così è nato il Viagra. Non meno importante la introduzione in terapia di farmaci anti-infiammatori e analgesici, privi dei gravi effetti collaterali gastrointestinali e renali dei FANS, per la cura della osteoartrite e dell'artrite reumatoide, patologie che affliggono nel mondo milioni di persone. Progressi importanti sono stati pure realizzati nella comprensione dei meccanismi genetici che determinano la comparsa della malattia di Alzheimer, la forma più comune di demenza, e esistono previsioni ottimistiche circa la possibilità di rallentarne il decorso con farmaci meno sintomatici ma che agiscono invece, sui meccanismi fisiopatologici alla base della malattia. Non meno importanti l'introduzione di specifiche terapie antivirali per il trattamento dell'epatite B e C, e più recentemente, la realizzazione della vaccinazione contro il Papilloma virus, responsabile della maggior parte dei cancri del collo dell'utero, e la disponibilità di un numero continuamente in aumento di anticorpi monoclonali, assai efficaci nel trattamento di patologie osteoarticolari e tumorali. Dal versante della ricerca di base, la dimostrazione che cellule staminali, indifferenziate (primordiali), presenti negli stadi più precoci dello sviluppo di un embrione umano, ma anche in un organismo adulto, possono dare origine a ogni tipo cellulare. Le potenzialità concettuali e applicative di questa scoperta sono enormi, basti pensare, tralasciando le implicazioni bioetiche, alla possibilità di utilizzare le cellule staminali come sorgente di materiale biologico per trapianti di tessuti, sostituzione di cellule, terapia genica, con il vantaggio di eliminare l'uso diretto del tessuto fetale nei trapianti.

Non è questa la sede per enumerare le conquiste passate e presenti della medicina ufficiale (Biomedicina), che ha contribuito non poco, sicuramente con altri fattori, allo straordinario allungamento della vita media e a una migliore qualità della vita, quanto piuttosto per discutere perché, malgrado gli indubbi progressi tecnologici e conoscitivi realizzati, essa goda di una non unanime popolarità tra i pazienti a fronte di una progressiva accettazione e ricerca delle CAM.

Le cause dell'insoddisfazione

Molteplici e non reciprocamente esclusive sono le cause che hanno determinato e attualmente determinano la non completa soddisfazione nei confronti della medicina ufficiale e giustificano almeno parzialmente la progressiva accettazione delle CAM, in particolare della omeopatia.
Un fattore importante è rappresentato dall'evoluzione nel tempo del concetto di salute, non più concepita come semplice assenza di malattia, ma come mantenimento di una condizione di benessere fisico, psichico e sociale, mancanza di stress, corretta alimentazione, più facilmente conseguibili con un approccio "leggero," non gravato dal carico degli effetti collaterali della medicina ufficiale allopatica, e che vedono il paziente in un rapporto meno "medicocentrico," più paritario con chi lo cura. Un ulteriore elemento è ravvisabile nella sempre maggiore tecnologizzazione, parcellizzazione della medicina ufficiale, rivolta soprattutto alla malattia, alla cura dell'organo ammalato, sempre meno a chi soffre, un contrasto stridente con la visione olistica delle CAM (omeopatia).
Il medico di base o meglio il medico di medicina generale (MMG), il principale riferimento di salute per i pazienti, il "filtro" all'accesso dello specialista, ha il compito non facile di trasferire il sapere della conoscenza scientifica nel sapere comune, tenendo conto della personalità, della cultura e dell'ambiente sociale e delle reali possibilità dei pazienti con cui si confronta. Ma il MMG svolge realmente questo ruolo di educatore con un assistito il cui desiderio di informazione cresce con il crescere dell'aspirazione ad essere direttamente coinvolto e responsabilizzato nella gestione della propria salute? Siamo convinti che così non sia. Da ultimo va considerata la "rivoluzione" demografica in atto in tutto il mondo, con il progressivo aumento di una popolazione di anziani (la più farmacocentrica) con il carico notevole di patologie croniche cardiovascolari, osteoarticolari, neuro- degenerative, di depressione. Infine, ma non meno importanti, motivazioni di carattere economico, sia a livello di medici, rese propizie dalla disoccupazione o scarsa occupazione di non pochi laureati, che di farmacisti attratti dalla appetibilità commerciale dei prodotti alternativi.

