Sezione Medicina

da Leadership Medica n. 270 del 2008

Sommario

Abstract
L’obesità costituisce oggi, secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS), uno dei problemi di salute pubblica più rilevante ed il più comune problema nutrizionale in età pediatrica. I maggiori imputati dell’aumento della prevalenza di tale patologia sono i nuovi stili di vita, come il maggiore consumo di alimenti ipercalorici (stile fast food), e l’eccessiva  sedentarietà. Il nostro gruppo di studio ha cercato di esaminare i rischi sulla funzione cardiovascolare dei bambini obesi.

L’obesità costituisce oggi, secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS), uno dei problemi di salute pubblica più rilevante e tuttavia ancora trascurato. In particolare, l’obesità infantile è il più comune problema nutrizionale tra i bambini dei paesi sviluppati. Dal 1960 al 1990 la prevalenza dell’obesità nella popolazione pediatrica è cresciuta dal 5 all’11% e l’eccesso di peso è diventato uno dei principali problemi di salute in questa fascia d’età (1). Negli ultimi 25 anni, c’è stata una crescita compresa tra il 230 e il 330% negli Stati Uniti, tra il 200 e il 280% in Inghilterra mentre in Egitto il numero di bambini obesi si è quasi quadruplicato (1). Nei Paesi industrializzati il problema interessa in maggior misura le classi sociali più povere, dove le diete sono più carenti e sbilanciate: negli USA ad esempio, la prevalenza è cresciuta del doppio tra le minoranze etniche rispetto alla popolazione bianca (1). Nei Paesi in via di sviluppo, invece, sono le classi più agiate che devono affrontare il non trascurabile problema dell’eccesso ponderale. Infatti, i maggiori imputati dell’aumento della prevalenza di tale patologia sono i nuovi stili di vita, che contemplano un aumento dello stress ma un minore dispendio energetico, la maggiore disponibilità di cibo ed il cambiamento dietetico, con un maggiore consumo di alimenti ad alto contenuto calorico (stile fast food). Infatti, oltre a mangiare troppo, il bambino mangia in maniera sregolata, spesso e male. Le tentazioni sono davvero tante, il frigorifero di casa è sempre stracolmo di merendine e snack, i distributori automatici delle scuole invitano a spuntini fuori pasto, costituiti da prodotti industriali ricchi di calorie e grassi nascosti. Le bevande gassate, infine, eccessivamente zuccherine, risultano essere un piacere insostituibile, da preferire all’acqua (Figura 1).


Oltre all’alimentazione scorretta e squilibrata, non si deve sottovalutare, come fattore di rischio, la ridotta attività fisica o la sedentarietà. I bambini passano ore ed ore davanti al computer e alla televisione (con gli esempi negativi che accentuano le cattive abitudini alimentari), escono sempre meno e spesso quando escono passano il tempo seduti a giocare con videogame portatili.

In Italia, secondo i dati pubblicati dall’ISS e dall’ISTAT nel 2000, la regione con più alto numero di bambini obesi è la Campania (36%), mentre il numero più basso è in Valle d’Aosta (14,3%). Osservando i dati, si nota come esista una progressione dal nord verso il sud del Paese (media nazionale: 25%) (2).
Spesso gli adulti obesi soffrono anche di ipertensione arteriosa e di cardiopatia ischemica. Anche in età pediatrica numerosi studi hanno messo in evidenza delle correlazioni tra obesità ed ipertensione arteriosa, diabete mellito tipo II, ipercolesterolemia, sindrome delle apnee notturne, ipertrofia ventricolare sinistra, problemi ortopedici (3).

Relazione tra obesità ed ipertensione
Diversi studi epidemiologici hanno documentato l’associazione tra aumento di peso corporeo ed aumento della pressione arteriosa (3-5). Lo studio Framingham ha dimostrato che per gli individui obesi vi è un’incidenza doppia di avere valori di pressione arteriosa più alta rispetto ai soggetti con peso nella norma (3), indipendente dall’età e dal sesso. Inoltre è stato dimostrato (5) che il sovrappeso determina nei bambini una pressione arteriosa sistolica maggiore di 4.5 volte e una diastolica maggiore di 2.4 volte rispetto ai bambini con peso nella norma.

