Sezione Medicina

Sommario

Introduzione

Quando fu introdotta in Italia la conoscenza del fenomeno del Mobbing, ossia del terrore psicologico sul posto di lavoro, l'impressione degli addetti ai lavori era quella di aver scoperto qualcosa di nuovo ed impensato. In realtà, quello che si fece allora fu solo di scoperchiare una pentola ben colma di altre problematiche lavorative, alcune simili al Mobbing e quindi facilmente confondibili con esso, altre di natura totalmente diversa, tutte con ben preciso denominatore comune: si tratta di conflitti che avvengono in ambito lavorativo, che hanno carattere intenzionale e persecutorio e che possono ledere seriamente la salute psicofisica del lavoratore che ne è vittima.
Poiché la legislazione italiana prevede espressamente che tale salute psicofisica sia tutelata – senza contare la crescente preoccupazione ed attenzione della Comunità Europea in tal senso - la conoscenza e lo studio di tali fenomeni assume una grande rilevanza sia dal punto di vista della prevenzione che da quello della gestione, delle conseguenze e delle possibili strategie risolutive.
Una di queste nuove problematiche, spesso deleteriamente confusa con il Mobbing, è un fenomeno che ho definito ed elaborato qualche anno fa, sulla base dell'esperienza accumulata in oltre dieci anni di lavoro nel campo del disagio lavorativo in Italia: lo Straining.

Origine e definizione dello Straining

Con il termine Straining si intende una situazione di Stress forzato sul posto di lavoro, in cui la vittima subisce almeno una azione ostile e stressante, che ha come conseguenza un effetto negativo costante e permanente nell’ambiente lavorativo. Oltre a questo, la vittima è in persistente inferiorità rispetto alla persona che attua lo Straining (strainer) e lo Straining viene attuato appositamente contro una o più persone, ma sempre in maniera discriminante.

Questa definizione del fenomeno dello Straining è la stessa che è entrata nella Giurisprudenza italiana attraverso l'ormai famosa sentenza n. 286 del 21.04.05 del Tribunale del Lavoro di Bergamo, la prima sentenza in tema di Straining pronunciata in Italia.
In sostanza si tratta di una situazione lavorativa conflittuale in cui la vittima ha subito azioni ostili limitate nel numero e/o distanziate nel tempo (e quindi non rientranti nei parametri del Mobbing), tuttavia tali da provocarle una modificazione in negativo costante e permanente della sua condizione lavorativa.


Il modello Ege a 4 fasi dello Straining (Tratto da H. Ege, Oltre il Mobbing. Straining, Stalking e altre forme di conflittualità sul posto di lavoro, ed. Franco Angeli, Milano, 2005)

Ma come è nato lo Straining? Al pari del Mobbing, anche l'idea dello Straining è nata in ambito psicologico e solo successivamente è approdata nelle aule dei Tribunali. Tutto ha preso inizio da un dato che emergeva con insolita prepotenza ed univocità dalle statistiche di oltre dieci anni di lavoro sul campo e circa 3000 casi analizzati personalmente: su cinque presunti casi di Mobbing solo uno si rivela all'analisi effettivamente come tale.
Secondo uno studio condotto nel 2005 dall'Associazione PRIMA di Bologna ( www.mobbing-prima.it ) su un campione di 3000 casi di presunto e proclamato Mobbing analizzati con il metodo dei sette parametri solo il 20% del campione potevano oggettivamente dirsi tali. Il 13% erano casi ascrivibili a una qualche forma di Stress occupazionale, ossia a situazioni generalizzate di cattivo clima organizzativo, prive di contenuti discriminatori. Un 6% comprendeva soggetti con problemi personali di tipo psichico, soprattutto paranoia e depressione organica, emerse chiaramente dalla valutazione diretta e dalle diagnosi mediche presentate. Una parte piccola ma presente, pari circa all'1% del totale, corrispondeva a casi di conflittualità molto elevata, nata in ambito lavorativo e sconfinata poi nella vita privata della vittima, denominata Stalking Occupazionale. La stragrande maggioranza di chi si riteneva mobbizzato, ben il 60% circa, rientrava in realtà nello Straining.


La distribuzione dei conflitti occupazionali in Italia secondo i primi dati di PRIMA (2005). Grafico tratto da H. Ege, Oltre il Mobbing. Straining, Stalking e altre forme di conflittualità sul posto di lavoro, ed. Franco Angeli, Milano, 2005)

