Sezione Medicina

da Leadership Medica n. 9 del 2006

Abstract: Il problema degli errori in medicina anche nel nostro sistema sanitario ha raggiunto un alto livello di consapevolezza e non solo per la rilevanza economica del problema assicurativo. Gli errori in sanità sono spesso riconducibili ad errori di sistema, prevenibili se viene attuata una politica che porta alla loro conoscenza , alla analisi del perché,come, quando, dove, è accaduto e a progettare azioni che, imparando dall’errore, siano in grado di prevenirne altri.

Parole chiave: errore, rischio clinico

Il sistema sanitario è un sistema complesso, adattativo, aperto, in cui numerosi sono gli elementi che agiscono in continua interazione dinamica con altri molteplici e eterogenei fattori. Questi sono rappresentati da: (1) elementi umani, quali i singoli pazienti con le loro specificità, aspettative e patologie, gli operatori sanitari, con la loro molteplicità di ruoli professionali tecnico-sanitari ed economico-amministrativi in continua evoluzione e pluralità di competenze specialistiche, i parenti, i volontari, gli stakeholders; (2) gli interventi sanitari, che vanno da semplici processi o procedure di estrema complessità e rischiosità, e richiedono una interazione con strumentazione e tecnologia in rinnovamento continuo; (3) un connettivo peculiare di ogni singolo sistema che lo caratterizza ed è poco decifrabile e categorizzabile, costituito dalle storie, dalle regole non scritte, dai comportamenti, da affetti ed emozioni di persone che convivono per anni. La direzione strategica, con norme e regolamenti locali e non, che governa l’insieme degli  elementi che devono integrarsi, per garantire il raggiungimento di un unico obiettivo, rappresentato dalla “cura del paziente”.
Il sistema sanitario come altri sistemi complessi, quali l’aviazione e l’industria energetica nucleare, deve prevedere che il verificarsi di errori e dei danni conseguenti, siano eventi possibili, componenti ineliminabili, anche se in gran parte controllabili del sistema.
In questi sistemi sono stati adottati e perfezionati modelli ingegneristico-matematici per il controllo dei rischi dovuti ad errori, modelli però ancora poco trasferibili al sistema sanitario a causa delle peculiari caratteristiche, quali, ad esempio, la netta prevalenza del “fattore umano” e delle relazioni interpersonali, rispetto alle componenti “meccaniche e tecnologiche”.
Una delle caratteristiche proprie e specifiche delle attività sanitarie è rappresentata dalla adattabilità, ossia dalla necessità di agire tempestivamente, con comportamenti nuovi di fronte a situazioni inaspettate; questo condiziona un clima di maggiore instabilità, con elevata componente emotiva, in cui si generano spesso azioni positive, ma in qualche caso critiche, che possono favorire maggiormente l’insorgenza di un errore.
In ambito sanitario vanno pertanto progettati nuovi e specifici modelli di controllo del rischio, che abbiano come obiettivo quello di creare le condizioni che rendano difficile il verificarsi di un errore, o, comunque, riescano a contenerne le conseguenze dannose.
Le numerose definizioni che si ritrovano in letteratura o nei glossari di “evento avverso” o ”errore”, in ambito sanitario, condividono  caratteristiche comuni: l’errore è definito come un’insufficienza del sistema che condiziona il fallimento delle azioni programmate. Rappresenta una “azione non sicura” o una “omissione” con conseguenze potenzialmente negative sull’esito del processo di cura. Un comportamento viene definito come “errore“ quando viene espresso il parere di esperti “peer review”, di riconosciuta esperienza e competenza, che in modo riproducibile e concorde lo giudicano come un comportamento inadeguato al momento in cui il fatto si verifica, indipendentemente se ci siano state o no conseguenze negative per il paziente. Non tutti gli errori causano eventi avversi, la dimensione del fenomeno errore in ambito sanitario è molto più estesa di quanto la dimensione degli eventi avversi sia. La ricerca degli errori si è per molti anni concentrata in ambito ospedaliero per ovvi motivi, prevalentemente dettati dalla disponibilità di documentazione clinica e di analisi di episodi circoscritti in una dimensione temporale definita.
I primi lavori sulla tematica degli errori in medicina all’inizio degli anni 90, contribuirono alla nascita e crescita di consapevolezza del problema e allo sviluppo di una metodologia per l’individuazione, analisi, e successivo controllo degli errori.
Il primo studio sistematico sull’argomento, anche studio di riferimento per la valutazione dell’epidemiologia degli errori medici, è l’Harvard Medical Practice Study. Sono state esaminate circa 30.000 cartelle cliniche di ricoveri relative ai dimessi del 1984, con un campione selezionato a caso, provenienti da 51 ospedali per acuti di New York. Sono stati esclusi i pazienti psichiatrici. Nel 3,7% dei record analizzati sono stati evidenziati eventi avversi, di cui il 2,6% avevano causato una inabilità permanente ed il 13,6% avevano causato la morte. L’età dei pazienti aumentava la probabilità di incorrere in eventi avversi e le aree più critiche erano la specialità di chirurgia toracica e vascolare. Un terzo degli eventi erano rappresentati da complicanze da farmaci e da infezioni della ferita chirurgica. Un altro studio condotto in Australia su un campione di 14000 cartelle cliniche ha invece dimostrato che nel 16.6% dei ricoveri vi era un evento avverso che ha provocato inabilità o un aumento della durata del ricovero. Di essi, il 51% era considerato prevenibile, nel 13.7% dei casi la inabilità è stata permanente e nel 4.9% il paziente è deceduto. Una altra revisione di cartelle cliniche ha permesso di evidenziare che in una percentuale variabile dal 3 al 7 % dei casi era rilevabile un errore di cui il 17 % era definito come evitabile dai revisori. (tab. 1 di seguito). Le aree in cui maggiormente è possibile evitare gli errori sono l’area medica e quella farmacologica. Indipendentemente dalle diverse prevalenze degli studi sugli EA (Eventi Avversi), che non sono comparabili per le eterogeneità dei sistemi sanitari e dei metodi di rilevazione, si delinea una matrice concettuale comune di prevenibilità ed evitabilità dell’errore e dell’evento avverso.