Relazione tra aumento di peso ed aumento della pressione arteriosa
Alcuni studi sperimentali hanno dimostrato una relazione fra aumento del peso corporeo ed ipertensione arteriosa. Rocchini e coll. (6) hanno dimostrato che l’incremento di peso nei cani è responsabile dell’aumento della pressione arteriosa, studiando la funzione renale. Lo stesso Autore ha riscontrato nei cani meticci un aumento di peso ed ipertensione arteriosa, se questi venivano nutriti con una dieta ricca in grassi. In tali animali l’ipertensione si associa a ritenzione di sodio ed aumento di attività del sistema simpatico nonché ad aumento dell’insulina nel circolo ematico.

Tuttavia, nell’uomo la relazione non sembra così stretta e altri fattori, probabilmente genetici, giocano un ruolo non trascurabile.
D'altronde nell’uomo è stato chiaramente dimostrato che la perdita di peso si associa a riduzione dei livelli di pressione arteriosa (3-5). Infatti è stato dimostrato (7) che una perdita media di peso di 5 Kg è associata ad una riduzione della pressione arteriosa di 5/3 mmHg negli individui con pressione arteriosa ai limiti alti della norma. Alcuni autori hanno suggerito (8) che la restrizione di sodio nell’alimentazione associata alla dieta ipocalorica, piuttosto che la sola perdita di peso, è responsabile della riduzione della pressione arteriosa. Infatti Rocchini e coll. (9) hanno dimostrato che in un gruppo d’adolescenti obesi, nel periodo immediatamente precedente la perdita di peso, la pressione arteriosa era molto sensibile all’assunzione di sodio con l’alimentazione. Dopo la perdita di peso, invece, gli stessi perdevano la “sodiosensibiltà” della pressione arteriosa.

Dati recenti suggeriscono che anche una modesta perdita di peso (circa il 10% del proprio peso) migliora i valori di pressione, tanto che molti individui raggiungono i valori target di pressione senza raggiungere il peso forma. Tuttavia, la perdita di peso ottenuta in tempi troppo lunghi non riduce l’incidenza di ipertensione (10).

Effetti della distribuzione della massa corporea sulla pressione
L’obesità è definita non soltanto come un incremento del peso corporeo ma piuttosto come un aumento della massa del tessuto adiposo (grasso corporeo). Quest’ultima può essere quantizzata in diversi modi: come spessore delle pieghe cutanee, body mass index (BMI), Idrostatic Weighing, impedenziometria, metodi di diluizione di acqua. In molti studi clinici il BMI è usato come indice di adiposità, si ottiene con una formula matematica dal peso e dall’altezza [peso / altezza elevata al quadrato]; si parla di obesità quando è maggiore di 30 nell’adulto. Già nel 1956 (11) è stato riportato che le conseguenze cardiovascolari erano maggiori negli individui in cui la distribuzione del grasso favoriva i segmenti superiori del corpo. A partire da questa osservazione diversi studi hanno poi dimostrato che l’obesità addominale è un fattore di rischio cardiovascolare più importante del solo BMI. Infatti esiste (12) una significativa relazione tra circonferenza addominale e la pressione arteriosa diastolica. Ciò è stato anche dimostrato nei bambini e nei giovani adulti (12). È stato infatti osservato che la pressione arteriosa correla maggiormente con il pattern di distribuzione del grasso nei segmenti superiori, piuttosto che con la misura dell’obesità globale (12). Purtroppo però sono ancora limitate le informazioni riguardo alla distribuzione del grasso nella popolazione pediatrica.

