Sezione Medicina

da Leadership Medica n. 274 del 2009

Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informativo e dichiarazioni anticipate di trattamento

Nella lunghissima e travagliata discussione sul testamento biologico in Italia che negli ultimi tempi ha invaso giornali di informazione , giornali di opinione, riviste scientifiche, televisioni e radio italiane ed estere, un primo punto fermo è stato messo con la votazione in Senato del 26 marzo 2009 che ha approvato con 150 voti a favore 123 contrari e 3 astenuti il Disegno di Legge con il titolo di "Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e dichiarazioni anticipate di trattamento" ed è la sintesi di una serie di disegni di legge in materia riunita in un unico Testo in sede di Commissione. Nel primo articolo del testo vengono delineate le finalità del Ddl che vuole garantire l'inviolabilità e l'indisponibilità della vita umana, nonché la tutela della salute come fondamentale diritto del cittadino e della collettività. Si precisa il divieto di ogni forma di eutanasia attiva e di suicidio assistito, e si sancisce il divieto di forme di accanimento terapeutico.

Il D.D.L. passa ora alla Camera dove riprenderanno tutte le discussioni tra le varie componenti che, talvolta in via trasversale, agitano il Parlamento e l'opinione pubblica. Il Testo approvato dal Senato e sul quale in precedenza sembrava si fosse trovato un relativo accordo, ha subito creato una rottura violenta tra le varie fazioni presenti in Parlamento che si rifiutano di accettare il fatto che le Leggi possono essere discusse e modificate quanto si vuole dalle varie parti, ma poi quello che conta è il testo che ha ottenuto il voto finale, che deve valere per tutti, favorevoli o contrari che siano.

Il punto che ha creato le maggiori frizioni è proprio quello che riguarda l'emendamento che ha cancellato il termine "vincolante per il medico" che chiaramente non può esercitare la sua professione sulla base di diktat che vengono dall'esterno e che vengono barattati per "libertà".

Tra l'altro il titolo del Disegno di Legge sulla dichiarazione anticipata di trattamento non specifica di che trattamento si tratta, quasi avessero paura di specificare nel titolo il termine di trattamento medico futuro. Si tratta infatti di dare disposizione oggi ad un medico, che per ora non c'è e per una malattia che non è ancora insorta e che quindi chi firma non conosce, come dovrà comportarsi in futuro quel medico, quando si presenterà il problema di una grave malattia e il malato non potrà essere in grado di esprimere il famoso "consenso informato". Il Senato ha approvato un emendamento presentato tra l'altro da un membro dell'opposizione, il senatore Fosson dell'UDC che elide la frase " vincolante per il medico" dal Testo del Disegno di Legge approvato.

Il principio di autonomia decisionale in materia di cure mediche nacque in una fase storica molto pesante per la vita dei popoli. Parliamo del 1946 dopo la scoperta di terribili esperimenti sulla vita umana emersi nel processo di Norimberga. Nacque perciò già da allora il codice etico che, con riferimento alla sperimentazione, stabiliva all'articolo 1 che: "Il consenso volontario del soggetto umano è assolutamente essenziale". Il rispetto della autonomia decisionale ha così realizzato una forma di libertà personale secondo cui il soggetto determina autonomamente il proprio comportamento in armonia con il proprio progetto di vita e la propria salute. Questo concetto di autodeterminazione trova spazio nell'ordinamento giuridico italiano che riconosce al paziente la più ampia libertà decisionale di accettare o rifiutare un trattamento medico chirurgico, salvo naturalmente quei trattamenti obbligatori previsti dalle Leggi in vigore. È da qui che è nata tutta l'attuale normativa sul "consenso informato" che il paziente deve esprimere formalmente al curante all'atto della singola prestazione medico-chirurgica.

Chiaramente la Legge da emanare si pone il problema concreto di garantire questo diritto anche nel momento in cui il paziente ha perso la sua possibilità di esprimere questo consenso per uno stato invalidante cognitivo che può essere legato alle cause più varie.

A quel punto salta fuori il pezzo di carta conservato in un cassetto sul quale è scritto che anni prima quel paziente aveva espresso una volontà di non essere tenuto in vita con particolari artifici in caso si fosse verificato un grave fatto patologico tale che gli impedisse di esprimersi in prima persona al momento dell'evento.

Naturalmente ci si chiede come sia possibile che questa dichiarazione anticipata di trattamento medico futuro (consenso) possa essere espressa senza che il soggetto possa essere in grado di conoscere esattamente (informato) di che cosa si potrà trattare in futuro. E poi come trasmettere al medico che prenderà in carico il paziente quelle preferenze sulle cure di sostegno vitale espresse anni prima chissà dove e chissà come e soprattutto ignorando la vera natura dell'intervento cui potrà essere sottoposto ? Peraltro gli stessi medici molto spesso non si esprimono sulla imminenza dell'evento finale e preferiscono continuare a praticare tutte le cure che si rendono necessarie e che talvolta smentiscono tutte le previsioni sull'andamento della patologia anche in rapporto a sempre nuove ricerche e scoperte scientifiche che potrebbero rendere possibile domani quello che non è ipotizzabile oggi.

Quante malattie un tempo incurabili e inguaribili oggi sono curabilissime e talvolta anche guaribili portando ad una ripresa della vita stessa.

Diverso è il caso dell'accanimento terapeutico che resta di esclusiva competenza del medico curante e che, secondo la propria coscienza ed esperienza professionale, può certamente decidere di sospendere terapie ormai ritenute inutili. Al momento la Norma approvata in Senato è perfettamente in linea con la posizione del Comitato Nazionale di Bioetica, secondo cui le dichiarazioni anticipate di trattamento medico futuro rimangono facoltative per le persone e non vincolanti per i medici.

Esse possono essere un fattore fra gli altri che aiuta a giungere ad una decisione partecipata sulla sospensione delle cure, il più possibile unanime, attraverso un processo di interpretazione che coinvolga gli operatori sanitari collegialmente nonché i famigliari e tutti coloro che possono contribuire a cogliere la complessità della situazione.

Adesso il discorso si trasferisce alla Camera dei Deputati che, tra Commissioni ed Aula, impiegherà ancora del tempo a rendere definitiva la Norma e chiaramente riprenderanno le discussioni sulla ipotesi che lo Stato possa obbligare un medico a prendere decisioni di cui in scienza e coscienza non ne condivide né la forma, né lo spirito.

Amedeo Pavone