EA in pazienti ricoverati 3-7% Chirurgia 47,7%
    Medicina 52,3 %
    Errori da farmaci 19,4 %
Eventi avversi evitabili 17% Chirurgia 17,7%
    Medicina 37,2%
    Errori da farmaci 17,7%
Errori non individuati ?    

Tab . 1  E.A. individuati ed evitabili per area. Modificata da Marlock L. Clinical Risk management.
BMJ 1999 – Leape ed al, N.Engl J Med. 1991, 324: 377-84

L’esecuzione di una ecografia al paziente sbagliato è un errore, ma non vi sono danni o conseguenze tali da categorizzarlo come un evento avverso. L’errore può invece causare un evento avverso, cioè un evento negativo, indesiderabile, un danno o lesione non correlato alle condizioni cliniche del paziente, ma causato dagli interventi sanitari. L’evento avverso è, per sua natura, indesiderabile, non intenzionale, dannoso per il paziente; se causato da errore, l’evento avverso è definito come “prevenibile”. Negli interventi sanitari, gli errori conseguenti ad alcune procedure (terapeutiche,  chirurgiche od invasive) sono più facilmente definibili come prevenibili e le conseguenze sono  identificabili (corpi estranei ritenuti in sito chirurgico, reinterventi); in altri ambiti è a volte più incerto il confine con la complicanza, prevedibile e non sempre prevenibile.

