da Leadership Medica n. 264 del 2008
I farmaci generici, devono devono rispettare tutti i principi e le norme di buona fabbricazione dando perciò le stesse garanzie di qualità della corrispondente specialità.
A distanza di dodici anni dalla introduzione nella farmacopea italiana dei farmaci generici, della loro prescrivibilità e soprattutto della loro sostituibilità nell’ambito del rimborso delle specialità farmaceutiche prescrivibili da parte di medici convenzionati con il SSN, sono molti a chiedersi come stia realmente evolvendo l’assistenza farmaceutica in Italia.
Per poterci orientare sulla situazione realmente esistente, dobbiamo prima cercare di capire cosa si intende per farmaco generico.
Per la verità il termine di generico non calza molto alla categoria in quanto si tratta di specialità farmaceutiche a base di uno o più principi attivi, prodotti industrialmente.
La genericità, sancita dalla Legge 425 dell’8/8/96, consiste solo nel fatto che non essendo più protette da brevetto, essendo scaduti i termini del relativo certificato protettivo complementare, possono essere prodotte da qualsiasi altra industria farmaceutica, a condizione che si tratti di un farmaco che sia bioequivalente rispetto alla specialità medicinale già autorizzata, abbia la stessa composizione quali-quantitativa in principi attivi, la stessa forma farmaceutica e le stesse indicazioni terapeutiche.
Naturalmente la fabbricazione del farmaco generico non può avvenire automaticamente, ma necessita di una serie di approvazioni ministeriali che vengono subordinate a una documentazione scientifica che attesti la bioequivalenza rispetto alla specialità con il brevetto scaduto, lo stesso metodo di fabbricazione e di officina di produzione, la stessa via di somministrazione e sopratutto un abbassamento di prezzo di almeno il 20 per cento rispetto alla specialità originatrice.
Resta comunque acquisito il concetto che i procedimenti adottati per la produzione e il controllo della qualità del farmaco generico, devono rispettare tutti i principi e le norme di buona fabbricazione dando perciò le stesse garanzie di qualità della corrispondente specialità.
Tutto questo fa parte della attuale legislazione sul farmaco.
Ma cosa c’è di vero in questa precisa equivalenza tra una specialità farmaceutica brevettata e sperimentata nella pratica clinica nel corso degli anni a livello mondiale ed il corrispondente Farmaco generico che, al momento della consegna , il farmacista sostituisce al farmaco prescritto?
Chiaramente la preesistente normativa aveva garantito tutta la ricerca e le sperimentazioni sul farmaco fatte a suo tempo in sede di brevetto con tutte le verifiche successive effettuate nella lunga pratica clinica della somministrazione della specialità farmaceutica e che ora dà origine al corrispondente farmaco generico.
Ma quali certezze abbiamo su una specialità farmaceutica che si vuole riprodurre da parte di una industria diversa, talvolta con metodi di fabbricazione diversa e magari usando materie prime fabbricate in Cina o in India con metodi in Italia sconosciuti ?
L’importante, per la Legge, è che ci sia la bioequivalenza, ossia che abbia:
- la stessa composizione qualitativa e quantitativa delle sostanze attive contenute nella specialità farmaceutica originale;
- lo stesso metodo di fabbricazione e di officina di produzione della specialità duplicata;
- la stessa forma farmaceutica;
- le stesse indicazioni terapeutiche;
- la stessa via di somministrazione.
Ma chi controlla e garantisce la perfetta corrispondenza di tutti i requisiti del farmaco generico con quelli della specialità riprodotta, la sua efficacia, la sua qualità e soprattutto la sua sicurezza?
Peraltro come si può capire con quale sistema è possibile garantire che non vi sia stata, nella concreta attuazione della norma, una parzialità autorizzativa che abbia potuto prediligere una qualche industria costituita ad hoc senza i requisiti indispensabili ad un controllo continuo del farmaco limitandosi ad una semplice riproduzione della formula chimica e, nel contempo, come si potrà garantire la effettiva corrispondenza del prodotto alla efficacia della specialità sostituita?
La specialità in commercio ha avuto la possibilità di essere testata sul campo ormai da anni in migliaia di casi, la stessa cosa non può certo dirsi del generico.
A livello scientifico vi sono pareri di studiosi cui è stato affidato questo tipo di ricerca su campioni di farmaci generici, quali il prof. Pierluigi Navarra. Farmacologo dell’Università Cattolica di Roma e consulente dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) che asseriscono di aver incontrato talvolta difficoltà nel riconoscere una effettiva “parentela” tra il prodotto originale e quello che dovrebbe sostituirlo, con serie difficoltà di valutazione.
In particolare il controllo deve stabilire la equivalenza della concentrazione plasmatica dei due farmaci con una tolleranza ammessa sino al 20 per cento.
Deve inoltre essere garantita la intercambiabilità tra il farmaco generico e la specialità originale nella assunzione da parte del paziente, la certezza della efficacia e la totale assenza di rischio.
Peraltro la specialità originale è garantita da un marchio di fabbrica che consente la duplicazione del farmaco perfettamente identico a quello che il paziente assume da tempo, mentre il generico può essere fabbricato da due produttori diversi e, pur avendo la stessa bioequivalenza rispetto al prodotto cui fanno riferimento, possono produrre livelli circolanti mediamente inferiori (-20%) o superiori (+20%) del prodotto originale.
Ne consegue che tra i due farmaci generici che riproducono la stessa specialità vi può essere un diverso livello plasmatici anche del 40 per cento.
Di questo non può essere certo al corrente il paziente al quale viene prescritta una specialità che ha una sua efficacia, ad esempio, assumendone una pillola al giorno, ma al termine della confezione gli viene consegnato il corrispondente generico. ma carente del principio attivo, per cui deve aumentare il dosaggio per avere lo stesso effetto, mentre la volta successiva gli viene consegnato il corrispondente generico di un’altra produzione con principio attivo in eccesso ed il paziente che aveva aumentato il dosaggio ne riscontrerà un danno, non essendoci alcuna bioequivalenza tra i due generici, fornititi in tempi diversi, in sostituzione della stessa specialità farmaceutica, ma con livelli circolanti della sostanza attiva distanti tra loro per ben il 40 per cento.
E’ evidente che a questo punto il medico curante dovrà sicuramente cercare di monitorare l’efficacia del farmaco, informandosi sempre sulla possibile sostituzione della specialità con un farmaco generico.
L’unica speranza, che già comincia a dare i suoi frutti, è che i produttori della specialità originale, indipendentemente dal fatto che a suo tempo abbiano potuto applicare un prezzo maggiore per ammortizzare la spesa della ricerca di una nuova molecola, oggi. superato il termine di protezione che gli garantiva il brevetto, possono sicuramente produrre a un prezzo minore quel farmaco per il quale hanno acquisito una specifica competenza di fabbricazione e sono già in possesso di tutte le apparecchiature idonee alla sua produzione.
A questo punto il prezzo della specialità originale diventa competitivo rispetto a quello del farmaco copiato e quindi il problema avrà trovato la sua ovvia soluzione.
Dottor Amedeo Pavone