Sezione Cultura

da Leadership Medica n. 10 del 2003

La musica è, da sempre, una diretta testimone dei cambiamenti storici, di costume e culturali; quindi analizzare le evoluzioni, i capovolgimenti politici, le tradizioni attraverso il pianeta musica è un modo alternativo ma valido per il nostro itinerario che parte dal 1915 fino al 1950.

Una carrellata di avvenimenti scanditi dai vari generi musicali, utilizzando il materiale sonoro come specchio del cambiamento delle condizioni sociali. Inoltre non possiamo dimenticare che l’aspetto musicale ha disegnato l’evoluzione dei costumi e del pensiero. Il fenomeno della musica ha avuto la peculiarità di scandire i cambiamenti del sociale denunciando in modo disincantato le violenze, i soprusi e tutte le situazioni negative che si venivano a creare nel cammino del mondo.
Non dimentichiamo, inoltre, che la musica è rimasta, nel pensiero dei politici, come un pericolo costante, poiché nella sua forma astratta può riuscire a destabilizzare anche un granitico impero e tutto ciò che dimostrato ampliamente dalla storia stessa. Il fenomeno lo si può dividere in due parti:
1) La musica come fautrice di un’influenza sulla storia
2) La storia come fautrice di un’influenza sulla musica.
In effetti si tratta di una sinergia ricca di spunti e “input” che hanno offerto all’uomo la possibilità di esplicarsi notevolmente e di affrancarsi dall’inciviltà, per cui questa alleanza ha dato importanti frutti che ancor danno all’uomo l’opportunità di crescere e di chiarire con se stesso il traguardo della propria esistenza.

Iniziamo questo viaggio nella storia del nostro secolo, con il mondo e l’atmosfera del “cafè chantant” (figura a lato). Spettacolo entrato nel mito essendo il testimone diretto del cambiamento della società.
Nei primi del Novecento il “cafè chantant” conobbe il suo più grande successo, fondendosi, poi, con il varietà, aumentando così il numero delle attrazioni e affinando la qualità. Il successo del “cafè chantant” aveva coinvolto tutti. Anche la famiglia era ritornata nelle grazie dei gestori, in quanto i padroni di questi “luoghi di perdizione” avevano capito che rimaneva fuori dai loro guadagni una grande fetta di potenziali spettatori.
Per loro fu inserito uno spettacolo pomeridiano, dove le “soubrettes” non mettevano in mostra le gambe. Tutto ciò dimostrava la rabbia e il disperato tentativo di divertirsi ad ogni costo dopo i drammi sconvolgenti della guerra.
Comunque qualcosa si stava movendo, dato che nei primi anni del nostro secolo Firenze era stata protagonista della cultura con la presenza di numerose riviste quali il “Marzocco” – “Leonardo” – “Hermes” – “Il regno” – “La voce”, con autori di rilievo come Prezzolini e Papini che dominavano in assoluto.
Siamo, quindi, di fronte ad una sotterranea ma tenace rabbia di ricostruire un tessuto culturale che si riflette nell’ambiente musicale.
Ancora una volta la musica diventa il punto di riferimento nelle discussioni intellettuali e nei libri di storia, questo momento, viene definito dalla critica come la “Generazione dell’Ottanta” la quale aveva avuto il compito di provincializzare l’ambiente musicale italiano, allontanandosi o modificando il melodramma ormai insufficiente per la realtà che si era creata.
Il primo esempio di un compositore che accantonò l’opera fu Ottorino Respighi, il quale si indirizzò verso i Poemi Sinfonici, dove il gusto per il colore diventò il più importante aspetto. In Italia in quegli anni si vivevano tensioni politiche non indifferenti.
Nel 1924 vi era stato l’assassinio del deputato socialista G. Matteotti. I capovolgimenti ed i disastri si avvertivano in un costante malumore del mondo culturale e di conseguenza anche della musica. Non dimentichiamoci un aspetto di non poco conto nell’elaborazione di uno spaccato storico e musicale del nostro secolo, basato sull’avvento del Futurismo, il quale tentò una maggior apertura europeista.
Il “Manifesto tecnico della musica futurista” proclamava l’atonalismo, l’enarmonia, il ritmo libero, la polifonia in senso assoluto. Ecco verificarsi la spaccatura, ormai inevitabile, fra i compositori legati al passato e le nuove leve.
Quindi il Futurismo di Pratella, Russolo e Marinetti testimoniava un clima culturale di avanguardia che però nel settore musicale non raggiunse quel momento aggregante, presente invece con la già citata “Generazione dell’Ottanta”. Da come si può notare convivevano in Italia diverse realtà che dimostravano, apparentemente, di non avere interferenze, ma che in effetti lottavano per mantenere le proprie posizioni.