Medicina alternativa/ complementare

Definizione. Le medicine alternative costituiscono un insieme di dottrine e di prassi diagnostico-terapeutiche che hanno le più diverse origini e che esistono largamente al di fuori delle Istituzioni dove le cure della medicina ufficiale vengono insegnate e fornite. Alcune di esse - come l'Omeopatia o la Medicina Antroposofica - sono nate negli ultimi secoli per opera di pensatori europei, mentre altre- come la Medicina Tradizionale Cinese, la Medicina Tibetana o la Medicina Ayurvedica - traggono origine da dottrine filosofiche dell'Oriente. Questa grande diversità nelle radici culturali delle varie Medicine Alternative rende impossibile riconoscere in esse un elemento comune, anche poiché le diverse prassi diagnostico-terapeutiche fanno riferimento a entità vaghe e fantasiose prive di legami con alcun fenomeno accertabile in modo oggettivo. Al concetto di medicina alternativa, si tende da molti cultori della CAM di sostituire quello di medicina complementare, che consiste nella diagnosi, la terapia e la prevenzione che complementano la medicina ufficiale, rispondendo a un bisogno non soddisfatto o diversificando il quadro concettuale (Definizione della Cochrane collaboration) (vedi anche sopra).

Tabella 1

La tabella 1 riporta le principali categorie di terapie CAM, la tabella 2 la molteplicità delle CAM utilizzate.

Tabella 2

Le caratteristiche comuni delle CAM

La trattazione di ciascuna delle CAM utilizzate è al di sopra degli scopi che l'articolo si prefigge. Appare invece utile sottolineare alcune delle principali differenze tra CAM e medicina ufficiale.
Benché le pratiche delle CAM siano estremamente diversificate, esse possiedono, tuttavia, delle caratteristiche comuni. Un elemento fondamentale è un approccio di carattere filosofico-spirituale alla salute e alla malattia, quasi sempre consonante con la religione o il sistema filosofico dominante della cultura di origine (Medicina cinese-Taoismo; Ayurveda - visione Indu; Medicina Tibetana - meditazione buddista). Un'altra pecularietà è il frequente ricorso al concetto di "forza vitale"(prana, Qi, Ki). Infine, un elemento comune delle CAM è l'olismo, unità che sottolinea la diversità, l'indivisibilità della persona, e l'appropriata interazione con l'ambiente visibile o invisibile.
Queste caratteristiche allontanano le CAM dalla Biomedicina che si riconosce, invece, in una posizione materialistica. Per la Biomedicina, "la materia fisica è la realtà unica e fondamentale, e tutto è il risultato o la manifestazione di essa". Le entità biologiche sono la somma delle loro parti anatomiche. L'indirizzo è quello di chiarire i meccanismi fisiologici e patologici alla base dei processi biologici, in consonanza con le credenze filosofiche dominanti della società in cui si sono sviluppate. La differenza tra CAM e Biomedicina si esprime anche nel diverso modo di accumulo delle conoscenze, le CAM basandosi su forme soggettive di sapere, spesso iniziatiche, refrattarie a forme di verifica pubblica, mentre la Biomedicina si avvale del supporto di sistematici riscontri sperimentali, pubblicamente controllabili e condivisibili.

Procedimento della ricerca scientifica e CAM

L'indagine scientifica procede secondo fasi successive che comportano una osservazione iniziale, che dà origine al problema, la formulazione di una ipotesi (per induzione), la deduzione di conseguenze controllabili, la verificabilità delle conseguenze previste, con la successiva corroborazione o il rigetto (falsificabilità) dell'ipotesi.
Le CAM rifiutano di adeguarsi alle procedure e alle regole della metodologia scientifica, in particolare alla sistematicità e alla oggettività. Esse non perseguono lo scopo fondamentale della scienza, non aspirano a costruire un sapere consensuale fondato sull'evidenza empirica pubblica e sulla discussione razionale, costituiscono asserzioni e pratiche pseudoscientifiche. I fenomeni a cui si rifanno e le procedure adoperate sono incomprensibili sulla base delle leggi fisiche e chimiche, ignorano la relazione dose-effetto. La variabilità dei risultati ottenuti preclude ogni seria indagine scientifica che richiede come premessa la riproducibilità del fenomeno. Le CAM sono prive di una ricerca diretta a trovare le discrepanze tra predizione, diagnosi e prognosi e i risultati clinici. Esse si basano sull'esistenza di fenomeni irrazionali, e sull'assunto che questi fenomeni siano modificabili con metodi irrazionali.