 

% E.A./pz

% E.A. prevenibili/ totale EA

% EA severi morte/EA

USA NEJ 1991

3,7

58

14

USA MedCare 2000

2.9

-

7

USA IOM 2002

4

53

6,6

Australia Med.JAus 1995

16,6

53

4.9

PCISME (int.)MJA 2002

32

-

9.8

Danimarca Uges Laeg 2001

9

40,4

2,7

N.Zelanda Minis.Health 2001

12,9

35

<15

UK BMJ 2001

10,8

46

14

USA  BMJ 2000 pz < 65 aa

2,8

-

10.4

USA  BMJ 2000 pz > 65 aa

5.3

-

19

Tab. 2 : sintesi dei principali studi

Gli studi pubblicati in questi anni in letteratura, (tab.2) concordano nel dimostrare che gli eventi avversi sono rilevabili anche dalla documentazione clinica, sono più o meno frequenti (2,8 – 16.6), sono  prevenibili, evitabili, i danni che ne derivano sono in percentuale elevata definiti come severi/mortali. Grazie alla pubblicazione di questi dati si stanno  modificando le politiche sanitarie e si sperimentano in molti sistemi sanitari, non solo occidentali, modelli che si basano su un nuovo paradigma “impariamo dall’errore” in quanto questo accade, ed è in parte prevenibile, se lo si conosce, analizza e se lo si affronta con la visione di errore di sistema e di cultura generativa.
La ricerca e sperimentazione di modelli e strumenti  per la prevenzione dell’errore e la gestione del rischio clinico coinvolge molti professionisti, non solo sanitari,  e le competenze e le risorse necessarie per l’approccio  ad un problema così complesso sono molteplici e devono agire sinergicamente con una visione olistica. In questi ultimi anni sono stati anche pubblicati lavori volti a quantificare l’errore al di fuori del contesto ospedaliero, limitatamente agli eventi avversi dovuti ad erronea assunzione di farmaci.
In Italia non esistono studi pubblicati sulla dimensione del fenomeno; molte e diversificate sono le esperienze condotte da aziende e regioni da anni e numerosi sono gli interventi della stampa  che stimano i danni e le morti in sanità, utilizzando i dati provenienti da altri sistemi sanitari.
Non appare di alcun interesse oggi promuovere studi volti a dimensionare il fenomeno per motivazioni sia di ordine economico, di difficoltà metodologiche, ma soprattutto etico. La sperimentazione che è attualmente in corso a livello nazionale, promossa dal Ministero della salute nel Luglio 2005, obbliga  a  segnalare e ad analizzare  gli eventi sentinella definiti. La raccolta  di questi dati, pur con tutti i bias attesi, aggiungerà conoscenza del fenomeno anche  a livello nazionale.

Eventi sentinella

  1. Procedura in paziente sbagliato
  2. Procedura in parte del corpo sbagliata (lato, organo o parte)
  3. Suicidio in paziente ricoverato
  4. Strumento o altro materiale lasciato all’interno del sito chirurgico che richieda un successivo intervento o ulteriori procedure
  5. Reazione trasfusionale conseguente ad incompatibilità ABO (codice ICD9CM: 999.6)
  6. Decesso, coma o gravi alterazioni funzionali derivati da errori di terapia associati all’uso di farmaci
  7. Decesso materno o malattia grave correlata al travaglio e/o parto
  8. Abuso su paziente ricoverato
  9. Mortalità in neonato sano di peso >2500 g. entro 48 ore dalla nascita
  10. Ogni altro evento avverso che causa morte o gravi danni indicativo di malfunzionamento del sistema e che determina una perdita di fiducia dei cittadini nei confronti del servizio sanitario.