Se questa era la situazione generale, in Francia come si viveva? Se si finalizza il discorso all’ambiente musicale troviamo realtà differenti.
Per esempio due musicisti risultano i punti di riferimento e cioè Erik Satie e Claude Debussy. Simboli precisi di mondi alternativi ma diametralmente opposti.
Nel 1909 Ravel, Faure, Roussel e Schmitt fondavano la “Societè de Musique Independante” con lo scopo di valorizzare la nuova musica nazionale, organizzando concerti, convegni. Risiedeva sempre come vessillo, il concetto di tradizione, basato sul melodramma e di conseguenza rimaneva il teatro dell’Opera come depositario del grande spettacolo. Dall’altro versante troviamo la presa di posizione di una musica alternativa, che prende spunto dal “cabaret” – dal mondo notturno e da tutto ciò che non fosse un prodotto dell’accademismo.
Nel caso di Satie la trasgressione, vissuta come critica alla società, trovava il suo momento di maggior sviluppo nella creazione di fughe sconclusionate, lontane da uno schema preciso.
Gli eventi bellici della prima guerra sconvolsero la nazione e Debussy visse questo periodo in modo tragico, poiché si sentiva inutile per la patria. Infatti ripeteva più volte: “Alla mia età (per la cronaca aveva 52 anni) la mia attitudine militare si riduce alla capacità di fare da guardia ad una trincea…”. Il suo modo di reagire consisteva nel tenersi informato sugli ultimi avvenimenti. Il governo francese si preparava ad evacuare la capitale e le famiglie cercavano rifugio nelle campagne. Le notizie incalzavano e i giornali scrivevano che nuove truppe sarebbero state mandate al fronte insieme a centomila cosacchi pronti a precipitarsi sul nemico.
A tal riguardo il suo commento era: “Dobbiamo risparmiare energia per i tempi che seguiranno la guerra, perché se riusciremo vincitori, cosa che speriamo con tutto il cuore, le attività artistiche avranno assai scarse possibilità. Mai, in nessuna età, l’arte e la guerra sono state buone compagne. Perciò bisogna recitare la propria parte senza avere il diritto di lamentarsi o di deplorare nulla. Abbiamo risposto a numerosi attacchi e abbiamo sentito un orrore nauseante che ci spezzava il cuore. Non parlo dei due mesi durante i quali non ho scritto neppure una nota, né ho toccato il pianoforte. Questo non ha importanza a confronto con gli eventi, lo so bene, ma non posso impedirmi di pensarci con tristezza e rimpianto… alla mia età, il tempo che si perde è perduto per sempre”.
Inoltre il suo patriottismo si rivelava con un’annotazione particolare che metteva sul frontespizio dopo il suo nome e cioè “Musicien Français”.