Carenze metodologiche delle CAM

  • Ambiguità del linguaggio. Scarsa intesa concettuale fra gli stessi cultori delle diverse dottrine.
  • Assenza di ogni formulazione teorica rigorosa. La descrizione della malattia permette di includere o escludere con uguale legittimità situazioni diverse.
  • Molti dei concetti usati non sono passibili di alcuna definizione operativa e rappresentano unicamente dei pseudoappoggi verbali. Es. "insorgenza della malattia dovuta a cause fondamentali che risiedono nella parte spirituale del corpo."
  • Affermazioni teoricamente possibili ma non sostenute da alcuna evidenza fattuale. Es. "le malattie croniche si manifestano dapprima in superficie e dalla superficie si spostano all'interno dell'organismo."
  • Raccolta delle osservazioni. Assenza di qualsiasi riferimento a dati quantitativi, non si cerca di rendere riproducibili le osservazioni effettuate. Si passa da affermazioni quantitativamente modeste e limitate a un ambito ristretto a generalizzazioni esageratamente ampie.
  • Impossibilità per le CAM, es. omeopatia, di elaborare una teoria che ne dimostri la fallabilità - Violazione del principio di falsificabilità.
  • Mescolanza incoerente e grottesca di scienza e filosofia. Pretesa teoria scientifica mescolata con filosofia spiritualistica e vitalistica.

Fattori che limitano la ricerca nelle CAM

Assenza di fondi. Riluttanza a fornire fondi per le CAM da parte di molti enti. Scarso (ma aumentante) interesse delle industrie farmaceutiche.

Assenza di capacità di ricerca. I cultori delle CAM non sono solitamente addestrati alla valutazione critica dei dati esistenti o hanno scarse capacità pratiche di ricerca.

Assenza di infrastrutture accademiche. Ancora limitato accesso a librerie, computer, supporti statistici, supervisione, grant universitari.

Limitato numero dei pazienti. Le dimensioni delle liste individuali sono piccole, e la maggior parte dei cultori delle CAM non sono specialisti di una patologia e perciò vedono un numero limitato di pazienti con le stesse condizioni cliniche. Il reclutamento negli studi dei pazienti è limitato nella pratica clinica.

Difficoltà a intraprendere e interpretare rassegne sistematiche. Molti studi di scarsa qualità rendono difficile l'interpretazione dei risultati. Molte pubblicazioni di medicina complementare non appaiono nelle banche dati standard (Medline). Esistono molti tipi di trattamenti all'interno di una unica disciplina complementare (agopuntura manuale, elettrica, laser, auricolare).

Problemi metodologici. Le risposte ai trattamenti sono imprevedibili e individuali e il trattamento usualmente non è standardizzato. La scelta di appropriati controlli per alcune terapie è difficile (agopuntura, manipolazioni); difficile è applicare la cecità (non conoscenza del tratta- mento che viene effettuato) dei pazienti a un determinato trattamento.

Omeopatia

La mancata trattazione delle singole CAM utilizzate non ci esime tuttavia da una più approfondita considerazione di una di esse, la omeopatia, una delle forme più popolari e meglio "studiate" sia in Europa che negli USA.
L'omeopatia non è nient'altro che uno dei tanti "sistemi" medici sviluppatosi in Germania e in Francia negli ultimi decenni del '700 e nella prima metà dell'800, in un periodo di crisi profonda della medicina clinica, dopo che G.B. Morgagni e A. von Haller avevano dato rispettivamente vita alla anatomia patologica e alla fisiologia moderna. Essa fu ideata da un medico sassone che operava a Lipsia, Samuel Hahnemann.

