Sezione Medicina

da Leadership Medica n. 10 del 2007

Abstract

In Italia vi sono oggi circa 1 milione e mezzo di persone che vivono con il cancro, di queste circa la metà si possono ritenere guarite ma in pochi anni si prevede che questo numero raggiungerà i 2 milioni di persone. La sopravvivenza dopo una diagnosi di tumore varia molto a seconda del tumore in questione; mentre per alcune patologie tumorali le possibilità di guarigione sono aumentate notevolmente negli ultimi decenni, in altri tumori queste percentuali sono rimaste significativamente basse. Pertanto specialmente in quest’ultimo gruppo di pazienti resta molto da fare per escogitare terapie più efficaci. La maniera migliore per arrivare ad incrementare le percentuali di sopravvivenza, oltre ad una diagnosi sempre più veloce con indagini diagnostiche sempre più sofisticate, è anche quello di migliorare i processi terapeutici anche soprattutto attraverso la scoperta di nuovi farmaci più efficaci di quelli che abbiamo a disposizione.
Questo attraverso gli studi di fase 1, 2, e 3. In questa revue si valuteranno in particolare le modalità degli studi di fase 1, 2 e 3 e di come i pazienti e i medici possono informarsi sugli studi clinici attualmente condotti in Italia.

Articolo

In Italia vi sono oggi circa 1 milione e mezzo di persone che vivono con il cancro, e di queste circa la metà si possono ritenere guarite, cioè avere la stessa probabilità di sopravvivenza della popolazione che non ha avuto un tumore. Ogni giorno lavorativo in Italia si diagnosticano circa 1000 nuovi casi di tumore e questi si aggiungono al già ingente numero di persone che vivono con il cancro.
In pochi anni si prevede che questo numero raggiungerà velocemente i 2 milioni di persone, grazie da una parte alla migliore sopravvivenza dei pazienti e dall’altra al numero più elevato di diagnosi di tumore che verranno fatte, sia per l’invecchiamento della popolazione che per una più precoce diagnosi delle neoplasie. Complessivamente la sopravvivenza dopo una diagnosi di tumore varia molta a seconda del tumore in questione, e mentre in alcune patologie tumorali le percentuali di guarigione sono aumentate notevolmente negli ultimi decenni (per esempio linfomi, tumori del testicolo), in altri tumori queste percentuali sono rimaste significativamente basse e non sono aumentate significativamente (per esempio tumori del polmone, tumori metastatici, la maggior parte dei tumori solidi). Pertanto, e specialmente in quest’ultimo gruppo di pazienti, resta molto da fare per escogitare terapie più efficaci, specialmente con la chemioterapia e le terapie biologiche, cercando nuovi bersagli nelle cellule tumorali sui quali inventare nuove molecole che abbiano un’attività terapeutica. La maniera migliore per arrivare a incrementare le percentuali di sopravvivenza, oltre ad una diagnosi sempre più precoce con indagini diagnostiche più sofisticate, è quello di migliorare i processi terapeutici anche e soprattutto attraverso la scoperta di nuovi farmaci più efficaci di quelli che abbiamo a disposizione.
Il metodo migliore per raggiungere questi risultati sono gli studi clinici controllati.