La Germania creava delle azioni “revanchiste”, e nel 1933 occupava nuovamente la Romania, creando così un clima di perenne agitazione. La crisi culturale era naturale anche nella cultura, aggiungendo il fatto che i musicisti francesi non accettavano la posizione musicale della “Scuola di Vienna” con Schönberg – Berg e Webern. Si era di fronte ad un momento di stasi, dove, in ogni caso, le ricerche non smettevano totalmente. Per esempio Olivier Messiaen adotta un linguaggio mistico, religioso, quasi come una espiazione dopo le tragedie avvenute nel mondo. Un altro musicista, poco citato nella letteratura musicale francese, quale Jacques Ibert ha saputo continuare nel clima di libertà e indipendenza creato dal “Gruppo dei Sei”.

Dopo aver analizzato, l’Italia e la Francia, ora è la volta della Germania e dell’Austria che, come ben si sa, furono sempre legate da un destino comune per quanto riguarda l’ambiente musicale. Per esempio a Vienna, alla vigilia della prima guerra mondiale che determinerà uno sconvolgimento nel tessuto politico culturale, la capitale visse un periodo felice all’insegna dell’operetta, sotto l’occhio vigile e paterno dell’imperatore Francesco Giuseppe. Franz Lehar fu il testimone insigne di questa realtà e la famiglia Strauss occupava, come sempre, il ruolo di protagonista con i Valzer, le Polke.
Eppure in questo clima sereno e gaudente cominciavano a serpeggiare elementi di disagio riguardo a questo tipo di musica. In letteratura Robert Musil, nel suo splendido libro “L’uomo senza qualità” traccia un’analisi quanto mai significativa della crisi dell’uomo verso la fine dell’Ottocento.
Insomma nella vetrina della vanità si inserivano disagi politici e sociali che avrebbero provocato il crollo totale.
Gli elementi erano multiformi quali la crisi con la Russia, il problema balcanico. Anche il sociale non stava meglio. L’abbandono delle campagne, l’industrializzazione e la mancanza di abitazioni erano tutti problemi che disgregavano lentamente e inesorabilmente il clima austriaco.
Quindi la “Belle Epoque” si avviava verso il dec
Schonbergadentismo.
Per testimoniare questo senso anacronistico che commentava da solo le problematiche esistenti si può citare un brano di Franz Lehar che serve come punto di partenza per la nostra analisi.
Si tratta dell’operetta “Die lustige Witwe”.
Intanto iniziava una stretta collaborazione fra artisti di differenti mon
di; infatti Kokoschka, autore del dramma “Assassino, speranza nelle donne” fu molto vicino a Schönberg (figura a lato), considerando come importante momento di verifica della situazione culturale il “cabaret” piattaforma di dibattito sullo stato di salute delle arti. Nel “cabaret” e nel teatro nacque il gusto espressionista e nuovi termini entrarono nella tradizione musicale, quali “Sprechgesang” –“Klang-sprechen” il cui significato era “parlare per suoni” e “canto parlato”.
Proprio il movimento espressionista visse da vicino l’ambiente bellico, mutando radicalmente le concezioni che erano state determinate nei primi anni del secolo.
Le rivoluzioni e le scelte politiche non offrivano certamente una situazione ideale per cercare nuove strade.
La Repubblica di Weimar dette un’impronta precisa per la ricostruzione di una mappa politica, anche se la repressione rovinò questa apertura.
L
Weilla nostra breve analisi ha lo scopo di far capire i drammi che si stavano svolgendo nel mondo e in particolare in Germania. L’”intelligentia” musicale non poteva rimanere insensibile a questi sconvolgimenti. Con il “teatro di straniamento” Weill e Brecht danno un duro colpo alla struttura politica, denunciando con la musica e con il testo la disgregazione dei valori umani.
Proprio con l’”Opera da 3 soldi” si colgono questi elementi vitali graffianti e popolari che diventano un tutt’uno con il pensiero di critica sociale di quegli anni.
La svolta musicale avvenne con Paul Hindemith, il quale scrisse, alla vigilia della seconda guerra mondiale, Metamorfosi sinfoniche che testimoniano le elaborazioni e le conclusioni artistiche maturate dal compositore, dopo le esperienze degli anni precedenti, dove i ritmi di “cabaret” e i brani da “osteria” erano un sintomo preciso del malessere in atto.
Gli anni del Nazismo avevano creato un fuggi fuggi generale dell’“intelligentia” tedesca e tutto ciò aveva impoverito l’ambiente.

