Sezione Medicina

da Leadership Medica n. 7 del 2000

Una vecchia battutaccia proveniente da Mosca era intitolata all'"Umorista sconsolato": Un umorista si affaccia dentro un negozio di granaglie e chiede "Avete riso?". "Certamente!" gli rispondono. "Almeno voi," bisbiglia scuotendo la testa e ritirandosi. E' una gag che stimola ben poco il riso, come ben poco riso c'è nei propagandatissimi "oli di riso" freschi freschi di moda, lanciati da conferenze e comunicati stampa, articoli e pubblicità relativi.

Farà tanto "alternativo", farà tanto "naturale", farà tanto "oriental scic" (o "chic"), farà tanto "new age" dall'attraente sapore medical-salutistico, farà tutto quel che volete, fatene tutto quel che volete. A me basta che vi sia chiaro che NON È RICAVATO DAL RISO, se per "riso" s'intende, come il 99,999999 per cento della gente intende, i chicchi di riso. No: l'olio di riso è ricavato - con processi termochimici da far storcere il naso a tutti i macrobiotici che si rispettino - dal cascame di spulatura del riso, ovvero delle scorze dei chicchi. Un'occhiata (antologica) all'articolo scientifico-medico che ne descrive la preparazione permetterà qualche più accurata informazione e riflessione.

Apprendiamo così che: "L'olio di riso (adatto per l'alimentazione e la cosmetica) è frutto di una tecnologia messa a punto in Giappone fin dagli anni '70: dopo la separazione dalla cariosside, la pula e la lolla vengono esposte per pochi minuti ad alta temperatura (95°-105° C) per disattivare gli enzimi responsabili della degradazione degli acidi grassi; successivamente si essiccano fino a raggiungere il 6-7 per cento di umidità. Si procede poi con la spremitura e con la rettificazione, che garantisce all'olio di riso la massima purezza, requisito indispensabile per un functional food". "Fare Fumo!": ordine della vecchia marineria a vapore, che veniva impartito ai fuochisti giù alle macchine, affinché manovrando sul tiraggio dei fumaioli, ottenessero l'addensarsi di quelle "cortine fumogene" con cui confondere il nemico.

Qui il predestinato ad essere fuorviato parrebbe proprio il consumatore. Di cui ci occupiamo qui, perché sono i souteneurs stessi dell'olio da riso a darci spazio, destinando a chiare lettere il loro prodotto a "pazienti" e in "farmacia" perché è "un sistema che fa terapia". Se ne occupa a pieno titolo, quindi, chi si occupa di "Salute della Sanità". Leggiamo infatti nei fogli "Informazione riservata ai Sigg. Medici", che l'"OLIO DI RISO svolge un effettivo ruolo terapeutico inserendosi naturalmente nelle abitudini alimentari del paziente". Lasciamo all'acume del lettore l'analisi dell'ambiguo significato di questo fumoso "naturalmente" messo furbescamente qui. Ma adesso vediamo di diradare almeno il fumo semantico, cioè di parolette e paroloni buttati lì appunto per far fumo.

"Functional food" s'usa per "i cibi contenenti principi attivi naturali, che possiedono concrete proprietà farmacodinamiche e documentate attività preventive e/o terapeutiche per determinate patologie". Passim. "Cariosside" insinua mortifere assonanze, evocanti l'immagine d'un inesorabile insetto dedito a cariare e ossidare la salubrità di ciò che rode, un "tarlo della salute", che per far sano l'olio di riso ne viene (fortunatamente?!) escluso per principio e fin da principio. Infatti - la spiegazione risulta inequivocabile - l'estrazione dell'olio di riso avviene da ciò che avanza "dopo la separazione della cariosside".

Poiché la "cariosside" altro non è che il chicco, se non è fatto coi chicchi (chiamati "cariossidi" così si nota meno, e anzi...eppoi l'olio dall'amido...), con cos'è fatto 'st'olio di riso? Più limpidamente, alcuni dei lavori scientifici citati riservatamente ai Medici, scrivono rice bran oil, ovvero "olio di crusca di riso". Intendendo in questo caso, visto che dal riso prevalentemente non si fa farina, non il residuo di macinazione, bensì il residuo di sbramatura.

Ricordato l'evangelico "separare il grano dal loglio", proseguiamo la navigazione a bordo del dizionario per districarci nelle cortine fumogene stesse attorno all'"olio da riso". Dunque. "Sbramatura: pulitura del risone dalla lolla"; "Lolla: sottoprodotto della sbramatura, costituito dalle foglie che avvolgevano i chicchi; simbolo di fiacchezza fisica e morale: 'è un uomo di lolla'".

Con la "pula" siamo ancora lì, perché è "cascame rappresentato dall'involucro dei chicchi, specialmente dei cereali". Riassumendo. Mentre i chicchi di riso (tanto per non farsi capire bene specificati come "cariossidi") vengono avviati alla loro normale commercializzazione, con gli avanzi della loro sbramatura e spulatura, la lolla e la pula, cascami di cui fa parte in modestissima percentuale anche (dicesi minimalmente anche) l'embrione del chicco (pardon: della cariosside), il germe, si fabbrica l'olio da riso. Lolla e pula vengono infatti surriscaldate ("tostate"), quindi deumidificate e infine spremute e depurate per rettificazione, usualmente con solventi chimici come si fa per l'olio di sansa d'oliva, cui l'"olio di riso" (che sarebbe pertanto più limpido indicare come "olio di crusca di riso") va produttivamente imparentato. Tanto per la chiarezza sulla provenienza dell'"olio di riso". Sugli effetti terapeutici dichiarati nelle "Informazioni riservate ai Sigg.

Medici" - dove si legge che "Riduce sino al 40 per cento il colesterolo legato a LDL e la concentrazione delle Apolipoproteine B" e "i trigliceridi nel circolo ematico sino al 25 per cento" - non abbiamo ora modo di pronunciarci. Possiamo giusto annotare che i relativi, serissimi lavori scientifici richiamati appositamente in bibliografia sono: Nicolosi et al., "Livelli di lipoproteine in scimmie nutrite con una dieta contenente olio di riso"; "Circulation" 88, 1989 e Sasaki/ Takada/ Honda/ Kusada/ Tanabe/ Matsunaga e Arakava, "Effetti del gamma-orizanolo nei lipidi e apoliproteine sierici in schizofrenici dislipidemici in trattamento con tranquillanti maggiori"; Clin.

Therapeutics 12, 1990. Non saremo certo noi a fare del razzismo nei confronti delle nostre strette parenti e controfigure biologiche scimmiette di laboratorio, sul cui metabolismo lipidico di inquadratura primieramente vegetariana però richiamiamo tuttavia l'attenzione. E tanto meno faremo del razzismo nei confronti dei poveri schizofrenici dislipidemici sottoposti a pesanti terapie farmaconeurologiche. Ma sulle interazioni fra i farmaci neurolettici e loro attività metaboliche neurovegetative, qualche significativa perplessità ce la permettiamo. Avete riso? Non direi.

Sergio Angeletti