Tabella distribuzione

Obesità come rischio cardiovascolare
Il Framingham heart study (3) ha identificato l’obesità e l’ipertensione come fattori di rischio nello sviluppo di malattie cardiovascolari. L’obesità in età pediatrica si associa allo sviluppo di patologie arteriose precoci; infatti alcuni studiosi hanno (32) valutato i risultati emersi dalle autopsie di 210 bambini tra i 5 e i 15 anni deceduti di morte violenta, e hanno concluso che il peso corporeo predice significativamente il peso del cuore e la presenza di quantità di grasso nelle pareti delle arterie. L’obesità di lunga durata si associa a dilatazione delle camere del cuore, in particolare del ventricolo sinistro (33), ad una ridotta funzione del cuore fino allo scompenso cardiaco come causa di morte nei soggetti con marcata obesità (33,34). Questo si spiega col fatto che l’obesità induce la sodio-ritenzione e di conseguenza un incremento della gittata cardiaca. Molti studi infatti, riportano che l’obesità è associata ad un aumento del volume ematico e della gittata (19, 33, 34). Questa condizione conduce alla dilatazione del ventricolo sinistro (VS), ma anche all’aumento dello spessore delle pareti del cuore (ipertrofia compensatoria) (36), come risposta di adattamento all’ipertensione. La combinazione di obesità ed ipertensione quindi crea un doppio fardello sul cuore, portando infine ad una riduzione della funzione del cuore (24,36). Il 50% degli individui che sono in sovrappeso hanno ipertrofia ventricolare sinistra (35). Nei bambini l’adiposità incide sullo spessore ventricolare sinistro. Inoltre è stato dimostrato che la perdita di peso può indurre una riduzione degli spessori parietali del VS (37, 38).
Il nostro gruppo ha recentemente dimostrato, utilizzando tecniche ecocardiografiche di ultima generazione in grado di calcolare lo strain miocardico (cioè la deformazione regionale miocardica) che in bambini obesi, con normali valori di pressione arteriosa, il miocardio presenta già delle precoci alterazioni funzionali (40). Lo studio della funzione cardiovascolare in bambini obesi, non ipertesi, costituisce un modello clinico puro che ci ha consentito di valutare l’effetto dell’obesità di per se sulla funzione cardiaca, eliminando l’influenza di altre comorbidità che frequentemente si riscontrano negli obesi adulti.

I nostri studi su bambini obesi non ipertesi dimostrano che l’obesità non solo è un fattore di rischio per futuri eventi cardiovascolari (come già ampiamente dimostrato da numerosi studi epidemiologici), ma per la prima volta dimostra che già in età pediatrica pochi anni di obesità in assenza di altre comorbidità sono in grado di determinare alterazioni funzionali rilevabili, in modo non invasivo, con le moderne tecniche ultrasonore. Questo approccio ci ha consentito di selezionare nella popolazione di bambini obesi che seguiamo (oltre mille) il sottogruppo a maggior rischio cardiovascolare (per la documentata presenza di precoci alterazioni della deformazione miocardica) e di seguire questo sottogruppo in maniera più stretta ed agendo sulla dieta e sullo stile di vita di questi pazienti in maniera più aggressiva.
In conclusione l’obesità è riconosciuta come fattore di rischio indipendente nello sviluppo di malattie cardiovascolari (43). L’obesità sia nei bambini che negli adulti è associata ad alterazioni della funzione cardiaca. Gli individui obesi hanno un rischio maggiore di ipertensione arteriosa, scompenso cardiaco e cardiopatia ischemica (28,40,44-45).