L’identificazione del rischio è una fase  importante, prioritaria in una politica di gestione del rischio clinico che può essere affrontata in modo proattivo con strumenti e metodi  molto economici, tempestivi ed efficaci.
Nell’ analisi degli errori in sanità, in cui  l’obiettivo  è la analisi di sistema,  si  distingue  tra errore attivo  ed errore latente. L’errore attivo è  umano, compiuto fisicamente da un operatore che si trova per ultimo con il “cerino acceso “e si colloca in senso spazio-temporale prossimo al verificarsi dell’evento avverso; è riconducibile ad un’azione sbagliata, ad un deficit di memoria, ad un incidente, ad esempio il malfunzionamento di un defibrillatore, un monitor non controllato. Gli errori latenti sono insufficienze organizzative, errate  pianificazioni, problemi gestionali nel  sistema, carenze di risorse, che rimangono silenti, ma hanno la potenzialità di essere le condizioni favorevoli al verificarsi di un errore attivo, quando vengono meno le salvaguardie nel sistema . È sufficiente un cambio di operatore, meno informato o più stressato, o addirittura non formato per quelle azioni, oppure l’introduzione di un nuovo device senza addestramento in uno degli innumerevoli step dei processi sanitari ,perché si realizzi l’evento avverso. Le condizioni latenti e attive sono in continuo movimento, dinamiche, mutevoli, quasi mai  riproducibili.  La somministrazione di un farmaco sbagliato è un errore attivo, commesso da uno o più operatori, facilmente valutabile come comportamento sbagliato e può causare danno, a volte anche mortale. Ma è necessario ripercorrere le fasi ed i processi di lavoro che hanno consentito il verificarsi dell’errore di somministrazione, per individuare le circostanze che, direttamente o indirettamente, hanno reso possibile l’errore stesso: ad esempio, nel caso di un errore di somministrazione farmacologica, potrebbero essere identificati, come insufficienze latenti nel sistema, una gestione del paziente con cattiva comunicazione fra gli attori, un sistema di prescrizione-trascrizione manuale della terapia o di riscrittura da parte di operatori,  una logistica  dei farmaci che rende possibile lo scambio o la non immediata riconoscibilità, un insufficiente addestramento del personale, una scarsa attenzione alle azioni necessarie per la  preparazione dei farmaci, fasi che dovrebbero essere protette dalle troppe interferenze e interazioni con stimoli ambientali. Questo tipo di analisi consente di spostare l’attenzione dall’operatore ai processi, dall’individuo al sistema e rende  possibile identificare le cause di errore, e  introdurre meccanismi di correzione dei processi che potranno ridurre la probabilità che lo stesso errore o quasi errore si verifichi ancora. L’errore attivo è di semplice individuazione e rappresenta il frutto della somma  di errori latenti che solo per puro caso, non si manifestano sempre con eventi avversi perché esistono nelle organizzazioni sanitarie delle protezioni che impediscono l’accadimento dell’errore. Quando si manifesta un errore o quasi errore è molto complesso individuare tempestivamente ed efficacemente  tutte le insufficienze latenti presenti nel sistema, in quanto la sequenza degli errori latenti può essere così rapida e di diversa gravità e complessità da rendere difficile la individuazione degli errori  primari e /o  secondari, o la enucleazione precisa. Quasi sempre l’analisi degli errori che  portano un  danno al paziente evidenziano  un numero di errori latenti e attivi  superiore  ad 1,  in quanto  si innesca una cascata di eventi in successione che non viene “miracolosamente”  bloccata  e viene classificata  come un esempio di “normalizzazione della devianza”. Sono numerosi gli esempi di errori analizzati e pubblicati sui siti di agenzie e istituzioni a livello internazionale, e anche le esperienze locali coincidono con questa analisi.
Per accostarsi correttamente alla analisi degli errori in sistemi complessi si hanno a disposizione metodi importati da altri sistemi complessi ed adattati alla realtà sanitaria.
La gestione del rischio clinico  è  una area di crescente interesse per  il Sistema Sanitario Nazionale e per alcuni  Sistemi regionali al cui interno  si sta  sviluppando  e  diffondendo  una cultura di base. La rilevanza del problema è di tale portata che il Ministero della salute, al pari di altri organismi istituzionali internazionali, dal 2002 sta promuovendo numerose iniziative a livello nazionale, volte a creare un clima di  “cultura no blame (nel senso di attribuzioni di colpa e rimprovero)” nelle organizzazioni sanitarie. Nel primo documento pubblicato nel marzo 2004, sono stati dati orientamenti culturali e organizzativi, sollecitando le  aziende sanitarie ad intraprendere azioni di gestione del rischio clinico  e momenti formativi.
Le motivazioni per cui anche in Italia la tematica dell’errore medico sta assumendo questo interesse  sono molteplici; gli obiettivi principali sono accrescere l’efficacia delle attività mirate alla prevenzione e alla  riduzione degli eventi avversi prevedibili e prevenibili, recuperare la fiducia dei pazienti nelle organizzazioni sanitarie, e, indubbiamente, contenere la ricaduta economica sui costi assicurativi e sugli indennizzi.
Il Risk managment ha la funzione di orientare le politiche di gestione del rischio, che devono essere rivolte sia alla riduzione degli errori evitabili che al contenimento dei loro possibili effetti dannosi, e quindi, in ultima analisi, al maggior grado di sicurezza dei pazienti. In ambito sanitario vanno progettati nuovi e specifici modelli di controllo del rischio, che abbiano  come obiettivo quello di creare le condizioni che rendano difficile il verificarsi di un errore, o, comunque, riescano a contenerne le conseguenze dannose.
Un’attività di risk management efficace è estremamente complessa e comprende :