Gli studi di fase 1 rappresentano il primo passo nella sperimentazione del nuovo farmaco nell’uomo. In questi studi, i ricercatori lavorano per individuare il profilo di sicurezza e la migliore modalità di somministrazione del nuovo farmaco. In particolare si studia la dose più appropriata, in rapporto alla tossicità. Gli studi di fase 2 puntano a stabilire se il nuovo farmaco è attivo sul tumore (ad esempio se ne riduce le dimensioni) e a quali dosaggi. Nello stesso tempo si continuano a studiare gli effetti collaterali. Vi sono vari tipi di studi di fase 2, anche molto diversi: si va da sperimentazioni su farmaci appena usciti dalla fase 1, di cui si sa ancora relativamente poco e si prova ad identificare il dosaggio migliore, a studi su farmaci ben conosciuti, di cui si vuole soprattutto valutare l’attività in una specifica neoplasia o in uno specifico gruppo di pazienti.
Gli studi della fase 3 puntano a verificare l’efficacia del nuovo farmaco. Infatti l’attività sul tumore, valutata in fase 2, non garantisce che il farmaco sia anche efficace, ossia effettivamente utile al paziente, in termini di cura, sopravvivenza e/o qualità di vita. In generale, gli studi di fase 3 mettono a confronto due ( o più) trattamenti, l’uno sperimentale e l’altro convenzionale, che sono somministrati ciascuno ad un gruppo di pazienti. Alla fine di un follow-up adeguato, il confronto tra i pazienti che hanno ricevuto il nuovo farmaco e quelli che hanno ricevuto il farmaco convenzionale consente di verificare oggettivamente l’efficacia del nuovo trattamento, esprimendola in termini di prolungamento della sopravvivenza dei pazienti e miglioramento della loro qualità della vita.
Nella maggior parte dei casi, i nuovi farmaci passano alla fase 3 soltanto dopo che nelle fasi 1 e 2 siano state documentate la dose e la modalità di somministrazione più appropriate, la tossicità e l’attività antitumorale. Agli studi di fase 3 possono partecipare anche centinaia o perfino migliaia di pazienti, che sono arruolati da vari istituti di ricerca a livello nazionale o internazionale.
Questo metodo consente di distribuire in maniera casuale i pazienti tra il braccio di studio e il braccio di controllo, che riceverà il trattamento convenzionale. Gli studi che seguono questo metodo di distribuzione dei pazienti si definiscono randomizzati. La randomizzazione ha lo scopo di evitare che i risultati dello studio siano condizionati da scelte operate dall’uomo o da altri fattori interferenti. Solo evitando una selezione programmata dei pazienti si potrà essere sicuri di confrontare gruppi di pazienti in cui l’unica variabile sia costituita dal diverso trattamento. In alcuni studi clinici randomizzati ai pazienti, e in alcuni casi anche ai medici, non si rivela se il farmaco somministrato è convenzionale o in sperimentazione.
Ciò avviene soprattutto quando gli effetti del trattamento potrebbero comportare un notevole grado di soggettività e la conoscenza del trattamento da parte dei pazienti  e/o dei medici potrebbe influire sulla loro valutazione. Si parla in tali casi di studi  ‘in cieco’ se è solo il paziente a non sapere se riceve il farmaco convenzionale o il nuovo farmaco, e di studi ‘in doppio cieco’ se nemmeno il medico lo sa. Se il paziente dà il proprio consenso a partecipare ad uno studio clinico, medici e infermieri lo sottoporranno ad una rigorosa osservazione per l’intera durata della ricerca allo scopo sia di controllare la risposta ai trattamenti sia gli eventuali effetti collaterali che questi possono causare.