La omeopatia Hahnemanniana si basa su tre principi fondamentali:

  • legge terapeutica dei simili "ogni singolo farmaco è in grado di guarire quei malati la cui sintomatologia è simile o identica ai sintomi provocati dal farmaco stesso nel soggetto sano (similia similibus curantur). Alla propria dottrina basata sul principio dei simili, Hahnemann diede il nome di "omeopatia" e riservò il nome di "allopatia" alla pratica medica, in quel tempo dominante, secondo la quale in una certa malattia dovevano essere usati quei farmaci o quei provvedimenti che avevano effetti contrari ai sintomi della malattia in atto. Come esemplificazione, in presenza di febbre, mentre un medico allopatico prescriveva un antipiretico, un hahnemanniano prescriveva un farmaco che induceva il fenomeno febbrile.
  • Per evitare probabilmente il peggioramento della sintomatologia che i farmaci omeopatici avrebbero comportato, Hahnemann ridusse progressivamente la posologia dei medicamenti fino ad utilizzare dosi estremamente ridotte, introducendo così il principio delle "diluizioni infinitesimali", ottenute dalla progressiva diluizione di una "soluzione madre." Le diluizioni più estreme, ad esempio 2000, potevano giungere a non contenere neanche una molecola della soluzione di origine!
  • Infine, Hahnemann aggiunse un terzo ai due principi precedenti, quello della "dinamizzazione," secondo il quale ad ogni diluizione del medicamento la soluzione doveva essere agitata manualmente, ciò che ne avrebbe accresciuta enormemente l'efficacia terapeutica. I medicamenti diluiti agiscono non materialmente ma "energeticamente e per risonanza con gli organi malati."

Se questi tre principi vengono comunemente ritenuti i fondamenti dell'omeopatia, essa è costituita da numerosi altri concetti strettamente connessi tra loro che ne rappresentano la fisiologia, la patologia, la clinica. Per quanto concerne la fisiologia, Hahnemann ignorava la circolazione del sangue e altre conoscenze fisiologiche già note, e sosteneva che l'organismo umano agisce perché è animato da una "energia vitale immateriale" che lo pervade. Così, per il medico omeopatico, lo stato di salute è quello in cui "la forza vitale domina in modo assoluto e dinamico il corpo materiale", mentre la malattia è una stato in cui questa "forza vitale" è perturbata dall'azione di qualche agente patogeno. Esiste poi una inversione del rapporto causa-effetto tra alterazioni anatomopatologiche e la malattia: i cambiamenti tessutali e l'anatomia patologica sono conseguenze non la causa della malattia; per esempio, nella tubercolosi sono i tubercoli che vengono prima, i bacilli sono una conseguenza. Essi appaiono solo quando la malattia si è già manifestata. Quanto alle malattie realmente esistenti, l'omeopatia rifiuta il sistema di classificazione della medicina ufficiale che si stava allora faticosamente costituendo, e le ridusse a tre tipi: la psora, la sicosi, la lue.
Dei tre tipi, la psora rappresenta la forma morbosa più diffusa e più grave che si manifesta con una eruzione caratteristica, a volte della pelle, ed è la causa fondamentale, vera determinante di quasi tutte le altre forme morbose, dalla nevrastenia alla melanconia, dalla epilessia alla scoliosi, dalla emorragia gastrica alla calcolosi renale, ecc.
La diagnostica omeopatica classica è quindi molto semplice, ma si indirizza a un medico la cui attenzione non è tanto rivolta a identificare la malattia che affigge il paziente, quanto piuttosto a individuare il medicamento che nel sano provoca i disturbi più "simili" a quelli presentati dal malato in studio.

Appare quindi evidente che nell'omeopatia la concezione di malattia è quella della sintomatologia, per cui un certo processo morboso si identifica sostanzialmente con i sintomi che esso dimostra: per l'omeopata la scomparsa del sintomo si identifica con la scomparsa della malattia e quindi con la guarigione. Mentre nella medicina scientifica l'attenzione è soprattutto rivolta alla diagnosi e al riconoscimento dei meccanismi che conducono alla situazione morbosa, e la terapia rappresenta il logico corollario dell'accertamento diagnostico, in omeopatia, dove la causa della malattia è sostanzialmente ignorata e la classificazione estremamente ridotta, la terapia rappresenta il momento fondamentale del procedimento clinico. Ciò che veramente è fondamentale per il medico omeopatico non è la "diagnosi di malattia”, ma la "diagnosi di rimedio".

