Sezione Medicina

da Leadership Medica n. 3 del 2000

Già prima che il Ministro Bindi, con un atto di imperio, sancisse l'esclusività del rapporto professionale con il S.S.N. per i medici ospedalieri ed universitari, vi era stato in Italia chi, volendo anticipare la norma, aveva effettuato liberamente tale scelta.
Con tale opzione essi sceglievano di esercitare la cosiddetta "libera" professione all'interno della propria struttura Ospedaliera, regolamentata però da una serie di norme e vincoli interni che di fatto annullavano la definizione di "libera". Ma, pur essendo in pochi, presto si erano resi conto che l'esercizio dell'attività professionale non era di fatto praticabile per la grave carenza di strutture che potessero garantire a tutti gli optanti, nel momento in cui erano liberi da impegni di attività contrattuali di Reparto, di poter esercitare, intra-moenia, quella professione che, proprio in funzione  della loro scelta, gli veniva inibita all'esterno della struttura.
Naturalmente, avendone ricevuto un danno patrimoniale, ingiunsero alla struttura Ospedaliera (Ospedale di Vercelli), per via legale, il pagamento del danno subito.L'Azienda Ospedaliera eccepiva la mancanza di competenza del giudice e il caso finiva dinanzi alla suprema Corte di Cassazione a Sezioni riunite che, in questi giorni, ha stabilito, con sentenza n. 41 del 2000, che i medici danneggiati potranno rivolgersi direttamente al Pretore del Lavoro per ottenere il risarcimento del danno per mancato guadagno.
Questo non è che uno degli innumerevoli ricorsi che la Magistratura ha già esaminato, con soddisfazione dei ricorrenti medici e continua ad esaminare sulla base della Regolamentazione precedente a quella attualmente decretata.
Quest'ultima poi pone di fatto non uno ma almeno una decina di ulteriori motivi per contestare la legittimità della Norma.Moltissimi hanno subito passivamente questo comportamento vessatorio del Decreto Bindi,i restando inerti di fronte ad una norma che, proprio in virtù del cosiddetto silenzio-assenso, trasforma l'inerzia in consenso, cosa di dubbia costituzionalità e motivo di valanghe di eccezioni che alimenteranno un contenzioso infinito.
In un contratto di lavoro non è possibile infatti, a fronte di scelte di grandissima importanza contrattuale, professionale ed economica a livello personale, sancire una norma che comporti l'accettazione di vincoli o benefici senza una sottoscrizione firmata che dia un valore per tabulas alla reale volontà di accettazione da parte del sottoscrittore.
Ma ben altre e più gravi sono le motivazioni che alimenteranno il contenzioso infinito di questo contratto che alcuni Sindacati medici hanno voluto sottoscrivere in cambio di una parzialità del vantaggio economico e di carriera, riservato solo a quegli iscritti che sottostavano alla norma e penalizzando pesantemente chi, pur rappresentato dallo stesso Sindacato, non avesse accettato il vincolo.
E sarà proprio questo un altro dei motivi importanti delle eccezioni: non si può infatti punire con un blocco della carriera un dipendente che svolge la propria attività in virtù di un contratto in essere, questo sì regolarmente sottoscritto, che prevede determinate prospettive di carriera che gli vengono ora negate, pur continuando a svolgere gli stessi compiti e con gli stessi emolumenti.La discriminazione gravissima creata dal blocco delle carriere per i medici che nello svolgimento della loro attività ospedaliera effettuano gli stessi compiti, nelle stesse ore, negli stessi reparti con lo stesso impegno degli altri, non può dar luogo a trattamenti diversi.
Ma, ritornando al caso dei medici vercellesi, il danno maggiore le Aziende Ospedaliere e la Sanità italiana l'avranno proprio da quella estensione pressoché totale della norma che ne renderà di fatto impossibile l'applicazione, non essendo pensabile che gli Ospedali siano in grado di garantire a tutti i medici l'esercizio di una propria attività professionale all'interno dell'Ospedale e per ciò stesso obbligati a convenzionarsi con strutture esterne (ammesso  che ce ne siano a sufficienza) e a pagare i danni alla miriade di ricorrenti che, non potendo esercitare la loro professione, si rivolgeranno ai Pretori del lavoro per avere il risarcimento del mancato guadagno.
Tutto ciò naturalmente oltre che al malato che non potrà scegliere per il medico e il luogo di cura di propria fiducia, e al medico che si troverà ad operare in una condizione di grande demotivazione, porterà sicuramente anche un danno all'Erario.
Le Aziende ospedaliere dovranno affrontare infatti notevoli spese sia per far fronte ad un contenzioso esteso dall'Alto Adige alla Sicilia, sia per il convenzionamento a tappeto di strutture esterne, sia per i risarcimenti che sarà condannata a pagare e chissà che la Procura Generale della Corte dei Conti non voglia mettere il naso sull'operato di quel Ministro che ha emanato il Decreto.Certo non c'è da farsi illusioni sull'intervento ed eventuali inchieste della Corte dei Conti, ma sicuramente la Delega esercitata dal Ministro darà la stura a un contenzioso faraonico, che terrà le Aziende Ospedaliere in uno stato di guerra continua con i medici e continuerà a creare cattiva Sanità.

Amedeo Pavone