Se i responsabili dello studio verificano che il trattamento comporta la comparsa d’effetti collaterali negativi, il paziente sarà immediatamente escluso dallo studio, e gli sarà proposto un altro trattamento.
Il paziente ha il diritto di abbandonare lo studio in qualunque momento. Uno dei diritti fondamentali è quello riguardante il consenso informato, riconosciuto dalle leggi dello Stato. Il consenso informato prevede che i medici e gli operatori sanitari possono curare una persona solo se questa è d’accordo: il malato deve, cioè, poter decidere se vuole essere sottoposto ad un determinato trattamento e, nel caso specifico, se vuole aderire ad uno studio clinico ed ha il diritto/dovere di conoscere tutte le informazioni disponibili, ivi compresi i potenziali benefici e rischi. Le informazioni più importanti saranno riportate in un apposito modulo, che il paziente dovrà firmare se accetta di partecipare allo studio.
Negli studi clinici, il consenso informato prosegue per tutta la durata dello studio. Ad esempio, il paziente sarà informato di qualunque nuova conoscenza dovesse emergere dallo studio, e in caso di eventuali nuovi rischi, gli potrà essere richiesto di firmare un nuovo modulo se accetta di continuarlo.
Firmare il modulo con il quale il paziente acconsente a partecipare allo studio non significa che è obbligato a portarlo a termine. Egli potrà abbandonare lo studio in qualunque momento e avrà l’opportunità di esaminare altre opzioni terapeutiche.
La ragione per la quale i potenziali farmaci non diventano farmaci sono soprattutto legati alla tossicità troppo elevata che si determina quando si passa alla sperimentazione sugli animali e poi sull’uomo. Vanno poi sfatati alcuni falsi miti e cioè che i pazienti che partecipano agli studi clinici sono delle cavie, in altre parole sono sostanzialmente oggetti per la sperimentazione, mentre in realtà con la partecipazione agli studi clinici essi ricevono trattamenti migliori e più controllati rispetto agli altri pazienti che non partecipano agli studi clinici.
Come si accede alle informazioni sugli studi clinici?
Nonostante i numerosi dibattiti, che hanno visto protagonisti anche i pazienti e le loro associazioni, e i significativi risultati raggiunti per quanto riguarda la trasparenza, la partecipazione alla progettazione e all’organizzazione degli studi clinici, purtroppo sussistono ancora complessi e rilevanti problemi in merito all’accesso alle informazioni, soprattutto per gli studi di fase 1, che riguardano malati per i quali non esistono terapie utili per la loro quasi irreversibile fase di malattia.
In Italia, secondo le leggi in vigore, tutte le sperimentazioni cliniche dei medicinali sono obbligatoriamente inserite nell’Osservatorio Nazionale sulle Sperimentazioni Cliniche dei medicinali (OsSC) coordinato dall’Agenzia Italiana del Farmaco – Ministero della Salute. L’Osservatorio, dall’1 dicembre 2005, è in grado di offrire al pubblico una selezione standard, ma significativa, di informazioni sugli studi clinici di fase 2 e 3, così come sono immesse a cura e sotto la responsabilità dei promotori, dei loro delegati e dei comitati etici coinvolti.
Tali informazioni sono disponibili sul sito dell’Osservatorio: con alcuni clic si potrà visualizzare una serie di dati sugli studi clinici attualmente condotti in Italia, e sarà possibile sapere se lo studio è ancora in fase d’arruolamento oppure in una fase successiva (dicitura ‘Aperto’ o ‘Chiuso’).