Dopo le tragedie della seconda guerra mondiale, il 1945 vide la sconfitta e il crollo totale del nazismo.
All’interno della Germania, dopo la fuga di moltissimi uomini di cultura e la messa al bando delle personalità che avevano avuto delle convivenze con Hitler, non esistevano i presupposti per ricominciare a ricostruire in breve tempo un tessuto culturale. L’unico punto di riferimento era dettato dall’Europa e dalla esigenza di riallacciare i contatti con le altre nazioni, le quali, anche se a fatica, erano in grado di ricostruire un positivo tessuto culturale. In questa situazione i musicisti non avevano vita facile, soltanto due riuscirono a “sopravvivere” e a produrre brani di buon livello.
Il primo fu ancora Paul Hindemith, il quale già negli anni precedenti era stato al centro dell’attenzione.
L’altro fu Ernest Krenek che nel suo “Piano concerto n. 3” testimonia il suo stile, i contrasti, i problemi e l’ansia di ritrovare quella serenità culturale che da tempo mancava.

L’Inghilterra del ‘900, in confronto alle altre nazioni, rimase appartata nel settore musicale. Un contrasto notevole, dato che nelle altre arti e discipline la Gran Bretagna fu sempre all’avanguardia o quantomeno in linea con le innovazioni del XX° secolo.
Inoltre il 1800 si era concluso con la morte della Regina Vittoria e, in concomitanza con la scomparsa della regina, l’Inghilterra stava conoscendo una profonda crisi economica, danneggiando la società, il progresso e la volontà di creare una musica nazionale. Per questa ragione molti compositori cercarono strade alternative in grado di riscattare un’immagine che si era incrinata.
L’unica strada percorribile si basava sullo sviluppo della cultura agricola, dato che i movimenti di indirizzo socialista avevano riscoperto proprio questo mondo.
Ad esempio Cecil Sharp dal 1904 pubblicò “Songs from Somerset” che fu una diretta testimonianza di questa realtà che si andava delineando.
L’Inghilterra perciò guardava con rinnovato interesse al proprio passato, senza avvertire l’esigenza di trovare strade alternative o sperimentazioni nuove.
L’influenza di altre nazioni, fra le quali la Francia e la Germania, aveva il suo peso all’interno della musica novecentesca. Il mondo espressionista, frutto e movimento rivoluzionario del XX° secolo, in Inghilterra non ebbe alcun successo, rimanendo completamente assente dalle sale da concerto.

E’ la volta della Russia, ricchissima di avvenimenti e di sconvolgimenti anche tragici. Per non smentire questo stato di cose, perennemente in un precario equilibrio, possiamo iniziare con la Rivoluzione d’Ottobre nel 1917, con la presa del Palazzo d’Inverno e dominio dei bolscevichi.
Il dibattito culturale era piuttosto intenso ed i nuovi artisti diventarono sempre più numerosi. Nella letteratura, oltre al Futurismo, che aveva come maggior esponente Vladimir Majakovskj nacquero altri centri culturali fra i quali il Proletkult, Fucina di Mosca e Cosmista di Pietrogrado, il Gruppo Ottobre. Insomma un’intensa vita sociale e culturale.

