da Leadership Medica n. 266 del 2008
ABSTRACT
La dislessia, classificata tra i Disturbi Specifici dell'Apprendimento (DSA), costituisce una tra le più frequenti disabilità in età scolare (tra l'1,5 ed il 4,5%).
Il disturbo della lettura si presenta frequentemente associato a difficoltà di scrittura, di ortografia o di calcolo (discalculia). La diagnosi viene fatta alla fine della seconda elementare, anche se elementi predittivi del disturbo sono già presenti in epoca precedente. I bambini sono "normali" da tutti i punti di vista, se si escludono le abilità accademiche.
Tuttavia frequenti sono i problemi psicologici associati (ADHD, disturbi dell'umore, ecc.) che in parte dipendono dal vissuto negativo di fronte alle frustrazioni scolastiche.
La diagnosi di dislessia si basa su protocolli testali specifici.
La prognosi dipende dalla gravità del disturbo, dal tipo e dalla correttezza dell'intervento riabilitativo.
Nei soggetti più grandi vanno consigliati strumenti di apprendimento compensativi. La dislessia costituisce, negli ultimi anni, uno dei motivi di invio più frequente ai Servizi di Neuropsichiatria Infantile.
Il fatto non deve sorprendere se si considera che la prevalenza del disturbo nella popolazione italiana, è calcolabile tra l'1,5% ed il 4,5%.
I casi di dislessia diagnosticati sono in costante aumento specie in virtù della sensibilizzazione e divulgazione nella scuola ad opera dell'Associazione Italiana Dislessia. La dislessia è classificata dal DSM IV nell'ambito di "Disturbi Specifici dell'Apprendimento (DSA).
Essi comprendono i Disturbi della Lettura, della Scrittura e del Calcolo, che si possono trovare isolati o più frequentemente, associati nello stesso soggetto. Voglio citare a questo proposito una ricerca, recentemente effettuata presso il Servizio per i Disturbi dell'Apprendimento della U.O. e Cattedra di Neuropsichiatria Infantile dell'Università degli Studi di Milano coordinato dal Dott. Enrico Profumo, sulla comorbidità tra dislessia, disortografia e discalculia. Su 980 soggetti giunti al Servizio tra gli anni 2003-2007, 591 rientravano nei criteri diagnostici di DSA stabiliti dalla Consensus Conference (2007) e frequentavano classi dalla III elementare inclusa (52% elementari, 29% media, 17% superiore). Anche nel nostro campione c'era una prevalenza del sesso maschile: 64% contro il 36% di femmine. Nel 30% di casi è stata registrata una comorbidità per dislessia, disortografia e discalculia, mentre l'11% dei soggetti rientravano nei criteri solo della discalculia.
I criteri per distinguere un bambino che genericamente "va male a scuola" da un bambino dislessico sono abbastanza semplici: il bambino dislessico infatti ha un'intelligenza normale e non presenta disturbi psichiatrici o neuropsicologici insorti in età prescolare.
Generalizzando, possiamo dire che il bambino dislessico appare "normale" in tutti gli ambiti, tranne quello scolare, relativo all'apprendimento della letto-scrittura e/o del calcolo.
Purtroppo, vi è ancora da parte degli insegnanti, seppur meno che una volta, la tendenza a considerare l'alunno con DSA come un bambino svogliato, che non vuole impegnarsi o peggio con un problema emozionale o affettivo. In realtà il disturbo ha un'origine neurobiologica, con una forte componente ereditaria e non è dovuto a problemi psicologici o a disagi socio-culturali. Le anomalie comportamentali, spesso associate ai disturbi dell'apprendimento, non sono in realtà la causa delle difficoltà, bensì un effetto in quanto reazione ad una situazione di disagio o di rifiuto del bambino a proposte dalla scuola per lui difficili da affrontare.