Questo è il percorso consigliato da seguire:

  1. accedere al sito http://oss-sper-clin.agenziafarmaco.it/
  2. fare clic con il mouse su Dati
  3. quindi scegliere Ricerca Sperimentazioni Cliniche (la registrazione è facoltativa)
  4. nel caso non ci si voglia registrare, scegliere di nuovo Ricerca Sperimentazioni Cliniche
  5. effettuare la ricerca scegliendo tra Ricerca Guidata per Σ

Area terapeutica/ patologica, Area geografica e Ricerca Libera

Per ciascuno studio o protocollo sono disponibili le seguenti informazioni:

  • codice EudraCT
  • codice del protocollo
  • titolo del protocollo
  • data di registrazione
  • sponsor
  • stato dello studio (“Aperto” o “Chiuso”)
  • area terapeutica (es. oncologia o ginecologia)
  • indicazione coordinatore e i vari centri partecipanti

Grazie alla collaborazione con l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), AIMaC (Associazione Italiana Malati di Cancro) potrà acquisire ogni ulteriore informazione utile ad una migliore comprensione dei dati riportati nell’Osservatorio, che fornirà agli utenti della propria helpline (numero verde 840 503579; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.).
I progressi che si verificano in oncologia ed in particolare il continuo aumento di numero di guariti o di malati la cui sopravvivenza è prolungata deriva proprio dall’impatto che hanno avuto gli studi clinici nella gestione del paziente oncologico. Per fare alcuni esempi: nel tumore della mammella gli studi clinici hanno dimostrato che gli interventi chirurgici limitati alla rimozione del nodulo tumorale, cioè la cosiddetta quadrantectomia seguita dalla radioterapia, garantiscono la stessa sopravvivenza di quella offerta dagli interventi molto più demolitivi ed invalidanti attuati nel passato, cioè la mastectomia, e che hanno portato ad una migliore qualità di vita nel paziente. Sempre nei tumori della mammella la chemioterapia dopo la chirurgia nelle pazienti con i linfonodi ascellari positivi ha dimostrato di migliorare la loro sopravvivenza rispetto a coloro che facevano solo chirurgia. Questi due studi nel tumore della mammella prevengono da sperimentazioni condotte all’Istituto dei Tumori di Milano, in particolare da Umberto Veronesi e Gianni Buonadonna rispettivamente e dei loro collaboratori, che hanno avuto un impatto molto significativo a livello mondiale a tal punto che milioni di pazienti hanno beneficiato di questi risultati provenienti dai loro studi clinici. La diffusione dell’informazione sugli studi clinici per i malati di cancro non può prescindere dalla “santa alleanza” che si è stabilita tra gli oncologi medici e le associazioni dei pazienti oncologici in particolare in Italia la F.A.V.O. (Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) che è l’associazione dei malati oncologici che è presieduta dal Prof. Francesco De Lorenzo e che è basilare per la diffusione di tutte le informazioni che si possono dare ai pazienti da parte degli oncologi medici.
Un convegno internazionale “ Studi clinici di nuove terapie contro il cancro: una guida per i pazienti” che è stato organizzato nell’ambito di un progetto congiunto tra l’Istituto Superiore di Sanità e AIMaC (associazione italiana malati oncologici) si è tenuto a Roma il 20 aprile 2007 con l’obiettivo di dare le informazioni sulle sperimentazioni cliniche a tutti i pazienti oncologici. Al convegno hanno partecipato, tra gli altri, i rappresentanti delle maggiori istituzioni impegnate nello studio e nella terapia dei tumori quali Agenzia Italiana del  Farmaco (AIFA), European Medicines Agency (EMEA), National Insitutes of Health (NIH) del governo degli Sati Uniti d’America e Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che sono stati coautori di un libretto che è stato messo a punto dall’AIMaC dal titolo Gli studi clinici sul cancro: informazione per il paziente che è ottenibile facilmente presso www.aimac.it.
Gli studi clinici in oncologia sono importanti perché consentono di trasferire rapidamente alla pratica clinica le acquisizioni che sono ottenute dalla ricerca biomedica, prima in laboratorio poi sugli animali. Deve essere chiaro che tutto questo può avvenire soltanto dopo che i comitati etici hanno approvato il singolo studio clinico nella singola patologia e che il consenso informato sia ottenuto dal paziente.
Per fare un esempio, i pazienti con linfoma, che vengono diagnosticati ogni anno nel numero di 16.000 nuovi casi, sono introdotti in circa il 10% dei casi, cioè 1.600, in studi clinici controllati prospettici, spesso rondomizzati, nell’ambito dell’Intergruppo Italiano Linfomi, che è il gruppo cooperativo che in Italia raggruppa diversi gruppi di studio nella terapia dei linfomi. Approssimativamente si può pensare che per quanto riguarda i tumori della mammella o i tumori gastrointestinali, un numero inferiore di pazienti partecipa a studi clinici controllati.