La Russia nel frattempo partecipa alla prima guerra mondiale, ritirandosi però nel 1917. Per quanto riguarda la musica non si trovano riferimenti culturali così precisi, tranne la ricerca che si indirizza verso la sperimentazione della musica per quarti di tono. Non ultima verso la sperimentazione della musica seriale da parte di Nicolaj Roslaveè.
Nel 1922 Stalin viene eletto segretario e dal 1932 tutte le associazioni, che avevano dato vita ad un fermento culturale, vengono sciolte creando in contemporanea il RAPM, un organismo generale che controllava tutta l’attività intellettuale.
Prima dell’avvento di questi momenti censori, i compositori attivi nella nazione furono Glasunov, Arenskij, Liapunov, senza dimenticare Alexander Scribin, il quale tentò di riunire all’interno della sua musica tutti gli elementi dell’arte e cioè la poesia, danza, colori e profumi. Intanto nella nazione gli avvenimenti si aggravavano notevolmente. Il periodo delle grandi purghe (1936-38) aveva distrutto e soffocato ogni desiderio di libertà.
Per esempio Dimitri Shostakovic fu attaccato sulla Pravda, in relazione alla sua opera “Lady Macbeth del distretto di Mzensk” rappresentata il 22 gennaio 1934. In ogni modo si tentava di eliminare ogni voce legata al clima di libertà.
Shostakovic
non volle assolutamente arrendersi alla situazione pericolosa e continuò a scrivere, testimoniando, con questi elementi, la sua contestazione al regime.
Possiamo citare il “Concerto n.1” per pianoforte e orchestra del 1933, dove il clima tragico del proprio mondo si contrastava volutamente con la freschezza della musica, utilizzando anche una buona dose di virtuosismo. Si trattava, di conseguenza, di una voce solitaria che aveva il coraggio di denunciare in modo evidente le violenze e le ingiustizie che la popolazione russa doveva sopportare, utilizzando la musica come veicolo sociale.
Nel 1934 avvenne l’assassinio di Sergei Kirov, capo dell’organizzazione comunista di Leningrado con la successione di Zdanov, il quale indirizzò l’arte verso lo spirito del socialismo.
E che dire di un altro protagonista della storia russa quale Sergei Prokofiev ? Quando scoppiò la rivoluzione il compositore decise di trasferirsi negli USA dove rimase fino al 1923 ma nel 1933 ritornò in patria e si impegnò totalmente nella scrittura di una serie di brani a carattere patriottico. I suoi commenti ai films che Eisenstein dedicò a episodi di storia russa e soprattutto Guerra e pace sono testimonianze di questo innegabile ruolo.
Nella sua ricca produzione è presente un brano dal titolo “Giornata estiva suite, op. 65-a” (1941). Dopo la fine del conflitto e con la capitolazione tedesca dell’8 maggio 1945, iniziarono nuove ondate repressive da parte di Stalin che eliminava prigionieri di guerra e intellettuali sospetti di deviazionismo. La polizia segreta (MVD) con a capo il famigerato Berija, era molto attiva, riuscendo a tenere la società sotto controllo con il terrore. Nel 1953 con la morte di Stalin e l’avvento della politica di Kruscev inizia il famoso “disgelo”.
Finalmente il mondo culturale poteva riprendere, anche se lentamente, il proprio ruolo. In musica la situazione venne subito sviluppata da Khachaturian con un articolo intitolato: “Audacia creativa ed immaginazione” pubblicato nel 1953 su “Musica Sovietica”. Il compositore auspicava una maggiore libertà dall’influenza e dal controllo del partito.

Si sarebbe potuto trattare della storia e delle evoluzioni sia dei paesi quali la Cecoslovacchia, Ungheria, Romania e tutte le nazioni nordiche della Svezia, Norvegia, Danimarca; ma non esistendo fondamentali punti di riferimento, in quanto le citate nazioni hanno sempre operato e vissuto sotto l’influenza delle nazioni più importanti, quali la Germania, la Francia e l’Italia, ho deciso di porre l’accento sulle nazioni più evolute musicalmente. L’emozione che tutti noi stiamo provando a causa del passaggio ad un nuovo millennio creerà sicuramente inediti paesaggi sonori e originali sonorità che andranno a sommarsi al lungo cammino dell’uomo.
Non ci rimane che osservare e prendere nota, senza trascurare che la musica è, da sempre, una preziosa alleata dell’uomo sia come momento ludico, che di riflessione e di messaggio.