Altri elementi caratterizzanti sono l'assenza di qualsiasi riferimento a dati quantitativi, così che i fenomeni osservati sono eminentemente soggettivi; la mancanza di documentazioni morfologiche attendibili (radiografie, gastroscopie, TAC, RMN, ecc); l'insufficienza quando non assenza dell'indagine statistica. Queste e altre peculiarità (introduzione nel discorso scientifico di termini e concetti metafisici; uso di ipotesi costruite ad hoc; per il "salvataggio" di ipotesi pericolanti; incapacità di formulare previsioni precise; violazione del principio di falsificabilità elaborato da Karl Popper -possibilità di dimostrare la falsità di una teoria-), rendono abissali le differenze con la medicina ufficiale!

I risultati terapeutici

Nonostante la inconciliabilità tra farmacologia scientifica, che afferma che per ogni farmaco è possibile costruire una relazione dose-effetto, e la farmacologia omeopatica, che si basa sulla possibilità di ottenere un effetto terapeutico a concentrazioni talmente diluite del farmaco da farne divenire le molecole componenti praticamente inesistenti, anche l'omeopatia vanta una serie di "successi terapeutici" in una serie di patologie che vanno da allergie respiratorie a patologie vascolari e della coagulazione, da patologie gastrointestinali lievi ad alterazioni muscoloscheletriche e reumatiche, patologie otorinolaringoiatriche, dermatologiche, ecc.
Le più recenti meta-analisi, indicherebbero che nel loro insieme le ricerche fin qui eseguite depongono a favore di un effetto terapeutico diverso, da quello di un placebo.
Si deve sottolineare, tuttavia, che la forza di questa evidenza è scarsa, per la povera qualità metodologica dei protocolli sperimentali.
Studi di più elevata qualità metodologica sono più frequentemente negativi che non gli studi metodologicamente più deboli.
Inoltre, la difficoltà di raccolta, la eterogeneità del materiale documentario, in maggior parte su pubblicazioni specialistiche, non su riviste ufficialmente riconosciute, reperibili nelle biblioteche mediche, e anche libri e rassegne di autori vari sull'argomento, atti di convegni, ecc. rendono la valutazione non agevole. La sperimentazione clinica controllata come è intesa dalla medicina scientifica - formulazione di una ipotesi clinica e statistica, scelta del campione, controllo dei fattori di variabilità, randomizzazione, doppia cecità - mancata conoscenza del tipo di trattamento da parte sia del paziente che del medico - effetto placebo - non è o è solo scarsamente utilizzata dalla medicina omeopatica, i cui cultori negano che questo tipo di sperimentazione possa essere effettivamente attivata sia per ragioni etico-deontologiche (problema placebo) che, soprattutto, per ragioni metodologiche, poiché si afferma che pazienti con la stessa malattia, ma con diversa reattività neurovegetativa, diverso tipo costituzionale, diversa localizzazione, richiedono prescrizione diverse.

E' proprio sul terreno della accertata validità, secondo i criteri della sperimentazione clinica controllata, che la medicina omeopatica potrà essere sdoganata dalle altre forme di medicina non convenzionale, una condizione, questa, che la medicina ufficiale giudica irrinunciabile.
Si è anche proposto un approccio alternativo, valutare non il farmaco, ma il trattamento omeopatico come tale. In pratica, dopo avere fatto la visita omeopatica, prescrizione del farmaco che si ritiene adatto per ciascun paziente e successiva randomizzazione dei pazienti in due gruppi, dei quali solo uno riceverà la terapia che era stata stabilita, un sistema che permetterebbe di valutare l'efficacia dell'intervento omeopatico in una determinata condizione morbosa, stabilendo quali siano, statisticamente, i farmaci più spesso prescritti e più efficaci.

