Sezione Medicina

da Leadership Medica n. 9 del 2002

Aveva creato molto scalpore in passato un procedimento giudiziario che aveva condannato un primario di un grosso ospedale per aver ignorate e trascurate le sue funzioni “in vigilando e in diligendo” sul personale alle sue dipendenze e, al risarcimento dei danni lamentati dall’infermiera, l’assicurazione, né quella dell’ospedale né quella del medico, non era intervenuta, in quanto la polizza RC professionale non comprendeva la copertura per eventuali danni conseguenti alla funzione di datore di lavoro, infatti il fatto esulava dall’attività medica in senso stretto. L’episodio, cui peraltro la categoria allora dette ben poca importanza, è stato dimenticato per diversi anni, ma ultimamente col cambiamento della figura del medico ospedaliero da semplice professionista a dirigente medico, le compagnie d’assicurazione prevedono eventuali estensioni della copertura del rischio oltre che ai danni inerenti all’attività medica, anche a quelli legati alla nuova atipica figura dirigenziale del medico ospedaliero, come datore di lavoro, ma non certamente quelli inerenti alla sua nuova figura collegata all’attività amministrativa e gestionale verso il raggiungimento degli obiettivi proposti in termini di cifre o non di salute.
Le recenti riforme sia del pubblico impiego che della sanità hanno portato molti ad affermare che nell’ospedale inteso come azienda, fabbrica della salute, la figura del medico deve ricalcare quella del dirigente manager del settore privato (tabella 1).

Ma fino a che punto il medico manager è realmente dirigente: ha oneri e onori o solo oneri senza poteri? Sino a che punto si può far scivolare l’aziendalizzazione dell’attività sanitaria nei paradigmi delle attività produttive? I manager e i medici nei processi decisionali decidono allo stesso modo?
Ricordiamoci che il medico centra il proprio lavoro sulla persona, mentre il manager lo focalizza sulla struttura.
L’interesse del medico va verso il singolo malato, la tendenza dei dirigenti è invece quella di massimizzare gli utili per la collettività. Se c’è, come sembra, quale è la distanza da superare?
Il frutto dell’attività sanitaria non è un prodotto vendibile o visibile, è invece un bene: la salute individuale che non è apprezzabile dalla collettività, ma dal singolo individuo, anche se alla collettività torna utile; è un bene costituzionalmente tutelato.
L’azienda sanitaria è un’industria atipica, ove opera un altissimo numero di figure ad alta professionalità.
Gli ospedali non sono più il luogo pio dei moribondi e dei poveracci, ma le fabbriche per la salute; la Sanità è oggigiorno caratterizzata da complessità tecnologiche, da ambienti in continua evoluzione, da differenziazioni specialistiche sempre più esasperate, con le conseguenti necessità di progettazioni di strutture organizzate, ricche di coordinamento, integrate da strumenti gestionali validi e flessibili.
D’altro canto, l’epoca delle grandi risorse è finita, seppur la domanda di beni e servizi sia in aumento, e di conseguenza si debbono operare tagli, restrizioni, controllo agli sprechi, insomma razionalizzare le spese affinché, insieme a un minor aumento di spesa, consegua anche un miglioramento della qualità e quantità dei servizi.
Il medico per molto tempo è stato lontano dalle responsabilità economiche, ora invece è chiamato a rispondere in termini di risultati e utilizzo delle risorse e per molti aspetti sembra dover sopportare il peso degli amministrativi che, mentre da un lato vogliono tagli anche sul numero dei sanitari, dal canto loro si moltiplicano per controllare i consumi, i conti, la produzione dei medici, schiavizzati talora a compiti che è discutibile se siano di loro competenza (tabella 2).