La diagnosi
In generale, la valutazione dei bambini in età scolare dovrebbe accertarne l'acquisizione dei sistemi simbolici nell'area del linguaggio orale e scritto della matematica e della comunicazione non verbale, come varie abilità cognitive soprattutto nell'area della memoria, della percezione e delle relazioni spaziali. Anche se l'obbiettivo principale è la valutazione di alcune abilità, come la lettura, è importante estendere l'indagine ad altre diverse aree dell'apprendimento e del comportamento per definire la gravità del problema e predisporre un adeguato piano d'intervento. Per esempio molti problemi di scrittura possono essere dovuti a disturbi del linguaggio che possono interferire con la scrittura e la matematica e ciò rende necessaria un'indagine estesa a tutte le aree dell'apprendimento.
La complessità del fenomeno dislessia è data anche dal suo polimorfismo che rende difficile descrivere un quadro clinico unico. Spesso i problemi si manifestano già in prima elementare, ma in altri casi si evidenziano negli anni successivi. La diagnosi precoce rappresenta un obbiettivo molto importante, sia per un’eventuale presa in carico riabilitativa, che per l'impostazione del programma scolastico. Però una vera diagnosi di dislessia si può formulare solo a partire dal secondo ciclo della scuola elementare, quando cioè i bambini passano dallo stadio definito "alfabetico", che comporta la conoscenza delle corrispondenze grafeniche e fonologiche necessarie alla lettura e alla scrittura, ad uno studio definito "ortografico" in cui tali abilità vengono automatizzate e la lettura e la scrittura procedono per raggruppamenti più consistenti ( morfemi, gruppi consonantici, ecc.) e attraverso regole più complesse (apprezzamento degli omofoni non omografi e viceversa, ecc).
È opportuno quindi non diagnosticare troppo precocemente come dislessici bambini con difficoltà che, una volta appreso il sistema di letto-scrittura, anche se in ritardo, non presentano successivamente le difficoltà specifiche dei dislessici. Ci sono alcuni indicatori di una possibile comparsa del disturbo, come la presenza di difficoltà/ritardo del linguaggio in prima e seconda infanzia che magari si sono risolte spontaneamente nel corso dello sviluppo. Le difficoltà di lettura è raramente un problema isolato: più spesso il bambino commette gravi errori ortografici di scrittura, sbaglia nella scrittura e nella lettura dei numeri o nell' esecuzione di calcoli mentali e scritti e a volte scrive in modo incomprensibile. Oltreché di dislessia si può parlare in questi casi di disortografia, discalculia e disgrafia. La gravità del disturbo è variabile: in genere questo viene considerato tanto maggiore quanto maggiore è la differenza tra prestazioni cognitive non verbali e capacità di lettura.
Convenzionalmente viene considerata significativa la difficoltà di lettura quando la capacità di decodifica corrisponde a quella di un lettore con due anni in meno di scolarizzazione.
Un altro criterio utilizzato per definire le difficoltà di lettura è quello che definisce nella 2° deviazione standard inferiore alla media attesa per l'età il parametro oltre il quale la lettura viene considerata carente.
Prima di far diagnosi di dislessia, occorre effettuare:
- Un'approfondita storia del caso clinico.