Ovviamente coloro che non sono introdotti in studi clinici controllati saranno trattati con i trattamenti convenzionali migliori.
In particolare i pazienti anziani, cioè coloro che hanno oltre 70 anni d’età, e che costituiscono circa la metà dei pazienti oncologici, sono raramente trattati al meglio delle nostre conoscenze in oncologia. Non solo i pazienti oncologici anziani vengono raramente introdotti in studi clinici, ma i trattamenti convenzionali sono poco definiti e comunque molti pazienti rischiano di essere o sottotrattati o sovrattrattati. Pertanto nell’ambito dell’oncologia geriatrica esiste un notevole margine di miglioramento per quanto riguarda sia i trattamenti convenzionali che i trattamenti clinici sperimentali.
Per esempio per quanto riguarda i linfomi non Hodgkin diffusi a grandi cellule, presso il gruppo cooperativo GOL nell’ambito di una collaborazione tra l’Istituto Nazionale dei Tumori di Aviano e l’Istituto Humanitas di Milano, 100 pazienti consecutivi con età superiore ai 70 anni sono stati trattati in accordo a un protocollo prospettico che indicava un trattamento sulla base della valutazione geriatrica multidimensionale.
Tutti i pazienti venivano trattati a seconda che si trattavano di pazienti fit, unfit, o frail con una chemioterapia adatta alle loro condizioni generali. In questa maniera in 100 pazienti con linfomi non Hodgkin diffusi a grandi cellule, spesso con malattia avanzata, si sono ottenuti risultati eccellenti comparabili ai pazienti adulti con una percentuale di remissione completa, di sopravvivenza e di guarigione simili ai pazienti adulti trattati con trattamenti convenzionali in atto e disponibili e con tossicità del tutto accettabile. Questo è un esempio per dimostrare quanto spazio vi sia nei trattamenti convenzionali sia negli studi clinici controllati dei pazienti oncologici anziani, oltre che nei linfomi anche in tutte le altre patologie che colpiscono frequentemente questa categoria di pazienti che come detto sopra costituiscono una percentuale di circa il 50% di tutti i pazienti oncologici.
Ma in che modo si svolge l’attività di ricerca e in che modo i pazienti sono protetti? Ogni studio clinico prevede un protocollo che spiega le modalità di svolgimento dello studio nei minimi dettagli, i motivi per i quali si è deciso di condurre la ricerca, gli obiettivi della sperimentazione e i criteri con cui saranno valutati i risultati, il numero di pazienti che saranno arruolati e descrive soprattutto il piano terapeutico. Tutti i medici che partecipano allo studio devono attenersi al protocollo, anche se considerazioni cliniche relative al singolo caso possono, in qualunque momento, giustificare una deviazione del protocollo, se necessario, fino alla sospensione del trattamento, ossia all’esclusione del paziente dallo studio.
Per garantire la sicurezza dei pazienti, il protocollo d’ogni studio clinico deve essere approvato dal Comitato Scientifico e dal Comitato Etico del centro in cui è effettuata la sperimentazione.
Il primo deve esprimere una valutazione scientifica, metodologica e clinica, che tende a verificare l’appropriatezza scientifica della sperimentazione; il secondo, invece, deve esprimere una valutazione etica, che tende a verificare come l’interesse del singolo paziente sia tutelato. In realtà i due ordini di valutazioni s’intersecano, in quanto, ad esempio, uno studio non appropriato scientificamente non sarebbe neppure etico. Il Comitato Etico è composto da clinici, ma anche da ‘laici’, che includono rappresentanti dei pazienti, esperti di etica e di diritto, religiosi, così come da farmacologi, statistici ed altre figure professionali. Il comitato valuta con molta cura ogni aspetto del protocollo, anche allo scopo di accertare che l’attività di ricerca non esponga i pazienti a rischi non accettabili.
I criteri di eleggibilità enunciano le caratteristiche che devono avere i pazienti per poter essere ammessi allo studio. I criteri di eleggibilità sono descritti nel protocollo e variano in funzione della finalità dello studio. Normalmente comprendono età, sesso, tipo e stadio della malattia, trattamenti precedenti consentiti, altre malattie concomitanti ammesse.
L’applicazione dei criteri di eleggibilità è un principio importante per la ricerca medica, che contribuisce a garantire l’affidabilità dei risultati. I criteri di eleggibilità assicurano, fra l’altro, la sicurezza dei pazienti, in modo da non esporre a rischio individui su cui i trattamenti oggetto dello studio potrebbero avere effetti negativi (ad esempio, un nuovo trattamento può dare buoni risultati per un certo tipo di tumore, ma non per un altro, oppure potrebbe essere più efficace negli uomini che nelle donne, ecc.).

Professor Umberto Tirelli
Dipartimento di Oncologia Medica

Bibliografia

1. AiMaC 2007 Gli studi clinici sul cancro: informazioni per il malato.
2. Bonadonna, G. Robustelli Della Cuna, P. Valagussa: Medicina Oncologica. VIII ed., Elsevier Masson S.r.l. Milano, 2007.