  1. la mappatura/individuazione del rischio (rilevazione degli eventi e degli errori attraverso sistemi di report, revisione delle cartelle, utilizzo di flussi informativi e indicatori di safety)
  2. lo sviluppo di metodi di analisi per identificarne le cause e le insufficienze  (Root Causes Analysis, Audit clinico, Failure Mode and Effect Analysis-FMEA),
  3. la elaborazione di  proposte correttive, che devono essere adottate, sostenute attivamente, monitorate e verificate nel tempo.

Componente essenziali in una programmazione per la safety del paziente sono: la valutazione della risorsa  tempo, affinché gli operatori possano assimilare la cultura “no blame” e dedicare il giusto tempo alla assistenza; la istituzione di corsi specialistici universitari sulla tematica della gestione del rischio; la creazione di una rete di alleanze tra gli operatori sanitari e le associazioni. La valutazione di quanto avviene in altri sistemi sanitari  suggerisce  come altra componente importante, a  garanzia della desiderata  efficacia di azioni, una continuità  nelle politiche di safety,  che prescindano dall’assetto politico; naturalmente sarà necessario destinare con competenza sufficienti risorse. Il problema degli errori in medicina anche nel nostro sistema sanitario sembra aver raggiunto un alto livello di consapevolezza anche perché la rilevanza economica del problema assicurativo crea una condizione di non ritorno; la tematica è assai  complessa e non può essere affrontata in modo semplicistico, alimentando  solo  una medicina difensivistica in cui si creano  schieramenti fra le parti, si aumenta la disomogeneità fra i vari ruoli tecnici e la variabilità interpretativa del tema,  non si colma l’asimmetria cognitiva  ed  aumenta la distanza fra i pazienti e i tecnici; ciò contribuirebbe, oltretutto, ad incrementare i costi a profitto di  avvocati, medici legali, brooker e associazioni varie.
La chiave di volta per un risk management efficace potrebbe essere proprio il coinvolgimento di tutte le componenti sanitarie in tutte le fasi del processo di gestione del rischio. Questo avrebbe una funzione, non solo propedeutica e motivazionale, ma anche di crescita culturale del sistema.

Luciana Bevilacqua
Direttore S.C. Qualita’ M.C.Q. A.O. Niguarda
Giuseppe Vighi
Resposanbile S.S. Farmacoviglanza A.O. Niguarda

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