Management dei bambini obesi con ipertensione arteriosa
In generale, la pressione arteriosa deve essere misurata almeno una volta nel corso dell’infanzia, dell’età scolare e dell’adolescenza. Un particolare riguardo va riservato ai bambini che presentano soprappeso (peso>90°centile), pressione arteriosa >95°centile, familiarità per ipertensione arteriosa (1 parente di primo grado e 2 parenti di secondo grado, specie se l’ipertensione arteriosa è insorta prima dei 55 anni), basso peso alla nascita e specifiche patologie predisponenti (malattie del rene, del sistema endocrino e coartazione aortica, cioè una cardiopatia presente alla nascita) (46). Contrariamente agli adulti, dove la definizione e la severità dell’ipertensione sono definite da semplici valori soglia basati sul rischio di complicanze, i bambini richiedono una diversa soglia di valore normale di pressione ad ogni stadio della crescita in base all’età, al sesso  ed alla altezza durante tutta l’infanzia (Figura 2). Recentemente (47) sono stati proposti dalla “TASK Force on Hypertension Control in Children and Adolescent” nuovi percentili basati sulla popolazione per i valori di pressione nei bambini delineati in base all’età, al sesso, ed all’altezza. In tale lavoro i valori che superano il 90° e il 95° percentile sono definiti rispettivamente “pressione normale-alta” e “ipertensione”, quelli che invece superano il 99° percentile definiscono un’“ipertensione severa”. Questo consente una più precisa classificazione dei valori di pressione arteriosa poiché permette di tenere conto della crescita corporea e dei suoi effetti sulla pressione (48). Così, l’identificazione di una soglia di pressione per l’ipertensione nei bambini richiede dapprima la determinazione del percentile dell’altezza, seguita dall’interpretazione di una densa tabella contenente valori pressori con specifici valori soglia per ogni combinazione di sesso, età, e percentile d’altezza. Si considera iperteso il bambino a cui viene riscontrata una pressione arteriosa > 95° centile in tre misurazioni, non consecutive, eseguite correttamente e con strumenti adeguati. Tale bambino deve essere sottoposto in seguito ad un monitoraggio ambulatoriale della pressione arteriosa (ABPM); anche i valori registrati mediante ABPM vanno riferiti agli standard di normalità ABPM (46).

Con l’aumentare dell’età del bambino aumenta l’incidenza dell’ipertensione arteriosa essenziale e diventa più rara l’ipertensione arteriosa secondaria. Fino a qualche anno fa la causa principale dell’ipertensione arteriosa in età pediatrica era costituita dalle malattie renali, oggi con la pandemia di obesità in età pediatrica a cui stiamo assistendo, la situazione a cui più spesso ci si trova di fronte nella pratica clinica è proprio il riscontro di elevati valori pressori in un bimbo obeso, con familiarità per ipertensione arteriosa. Tuttavia, il bambino con ipertensione arteriosa deve essere sempre sottoposto a un iter diagnostico approfondito per escludere cause secondarie. In tal senso, gli esami di primo livello da effettuare sono alcuni esami di laboratorio e strumentali come azotemia, creatininemia, emocromo sodio, potassio, glicemia, profilo lipidico, cortisolemia, attività reninica plasmatica, aldosteronemia, funzione tiroidea, esame urine completo, ecografia addominale, ecocolordoppler delle arterie renali, elettrocardiogramma ed ecocardiografia.
Dopo aver indagato l’entità dell’ipertensione arteriosa, mediante misurazioni ripetute ed ABPM, ed escluso una causa secondaria, vanno praticati esami di laboratorio ed esami strumentali volti ad indagare il danno d’organo, per poter poi impostare un eventuale terapia ed un adeguato follow-up. Nel bambino obeso ed iperteso il punto di partenza deve essere rappresentato sempre da misure non farmacologiche come la riduzione del sovrappeso, dell’introito di sodio e l’aumento dell’attività fisica e la lotta al fumo.
La perdita di peso è la pietra angolare del management negli individui obesi ed ipertesi (49). La perdita di peso sia negli adulti che negli adolescenti migliora tutte le anomalie cardiovascolari associate con l’obesità incluse ipertensione, sodio - ritenzione, le anomalie strutturali vascolari e l’ipertrofia ventricolare sinistra con la disfunzione cardiaca associata (49).
Il modo in cui si raggiunge la perdita di peso è rilevante. È stato dimostrato che una stretta aderenza alla dieta mediterranea è associata ad una netta riduzione dell’obesità ed una significativa riduzione della mortalità cardiovascolare e da cancro (50). La principale caratteristica di questa dieta è un grosso consumo di vegetali, frutta e pesce e un ridotto apporto di carne (50).
Un programma di perdita di peso che includa l’esercizio fisico associato alla restrizione calorica produce gli effetti più favorevoli sull’insulino-resistenza, sul colesterolo ematico e sulla reattività vascolare (33). L’attività dinamica, se eseguita correttamente e per un sufficiente periodo di tempo, può essere di grande ausilio nel controllare l’ipertensione arteriosa (52-55).
Inoltre, le Raccomandazioni Australiane dell’attività fisica suggeriscono che i bambini non debbano passare più di 2 ore al giorno davanti a TV o videogiochi (55)
L’unica controindicazione allo svolgimento di un’attività fisica riguarda l’attività fisica agonistica nel soggetto con ipertensione severa non controllata o con danno d’organo.
Sebbene perdita di peso ed esercizio fisico siano fondamentali nella gestione dell’ipertensione nell’obeso, la maggior parte degli obesi non riescono o non sono intenzionati a perdere peso o sono incapaci di mantenere il peso raggiunto.