Nei bambini e negli adolescenti con DSA è opportuno raccogliere la storia della salute e il contesto socio-familiare ed educativo in cui è cresciuto. Non sempre le cause di un disturbo dell'apprendimento sono chiare, anche se possono essere implicati diversi fattori prenatali, postnatali o genetici. Vanno in particolare considerate le condizioni della madre in gravidanza (infezioni, abuso di alcool, ecc.) e significativi eventi postnatali, come febbri, convulsioni, ecc. Va altresì indagata la presenza di un DSA nei familiari, considerato il peso genetico del disturbo. Altre aree da valutare sono lo stato socio-economico, il linguaggio e il livello di scolarizzazione, come il livello di aspettative nel contesto socio-familiare. Talora sembra che bambini normali possano avere difficoltà scolastiche in rapporto al livello elevato di prestazioni dei compagni di classe e viceversa. Qualche volta i genitori riferiscono ritardi in varie aree dello sviluppo, mentre altri si meravigliano delle difficoltà emerse nelle elementari, considerata la mancanza di segni premonitori. Vanno indagate anche la qualità e la tipologia dell'insegnamento, come le abilità sociali e altri aspetti della vita del bambino. Molto importante è differenziare i soggetti che "imparano lentamente", da quelli con ritardo cognitivo o con DSA. In quest'ultima categoria ci sono soggetti con abilità distribuite a macchia di leopardo. Un'altra area da valutare è quella relativa agli aspetti emozionali e alle strategie di coping, considerato che i diversi alunni hanno una diversa tolleranza alle frustrazioni dovute all'insuccesso scolastico. La relazione tra DSA e disturbi affettivi è piuttosto complessa, considerato che il disturbo non sempre determina un problema emozionale e che, d'altra parte, l'incidenza di disturbi dell'umore è maggiore tra i DSA. Ancora, problemi medici possono aver interferito con una costante frequenza scolastica, come pure vanno considerate tutte le indagini (neurologiche, audiometriche, psicologiche, ecc.) cui il bambino è stato in precedenza sottoposto - Un accurato esame somatico obbiettivo, specie per rilevare un'eventuale disfunzione degli apparati visivo ed uditivo ed un esame neurologico.
- Un' indagine psicodiagnostica che si articola in:
- valutazione dell'intelligenza generale con l'uso di almeno un test psicometrico, come la WISC (Wechsler Infant Scale for Children);
- valutazione dell'abilità di lettura e scrittura (MT prove di lettura di Cornoldi e Colpo (1981), batteria per la valutazione della dislessia e della disortografia di Sartori, Job e Tressoldi (1995)
- valutazione delle competenze in matematica (test ABCA valutazione delle abilità di calcolo aritmetico di (Lucangeli, Tressoldi e Fiore, ecc.)
- valutazione delle competenze percettive visuo-spaziali, della memoria, dell'attenzione, ecc. con batterie specifiche;
- valutazione dell'organizzazione emotivo-relazionale con colloquio psicologico, scale auto ed etero-somministrate, test proiettivi, ecc.;
- visita oculistica e otorinolaringoiatrica.
Evoluzione e prognosi
L'evoluzione è condizionata dalla gravità del DSA, dalla tempestività e adeguatezza degli interventi, dal livello cognitivo, metacognitivo e dalla presenza di comorbidità psichiatrica.
Un'evoluzione più favorevole si ha quando il quoziente di lettura (rapporto tra età di lettura ed età cronologica) è superiore a 75, lo scarto tra età cronologica ed età di lettura è inferiore a due anni, la diagnosi è stata effettuata alla fine della II elementare, l'intervento riabilitativo è stato precoce, il livello cognitivo è superiore alla media e non coesistono altri disturbi psichiatrici.
Il risultato è che, soprattutto quando coesistono difficoltà di lettura e di calcolo, il percorso scolastico per il bambino con DSA comporta grandi difficoltà e sofferenza psicologica.
Ciò può determinare in non pochi casi reazioni psicologiche negative, come somatizzazioni (nausea, vomito, ecc.) oppure disturbi del comportamento con aggressività, oppure ritiro.
In generale il disturbo è di solito ben tollerato dagli insegnanti in scuola elementare, mentre difficoltà più importanti con ripetute bocciature si evidenziano nella scuola media inferiore. Ciò sembra confermare l'importanza di una certa sincronia che l'evoluzione naturale del disturbo deve avere con le tappe della scolarizzazione. In altri termini, mentre alla scuola elementare possono essere tollerati dei ritardi nel processo di acquisizione della decodifica, questi non possono essere più accettati nella scuola media.