Il medico-dirigente deve fare la diagnosi, scegliere la cura, organizzare il personale in corsia, parlare con i malati, ma anche gestire un budget, fare le ordinazioni del materiale per 12 mesi, dimostrare con esattezza da ragioniere tutte le entrate e tutte le uscite. Una volta il primario era medicina, ricerca, terapie, tecnologia e lettura degli esami.
Oggi deve sapere far bene di conto e, soprattutto, deve avere in mano le stesse conoscenze che ha un manager industriale, ma rispetto a questi ha un doppio lavoro e una doppia responsabilità cioè deve anche curare i malati.
L’atto medico diagnostico-terapeutico viene ora concepito come un processo produttivo del bene salute, che non può essere avulso, ma deve invece essere integrato nelle variabili di contesto come la tecnologia, il personale, gli spazi operativo-strutturali, i materiali di consumo.
Ma fino a che punto è possibile senza incidere sul bene salute? Ma a chi spetta la regia amministrativa?
Perché il medico che deve curare, deve distorcere parte della sua professionalità in compiti amministrativi? Non sarebbe più logico preporre esplicite figure che in stretta collaborazione col medico, discutendo sulle esigenze avanzate dal medico, possano costruire il castello amministrativo? Il medico-manager deve operare secondo una logica centrata su obiettivi con precise responsabilità per il loro raggiungimento tramite l’uso efficiente delle risorse a disposizione con una preparazione non adeguata e una mentalità, ma soprattutto una cultura di servizio imposta e non sentita.
Ma fino a che punto il medico ospedaliero colla patacca di dirigente è realmente dirigente?
In campo industriale sono dirigenti i prestatori di lavoro che ricoprono nell’azienda un ruolo caratterizzato da un elevato grado di professionalità, autonomia e potere decisionale ed esplicano le loro funzioni al fine di promuovere, coordinare e gestire la realizzazione degli obiettivi dell’impresa.
Tutti i dirigenti sono responsabili del risultato dell’attività svolta dagli uffici ai quali sono preposti e della realizzazione dei programmi loro affidati. Ne derivano al medico nuove responsabilità, oltre alla tradizionali responsabilità dell’attività svolta:
· la responsabilità dei risultati della gestione finanziaria, tecnico e amministrativa
· la responsabilità della realizzazione dei programmi rispetto agli obiettivi prefissati, assai spesso imposti.
Ma a queste nuove responsabilità corrispondono adeguati riconoscimenti anche economici, ma soprattutto quali possibilità ha di agire, quando per lo più deve tirare avanti la baracca con risorse vincolate, organici deficitari, strumenti inadeguati, larvate imposizioni gestionali?
Sino a che punto non sarebbe più logico una chiara separazione dei processi e delle responsabilità collegate agli obiettivi dalla responsabilità della loro realizzazione? In altre parole gli organi di politica amministrativa non dovrebbero interferire nello svolgimento della attività lavorative, con distrazione della professionalità dagli scopi istituzionali rivolti alla tutela della salute del paziente, ora chiamato cliente, che debbono invece essere governate da personale qualificato da una specifica professionalità manageriale. In passato, il medico ospedaliero aveva una reale autonomia professionale, contro la quale la politica e l’apparato burocratico poco poteva.
Le scelte professionali erano tali e come tali non potevano essere contestate dai burocrati. Il centro del gioco spettava al medico e alla sua autonomia. Ora è stata spazzata via la vecchia organizzazione di lavoro, disarticolata la piramide gerarchica. Si può così incidere e condizionare le scelte da parte dell’amministrativo che però non ha dirette responsabilità. Il medico si deve dunque assumere ulteriori oneri e responsabilità. Rimane ferma l’assoggettabilità alla responsabilità civile, amministrativa, penale e contabile, ma viene inoltre assoggettato alla responsabilità dirigenziale: connesso all’incarico di funzione dirigenziale deriva la revoca dall’incarico nell’ipotesi di accertata responsabilità dirigenziale.
Previsto il ruolo unico, ne scaturisce il superamento della precedente articolazione dirigenziale gerarchica e il principio della sovraordinazione del dirigente preposto all’ufficio più elevato rispetto al dirigente preposto ad un ufficio di livello inferiore.
Ne deriva che il Direttore di una Unità operativa non ha il potere di comminare sanzioni disciplinari nei confronti di altri Dirigenti. Tuttavia soggiace alla responsabilità dirigenziale e spetta al Nucleo di valutazione l’accertamento e la verifica secondo determinate procedure: la valutazione può essere annuale, triennale o al termine dell’incarico e in caso di valutazione negativa vanno presi i provvedimenti di perdita della retribuzione di risultato, di revoca dell’incarico secondo determinate modalità, esclusione dal conferimento di ulteriori incarichi di livello dirigenziale corrispondente a quello revocato, per un periodo non inferiore a due anni.
Ma ciò che è più sconcertante è che la valutazione guarda per lo più al raggiungimento dell’obbiettivo economico di poca spesa e maggior guadagno, che mal si concilia con una buona sanità, e non sembra voler prioritariamente valutare se c’è stato o meno un buon operato professionale col reale soddisfacimento dei bisogni del paziente: livello di efficacia, qualità e tempestività del servizio richiesto. Nelle valutazioni di risultato si guarda di più al raggiungimento degli obiettivi economici che a quelli prestazionali, qualitativi o strategici (tabella n.3).