A nostro avviso è particolarmente importante un approccio che coinvolga tutta la famiglia nella prevenzione cardiovascolare. I genitori per primi devono privilegiare per loro stessi cibi sani e poveri di grasso come i vegetali, la frutta ed il pesce, devono incoraggiare lo svolgimento di una regolare attività fisica e limitare il tempo speso dai loro figli dinanzi a TV e videogiochi (56).
Quindi, se non ancora si ottengono risultati, si può rendere necessaria la terapia farmacologica in questi soggetti. Questa terapia si divide nel trattamento dell’obesità e/o dell’ipertensione. L’utilizzo dei farmaci per trattare l’obesità infantile è controverso. Molti dei farmaci dell’obesità testati sugli adulti hanno mostrato effetti collaterali, come la fenfluramina e la dexfenfluramina (57). Inoltre pochi sono stati gli studi ben condotti sull’opportunità di utilizzare questi farmaci nel bambino obeso e sulla loro tollerabilità. Malgrado i differenti profili farmacologici degli antipertensivi non esistono chiare raccomandazioni per gli obesi ipertesi. Esistono dati in aumento che confermano che alcune classi di farmaci, quali gli ACE- inibitori e i Sartani, che agiscono inibendo il sistema renina-angiotensina, danno specifici benefici agli individui affetti da diabete, aterosclerosi, disfunzione VS e insufficienza renale (60-61). Quando scegliamo un farmaco anti-ipertensivo è essenziale adattare il farmaco al paziente, valutando anche gli effetti secondari del farmaco. Gli ACE-i, migliorano l’ipertensione e l’insulino-resistenza associata all’obesità, e sono altresì efficaci nel ridurre l’incidenza di scompenso cardiaco e la mortalità cardiovascolare (64). Per tale motivo, nella nostra pratica clinica i farmaci che utilizziamo per il trattamento dell’ipertensione arteriosa nel bambino obeso (sempre dopo il fallimento di almeno 6 mesi di dieta ipocalorica ed iposodica) sono ACE inibitori ed i Sartani. Quest’ultimi hanno il vantaggio di un’ottima tollerabilità anche in età pediatrica. Nel caso in cui questi farmaci siano non tollerati, controindicati o inefficaci è possibile utilizzare altri tipi di farmaci.

Prospettive future
La prevalenza e la severità dell’obesità sta crescendo nei bambini e negli adolescenti. Basandoci sull’incremento dell’incidenza dell’obesità infantile ci troviamo di fronte ad una epidemia di diabete di tipo II e di ipertensione nei bambini. Nel passato la maggior parte dei pediatri riteneva che l’ipertensione nel bambino fosse una rara condizione associata a malattie renali. In realtà l’ipertensione secondaria nel bambino è diventata meno comune rispetto alla forma essenziale.

Nella pediatria di base il tipico bambino iperteso è un adolescente per il resto sano ma affetto da un’obesità e da una combinazione di rischi cardiovascolari associati all’obesità stessa. Numerosi studi dimostrano come già in età pediatrica l’obesità di per sé sia in grado di determinare precoci alterazioni cardiovascolari. L’obesità nell’infanzia è una condizione medica cronica e richiede lunghi trattamenti che coinvolgono anche la famiglia.

Raffaele Calabrò, Giovanni Di Salvo
Cattedra di Cardiologia, Divisione di Cardiologia Pediatrica
Seconda Università degli Studi di Napoli

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