da Leadership Medica n. 7 del 2005
In pratica le ricorrenti denunce di malasanità da parte di una stampa che mira più allo scandalo che alla notizia, gli atteggiamenti investigativi da parte di quello che si è autonominato “Tribunale del malato”, i continui ricorsi alla magistratura ordinaria ancor prima che agli Ordini dei Medici, hanno creato una mentalità difensiva da parte del medico che cerca di muoversi con molta circospezione nell’ambito della propria attività professionale.
Per la verità il fenomeno è stato ampiamente studiato e documentato negli Stati Uniti d’America dove esistono stuoli di avvocati pronti ad avventarsi su medici, soprattutto della medicina di urgenza, della chirurgia e ortopedia , della ostetricia e ginecologia, della neurochirurgia, della odontostomatologia e, persino, nella radiologia.
Da uno studio della Scuola di Sanità Pubblica Harvard di Boston condotto su un gruppo di medici della Pennsylvania che esercitano nell’ambito di sei specialità, è risultato che il fenomeno è molto diffuso.
Un totale di 824 medici (65% degli intervistati) ha completato l’indagine.
Quasi tutti (93%) hanno segnalato un deciso atteggiamento di medicina difensiva sopratutto per quanto attiene le procedure diagnostiche nel corso della consultazione.
Peraltro anche in Italia l’Ordine dei Medici di Roma ha reso pubblico di recente che nei primi cinque mesi del 2005 ben 500 cittadini si sono rivolti allo “sportello controversie” dell’Ordine dei medici di Roma, operativo da gennaio. Il servizio ha anche raccolto 35 denunce di errori medici dovuti, nel 45% dei casi ai camici bianchi e nel 55% a protesi o altri impianti.
Negli ultimi tempi si va estendendo anche in Italia un atteggiamento da parte dei medici che negli Stati Uniti d’America chiamano “Defensive medicine”
|
In pratica il medico, per difendersi dalla mania di denunciare l’operato dei sanitari,modifica la propria condotta professionale allo scopo di schivare un possibile futuro contenzioso, evitando di effettuare prescrizioni che in caso di possibili complicazioni aumenterebbero il rischio di essere accusati di comportamento colposo (medicina difensiva negativa).
Peraltro, nel timore di possibili errori si cerca di non assumere responsabilità in prima persona, ricorrendo con grande dispendio di tempo e di risorse economiche alla consulenza di altri specialisti per cercare di non essere minimamente “attaccabili” nel caso di un procedimento giudiziario, per cui si preferisce chiedere una consulenza di più oppure prescrivere un esame diagnostico anche laddove non è affatto indispensabile (medicina difensiva positiva). Questo atteggiamento del medico costituisce un problema sociale molto serio in quanto in un esercizio professionale in cui l’oggetto della propria attività è la vita stessa del paziente, se il medico si lascia guidare dal timore di assumere la propria responsabilità professionale, civile e penale, si giunge ad un risultato certamente squilibrato sia sul piano economico sia sul piano della salute stessa di chi deve essere curato.
Nè tanto meno si può dar credito a quel “consenso informato” che viene fatto firmare molto spesso più per garantirsi sul piano delle responsabilità che per informare il paziente dei rischi cui va incontro.
Quel documento che il legislatore ha voluto imporre con grande enfasi a garanzia dei malati, si trasforma molto spesso in un pezzo di carta da mettere nel cassetto, pronto a saltar fuori in caso di complicazione per poter dire che il paziente era stato informato di tutti i rischi e che aveva acconsentito a subire il trattamento effettuato.
In pratica degli 824 medici interpellati in Pennsylvania Il 43% ha dichiarato di prescrivere indagini diagnostiche superflue; il 42 per cento ha candidamente confessato che ha preferito evitare pazienti scomodi per timore di incorrere in casi rischiosi.
Ma quale è alla fine il risultato di questo atteggiamento?
Certamente meno impegno professionale da parte dei medici
Un costo sicuramente maggiore sia per il Servizio Sanitario che per gli stessi pazienti una crescita poco controllabile di consulenze esterne un notevole aumento di esami diagnostici che, talvolta, potrebbero essere dannosi per lo stesso malato.
Ma sopratutto quello che fa più paura è quell’atteggiamento difensivo negativo che porta a non prendere decisioni o a non seguire terapie innovative, cosa che talvolta può ritardare pericolosamente la guarigione o far cronicizzare patologie che potrebbero essere bloccate in tempo.
Per fortuna , anche se l’attuale sistema di aziendalizzazione delle strutture sanitarie ha portato ad ingigantire questo senso di sfiducia nella assunzione di responsabilità, resta il fatto che la professionalità della maggior parte dei medici italiani è tale che, anche con una certa preoccupazione, alla fine poi ognuno si assume la responsabilità che il proprio ruolo comporta e ....la medicina va avanti!
Amedeo Pavone