Il contenimento dei costi non deve peggiorare il livello qualitativo che andrebbe monitorato prioritariamente e correlato colla disponibilità delle risorse.
Un attento monitoraggio dovrebbe concentrarsi sulla eliminazione degli sprechi, delle inefficienze e dei ritardi. La Sanità ha grossi costi, ma quanto è in realtà speso per la salute e quanto invece è sperperato dall’istituto di parassitologia che ruota intorno alla salute?
La tutela della salute è un diritto del cittadino, ma si ha l’impressione che molti vogliano che il cittadino abbia il dovere di ammalarsi. Prima di chiudere un consiglio ai colleghi:
· prima di accettare una gestione controllare le risorse e le effettive possibilità della realizzazione e un invito alla categoria:
· rivendichiamo il nostro ruolo e evitiamo di essere i capri espiatori di situazioni che non abbiamo creato e una constatazione:
· i medici ospedalieri, ora, non solo sono responsabili delle cure, ma anche dei risparmi e dei razionamenti delle risorse imposti da altri.

BASTA COI MEDICI IN PRIMA LINEA ALLO SBARAGLIO!!!

L’Amministratore dica quale risorse sono a disposizione e il medico dirà, anche all’utenza, quale Sanità potrà garantire.

Marco Ercolini Perelli

Allegato all'articolo:

FORMAZIONE MANAGERIALE (Dpr 484/97)
1 Organizzazione e gestione dei servizi sanitari
2 Finanziamento e bilanci
3 Gestione risorse umane
4 Gestione delle risorse strumentali
5 Organizzazione del lavoro
6 Marketing e qualità

CONTROLLO DI GESTIONE
Mediante valutazioni comparative dei costi, dei rendimenti, la realizzazione degli obiettivi, la corretta ed economica gestione delle risorse, l’imparzialità e il buon andamento della amministrazione raccogliendo dati e informazioni attendibili e conoscenze precise

GESTIONE DELLE RISORSE UMANE
1 Organizzazione e carichi di lavoro
2 Incarichi e deleghe 3 Rotazione delle funzioni
4 Arricchimento operativo
5 Formazione e aggiornamento
6 Disponibilità verso il personale

RISORSE STRUMENTALI
1 Acquisto di attrezzature valide e necessarie
2 Acquisto delle attrezzature innovative con riguardo al parametro costi/benefici
3 Sfruttamento delle apparecchiature prima che diventino obsolete

MARKETING E QUALITA’
1 Quanti sono i clienti ?
2 Chi sono?
3 Quante volte accedono alla struttura?
4 Da dove vengono? 5 Che servizi chiedono ?
6 Quale servizio viene erogato ?
7 Controllo dell’indice di gradimento
8 Controllo della qualità

FINALITA’ DEL CONTROLLO DI GESTIONE
1 Controllo dei costi per singole unità
2 Controllo della redditività
3 Controllo dei costi di iniziative non produttive
4 Controllo dei flussi finanziari e loro programmazione
5 Controllo della rotazione delle scorte 6 Ottimizzazione dell’erogazione dei prodotti o servizi
7 Valutazione delle attività aziendali non strettamente vincolate a fenomeni economici