I problemi più rilevanti rispetto alla lettura, sono la lentezza e gli errori; si è anche osservato che, nel corso della scuola dell'obbligo, la rapidità migliora con più lentezza rispetto alla accuratezza. Comunque, nel valutare i progressi scolastici del singolo bambino, bisogna tenere conto delle difficoltà di partenza e del lungo tempo prevedibile per ottenere dei risultati.
La storia naturale della malattia è caratterizzata da un percorso lungo e difficile in cui sovente si alternano fasi di miglioramento a periodi di stasi o addirittura di regressione. Comunque, se il percorso scolastico e riabilitativo sono adeguatamente supportati in famiglia e in classe, ci sono ottime possibilità che il bambino possa accedere alla scuola media superiore e all'università.
Il problema della comorbidità
In diversi casi si osserva associato al DSA un disturbo psicopatologico. In alcuni soggetti tale disturbo si può considerare la conseguenza dell'insuccesso scolastico legato ai problemi di apprendimento e tende a ridursi parallelamente al miglioramento delle difficoltà scolastiche. In altri casi DSA e problemi psicopatologici sembrano avere un decorso indipendente.
Sul piano comportamentale l’assetto psicopatologico si può declinare sinteticamente in due forme, di oppositività (esternalizzante) o di chiusura depressiva (internalizzante). Tra i primi va ricordato, per la frequente associazione al DSA, il Disturbo da Deficit di Attenzione con Iperattività (ADHD) ed in minor grado il Disturbo Oppositivo Provocatorio o quello della Condotta. I secondi comprendono i disturbi d' ansia, quelli somatoformi, oppure i disturbi dell'umore.
Interventi riabilitativi
Premesso che attualmente, non esistono prove scientifiche documentate sull'efficacia dei diversi trattamenti riabilitativi logopedici occorre sottolineare che l'intervento può essere diretto al recupero delle abilità di letto-scrittura, oppure nei casi più gravi e nei bambini più grandi, l'utilizzo di strumenti vicarianti la scrittura manuale (es. programmi di scrittura al computer).
Il punto fondamentale è una valutazione neuropsicologica accurata per definire la gravità e la qualità del disturbo.
Nei primi anni di scuola elementare (primo ciclo, terza ed eventualmente quarta elementare) è opportuno intervenire con uno specifico aiuto riabilitativo, indipendentemente dal livello di compromissione. Il che potrebbe avere esiti positivi e migliorare l'accuratezza della scrittura e la correttezza e velocità di lettura. Negli ultimi anni delle elementari e alle medie conviene invece utilizzare strumenti vicarianti. Usare un programma di scrittura ed il correttore ortografico non solo permette di produrre testi migliori ma, nel lungo periodo, migliora anche le abilità dello scrivente. Oltre a questi strumenti è possibile utilizzare programmi di sintesi vocale che rendono il computer un "lettore" di testi prodotti o immessi. Infatti i bambini dislessici riescono a correggere gran parte degli errori fonologici se possono sentire attraverso la sintesi vocale quale parola hanno prodotto.
Comunque è indispensabile differenziare gli aspetti esecutivi della letto-scrittura dai suoi usi: l'obbiettivo che l'insegnamento deve perseguire non è saper leggere o scrivere, quanto piuttosto usare questi strumenti per l'apprendimento.
I bambini devono trovare soprattutto una modalità di apprendimento che prescinde dalla necessità di leggere tutto da soli. È qui che deve entrare la capacità e l'esperienza dell'insegnante, in grado di individuare modalità sostitutive e di acquisizione dei contenuti (uso di audiovisivi, del registratore, della sintesi di parole-chiave, ecc.) e di accompagnare il bambino dislessico fino agli stadi più evoluti della scolarizzazione.
Prof. Carlo Lenti
Cattedra di Neuropsichiatria Infantile,
A.O. S. Paolo Università degli Studi di Milano