Un compromesso accettabile

Il riconoscimento che l'omeopatia sembra esercitare in un certo numero di patologie minori (vedi sopra) un effetto non assimilabile a quello di un placebo, potrebbe, da un punto di vista operativo, servire a demarcare una linea di intervento omeopatico strettamente limitato a esse, in attesa che nuove, più rigorose sperimentazioni, condotte secondo i canoni della medicina ufficiale, documentino inequivocabilmente o rigettino la validità terapeutica dell'omeopatia, ne chiariscano il meccanismo di azione, ne definiscano i limiti. Già ora, l'accettazione unanime da parte dei cultori della omeopatia dei limiti terapeutici di questo intervento - una richiesta ragionevole considerando che si tratta di laureati in medicina, che dovrebbero avere chiara la demarcazione fra razionale e ciarlataneria - rappresenterebbe un notevole passo in avanti, e limiterebbero il rischio sempre presente che patologie gravi, potenzialmente mortali, non siano diagnosticate tempestivamente e che i pazienti non siano curati con farmaci di provata efficacia. Ma l'avvio di questo iter esige il passaggio da una situazione che ha visto sinora la passività se non l'acquiescenza degli organismi istituzionali della medicina ufficiale (Ordini dei Medici, Facoltà di medicina, Facoltà di farmacia, Servizio sanitario nazionale) soccombere di fronte alla aggressività, potere di penetrazione capillare, pervasività mediatica della omeopatia, a una fase operativa di confronto pacato, secondo modalità, e con obiettivi previamente concordati.

Proposte operative

Senza la pretesa che siano esaustive, alcune proposte appaiono adatte per favorire un dialogo, gettare un ponte, rendere accettabile la convivenza tra medicina ufficiale e CAM.

Per la medicina ufficiale: affrontare e non ignorare il problema delle CAM e dell'omeopatia nell'ambito degli insegnamenti pre- e post- laurea della Facoltà di Medicina, esercitando in collaborazione con l'Ordine dei Medici un controllo reale e non solo formale, notarile, come è quello attuale sulle Scuole di formazione in CAM e omeopatia, salvaguardando che nelle lezioni venga sempre evidenziato l'inquadramento clinico convenzionale, e sottolineato in modo chiaro e inequivocabile le rispettive possibilità terapeutiche della medicina ufficiale e delle CAM; opporsi alla sanatoria che prevede l'inserimento nel "Registro dei Medici Omeopati" anche di coloro che non posseggono i requisiti minimi richiesti; valorizzare gli insegnamenti di Psicologia, solo da qualche anno introdotti a pieno titolo nell'ordinamento didattico, avendo come obiettivo la formazione di un medico che sappia realizzare una comunicazione adeguata con il proprio paziente, migliorando così il sofferto rapporto medico-paziente della medicina ufficiale; insegnare la demarcazione tra il razionale e la ciarlataneria, e i criteri da osservare per giudicare l'efficacia di un intervento terapeutico; inquadrare il contesto storico-culturale nel quale sono nate l'omeopatia e le altre CAM.

Per l'omeopatia (e le altre CAM): semplificare le diverse varianti terapeutiche (unicismo, pluralismo, complessismo, ecc.), escludendo tassativamente chi non è laureato in medicina-chirurgia, come è del resto imposto per legge; riconoscere gli ambiti e i limiti di intervento terapeutico a patologie caratterizzate da una forte componente psicologica, astenendosi rigorosamente da ogni intervento sulle gravi patologie di organo (infiammatorie, degenerative, neoplastiche), che possono essere affrontate con possibilità di successo unicamente dalla medicina ufficiale. Implementare rigorose sperimentazioni svolte secondo la metodologia della medicina ufficiale. Assicurare una minima qualificazione mediante diplomi di laurea breve o corsi triennali, con due anni propedeutici (fisiologia, psicologia, legge, lavoro pratico di apprendistato) e un terzo anno dedicato a una determinata disciplina, da svolgere in una sede separata.

Nella attuale situazione italiana appare ancora prematura la ufficializzazione sul modello inglese o americano di centri misti, dove i medici di medicina generale possono fare diagnosi, e i pazienti per un numero limitato di patologie, sono poi inviati o si recano essi stessi da un omeopata.

Prof. Eugenio E. Müller
Professor of Pharmacology Department of Pharmacology, Chemotherapy
and Toxicology  Milan State University, Italy

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