da Leadership Medica n. 10 del 2002
Nel gran frastuono di voci che si rincorrono in questi ultimi giorni sulla Legge che dovrà introdurre il Federalismo Regionale, in particolare per la Sanità, come sempre si apre un gran conflitto sui termini: Federalismo – Devoluzione – Regionalizzazione – ma si perdono completamente di vista i contenuti. Tutti i giorni assistiamo agli scontri sulla necessità di riformare la Sanità, come se improvvisamente tutti dimenticassimo che non stiamo parlando di un sistema fermo all’epoca delle Casse Mutue e delle Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza, ma stiamo parlando invece di un sistema che si sta continuamente modificando (riformando) da almeno 30 anni. Del vecchio sistema ormai non restano che macerie: i primi ad essere abbattuti sotto il pesante maglio delle riforme furono i vecchi manicomi il cui immenso patrimonio immobiliare fatto di edifici, di parchi e di strutture sanitarie divenne immediatamente preda da spartire tra gli avvoltoi che si precipitarono a smembrare i vecchi Istituti Psichiatrici a favore degli Enti utili ed inutili che erano già appollaiati sul sicomoro in attesa della spartizione, mentre i poveri malati di mente, sopravvissuti al disastro, si aggirano nelle astanterie degli Ospedali, se non nei manicomi criminali in attesa che qualcuno dia attuazione alle norme che derivano dalla Riforma. E’ del 1978 la Legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, che di nazionale ormai ha solo il nome in quanto ha trasferito ormai da vari lustri quasi tutte le competenze alle Regioni ed insieme alle competenze anche i quattrini che ormai sono in assoluto la prima voce di bilancio delle Regioni. Ma quel che è peggio, questo colosso in demolizione viene riformato continuamente dall’interno con Leggi Nazionali e Regionali che ne modificano ininterrottamente le norme: dagli appalti ai concorsi per il personale, dalla figura giuridica del personale (dipendente, libero-professionista – a contratto a tempo determinato – a contratto a tempo indeterminato – a tempo pieno – a tempo definito - a tempo unico – con possibilità di esercizio libero professionale o con divieto di esercizio libero professionale) alla figura giuridica dell’Ente (Struttura unificata - Ente Autonomo – Azienda). – Pagamento a piè di lista - finanziamento regionale – rimborsi in base ai famosi D.R.G. (diagnosis related groups) che intendono stabilire categorie di ricoveri omogenei per quantità di risorse assorbite nel processo assistenziale. Ma le riforme non si fermano qui: ormai non si parla più di malati e di malattie, ma si parla di budget e di cooperative mediche tra medici di medicina generale – tra generalisti e specialisti – tra vari tipi di specialità perché ormai in cima ai pensieri dei riformatori c’è solo la spesa ed il modo di quantificare e controllare la spesa. Ma la politica non si ferma mai ed allora occorre riformare questa malapianta della sanità trasformandola in 20 piantine e piantone che devono crescere e svilupparsi autonomamente. Che poi l’autonomia ci fosse già da anni, questo era scritto nelle innumerevoli Leggi e Leggine – Decreti e Regolamenti, ma non era scritto nella Costituzione per cui occorre fare una specifica Legge Costituzionale che di fatto sancisca costituzionalmente quello che di fatto già si faceva, in attesa che magari un domani salti fuori un nuovo riformatore che decida che il sistema va unificato e, magari, si torni alle vecchie Casse Mutue. Naturalmente su questa modifica, già in atto, della Costituzione si accapigliano destra e sinistra contendendosene la primogenitura. Chi ci va di mezzo in tutto questo rimescolamento continuo delle norme è l’assistenza al malato che deve essere portata avanti da una classe medica demotivata per i continui cambiamenti cui viene sottoposta e per non sapere mai oggi quel che potrà essere domani. Alla fine penso che ciò di cui necessita la Sanità per risolvere i problemi nazionali, regionali e locali siano i quattrini. Il problema è puramente matematico e non giuridico: se si vuole una migliore assistenza sanitaria bisogna stanziare maggiori fondi e soprattutto garantirsi che vengano spesi bene anche da quelle Regioni che guardano solo il colore dei soldi e la possibilità di incrementare le proprie entrate perdendo di vista il vero scopo per cui sono stati incassati.
Dott. Amedeo Pavone