Sezione Medicina

da Leadership Medica n. 3 del 2005

Medico generico, medico generalista, medico pratico, medico di base, medico della mutua, medico di famiglia, sono tutti termini in auge da qualche tempo e legati indissolubilmente alla nascita del Sistema mutuo assistenziale e del SSN, prima d’allora c’era il “medico” e basta.
Dagli ultimi accordi convenzionali poi nascono altre figure professionali legate alla medicina di gruppo, ai medici associati ed ad altre sigle create con un unico scopo: Il Servizio Sanitario Nazionale costa troppo alla collettività e quindi occorre studiare sempre nuovi sistemi convenzionali per riuscire nella grande strategia del risparmio a tutti i costi.
Chiaramente i costi ricadono sulla collettività ma, alla stessa collettività che ne beneficia e quindi paga il Servizio, mai nessuno ha chiesto se i cittadini, finanziatori, preferiscono una assistenza valida oppure delle cure che mirino esclusivamente al risparmio.
L’importante è che ci sia un accordo tra il Servizio Sanitario e qualche Sindacato medico che possa contribuire ad ottenere un risparmio globale, trasferendo alcune voci di spesa dall’assistenza del malato alla organizzazione del Gruppo o dell’Associazione ed il giuoco è fatto. In un recente sondaggio, presentato nella Conferenza dei Servizi di un grande Ospedale Universitario Milanese, gli intervistati hanno indicato con chiarezza un miglioramento della organizzazione, ma un peggioramento delle cure.
Ma cosa resta al malato che chiede oggi e subito l’intervento del proprio medico di fiducia di quella assistenza qualificata che nei proclami delle Regioni e del Servizio Sanitario Nazionale dovrebbe essere incentrata esclusivamente sul medico di medicina generale? In un’epoca in cui la tecnologia cerca sempre più di impadronirsi del rapporto medico-paziente, si sta perdendo un concetto che da sempre è stato alla base di quella medicina clinica del medico della persona la cui componente umanitaria si fondava sulla comunicazione comprensiva tra medico e malato. Per la verità ormai la filosofia imperante nei politici e nei mass-media ha imposto la sostituzione del concetto di cura delle malattie con quello della tutela della salute con l’obbiettivo di ritrovarci alla fine tutti sani e così lo Stato risparmia. Dopo la chiusura degli Istituti Psichiatrici in nome della inesistenza della pazzia, arriverà anche l’ora della chiusura degli Ospedali negando l’esistenza delle malattie: saremo tutti spartanamente sani, come auspicava peraltro Adolf Hitler: i malati o saranno morti o saranno tutti guariti! Purtroppo la vita ci propone una realtà completamente diversa: tutti i giorni ci sono malati e malattie che necessitano dell’intervento medico e sopratutto di un medico che abbia la capacità di ascoltare il paziente, di mettersi in relazione con il malato, non solo a parole e a gesti, ma anche con la capacità di accostarsi al malato come essere umano di stabilire con lui un rapporto di fiducia basato sulla propria preparazione professionale, sul tempo da dedicare al malato come “persona” e non come soggetto sul quale mettere in pratica le proprie nozioni tecnico-scientifiche Già il Menagement Ospedaliero ha trasformato la Struttura in Azienda con concetti imprenditoriali che mirano più a far quadrare i bilanci che alla cura dei malati, in un’ottica di produttività che tende ad ottenere utili da investire in organizzazione da catena di montaggio piuttosto che in professionalità. Ma adesso le incongruenze del sistema dei DRG ospedalieri verrebbero trasferite, con le opportune varianti, nella medicina generale, quella medicina che si vorrebbe umanizzare e che invece viene sempre più allontanata proprio dal rapporto umano di consenso che deve legare l’uomo medico all’uomo malato. Basta scorrere un solo articolo della nuova Convenzione per capire come si intende trasformare tale rapporto: l’articolo 8 dell’Accordo, che sinora solo il Sindacato Autonomo SNAMI non ha firmato, e che riguarda la struttura del compenso delle prestazioni mediche, recita così:

ART. 8 - STRUTTURA DEL COMPENSO
2. Concorrono alla costituzione del compenso dei medici di cui al presente Accordo:
a) quota capitaria ponderata per assistito e/o quote orarie;
b) incentivi di struttura, di processo, di livello erogativo, di partecipazione agli obiettivi e al governo della compatibilità, nonché incentivi legati al raggiungimento degli obiettivi di qualificazione e appropriatezza;
c) quota per servizi e prestazioni aggiuntive, per medico singolo o per gruppi, calcolata in base al tipo ed ai volumi di prestazione;
3. Nel rispetto di quanto indicato ai commi 1 e 2, le Regioni e le Organizzazioni sindacali concordano di determinare l'entità del compenso per assistibile pesato definendone caratteristiche e tipologie....(sic !!!)

Certamente non è questo lo spirito con cui si vorrebbe umanizzare il rapporto tra medico e malato; un rapporto che diventa sempre più distaccato, parcellizzato e strumentalizzato proprio in un’epoca in cui il medico deve rapportarsi a malattie dal lungo decorso con le quali si convive per anni e che hanno consentito l’allungamento delle speranze di vita della intera popolazione, ma hanno anche allungato la vita di malati cronici o con gravi forme morbose che necessitano di un medico che riesca a stabilire una comunicazione diretta per la condivisione delle scelte di cure che spesso non sono risolutive talvolta anche per malati in giovane età. Occorrono valori di umanità, di disponibilità, di consonanza, di affidabilità di partecipazione, di sostegno che devono affiancarsi alle conoscenze scientifiche e all’impegno professionale.
Sono solo questi ideali che danno al medico, nel quale il malato ripone la propria fiducia, quel valore aggiunto che lo qualifica un vero “medico della persona” e che dovrebbero costituire la vera qualificazione del Servizio Sanitario.

Amedeo Pavone