Lo Straining è una condizione di profondo disagio lavorativo dovuto a demansionamenti, privazioni degli strumenti di lavoro, isolamento professionale e relazionale, trasferimenti illegittimi, etc: situazioni in cui il Mobbing è escluso dalla mancanza oggettiva ed empiricamente verificata di una frequenza idonea di azioni ostili attive (fissata come è noto in "almeno alcune volte al mese"), casi – insomma - in cui le azioni ostili che la vittima ha effettivamente subito sono poche e troppo distanziate nel tempo, spesso addirittura limitate ad una singola azione, come un demansionamento o un trasferimento disagevole.
Pur non essendo mobbizzati, le vittime di queste situazioni presentavano ugualmente serie ripercussioni non solo sulla salute in senso stretto, con sintomi psicosomatici anche gravi, spesso sconfinanti nella patologia vera e propria, ma anche a livello di autostima e di qualità di vita in senso lato. In alcuni casi tali effetti erano del tutto paragonabili, se non a volte addirittura più gravi, di quelli derivanti da una azione mobbizzante vera e propria.
D'altra parte, queste situazioni erano più di quello che poteva essere identificato come Stress Occupazionale, stress cioè dovuto al tipo o alle condizioni di lavoro. Queste persone infatti erano vittime di un tipo di Stress forzato, cioè superiore a quello normalmente richiesto dalle loro mansioni lavorative e diretto nei loro confronti in maniera intenzionale e discriminante: in sostanza, solo a loro – fossero essi una sola persona o un gruppo – veniva riservato quel tipo di trattamento illecito e dannoso.
Di fronte a questi casi, si poneva un serio e pressante problema, morale prima ancora che professionale: di certo le vittime di queste situazioni non potevano essere semplicemente rimandate a casa in quanto non vittime di Mobbing. Se non era Mobbing e neppure semplice Stress occupazionale, doveva oggettivamente e ragionevolmente trattarsi di qualcos'altro a cavallo tra i due. Occorreva semplicemente trovare un nome al loro disagio.
Straining è il termine che ho scelto, con chiara allusione allo Stress (i due termini inglesi sono infatti molto vicini, sia foneticamente che a livello di significato) e con altrettanto evidente differenza con il Mobbing. Lo Straining in effetti è un fenomeno che potrebbe essere facilmente scambiato per un semplice caso di Stress occupazionale, se non fosse per il fatto che la vittima di solito lo percepisce come Mobbing, data l'alta componente di intenzionalità e di discriminazione.
Il legame tra Straining e Stress Occupazionale è evidente, oltre che intuitivo: in una situazione di Straining, l'aggressore (che chiameremo logicamente strainer) sottomette la vittima facendola cadere in una condizione particolare di Stress con effetti a lungo termine. Tale Stress può derivare dall'isolamento fisico o relazionale o dalla passività ed indifferenza generale nei confronti della vittima, dalla privazione, dalla riduzione o dall'eccesso del carico lavorativo. In sostanza, la persona strainizzata può ritrovarsi relegata in una stanza in fondo al corridoio dove nessuno passa o trasferita nella classica filiale remota dove nessuno vorrebbe mai andare; può essere sottoposta ad un eccessivo carico di lavoro o comandata a mansioni superiori per cui non ha preparazione adeguata; può venire deprivata nelle sue mansioni e costretta a incarichi minori ed umilianti, se non addirittura all'inoperosità. Tutte queste condizioni sarebbero identificabili ad ogni buon conto come Stress Occupazionale, se non fosse per il particolare, cruciale, che tale trattamento è riservato solo a quel determinato lavoratore (o gruppo di lavoratori).

Tratto da H. Ege, Oltre il Mobbing. Straining, Stalking e altre forme di conflittualità sul posto di lavoro, ed. Franco Angeli, Milano, 2005)

Il metodo di rilevazione

Per rilevare una situazione di Straining deve essere presente e attestata almeno una azione ostile, che abbia una conseguenza duratura e costante a livello lavorativo e un carattere intenzionale e discriminatorio. La vittima di Straining, dunque, deve aver subito almeno una azione negativa che non si è esaurita, ma che continua a far sentire i suoi effetti a livello lavorativo a lungo termine e in modo costante (per esempio un cambio di mansioni e/o di qualifica, uno spostamento/ trasferimento penalizzante, una perdita di chance, la soppressione di un bonus, etc). È chiara dunque la differenza con il Mobbing, la cui identificazione come è noto richiede tra l'altro la presenza di più azioni ostili, che accadano con sistematicità ed una certa frequenza (almeno alcune volte al mese) e per un certo periodo di tempo (almeno sei mesi).
La vittima dello Straining deve poi essere confinata in una posizione di costante inferiorità rispetto ai suoi aggressori: essa non ha più le stesse capacità e possibilità di azione e di gestione del conflitto rispetto a prima e rispetto ai suoi aggressori e quindi non è più in grado di tutelare i propri diritti (nel senso del rispetto delle sue mansioni, della sua professionalità, del suo ruolo, delle sue competenze, etc). Infine, per essere inquadrata nello Straining l'azione ostile deve avere carattere intenzionale e discriminatorio, ossia deve essere deliberatamente predisposta ai danni di una certa persona o di un certo gruppo di persone, a cui deve essere riservato un trattamento diverso, in senso negativo, rispetto agli altri.
Facendo un esempio pratico ed emblematico, possiamo pensare ad un caso di demansionamento o dequalificazione professionale. Un dipendente un giorno riceve un ordine di servizio per cui dall'indomani è adibito ad un incarico nettamente inferiore alle sue qualifiche e capacità. L'azione ostile che questa persona ha subito è una sola e già finita in sé (l'ordine di servizio demansionante); le conseguenze di tale azione, però, per la vittima si ripercuotono e si rinnovano ogni giorno nel suo nuovo lavoro umiliante e dequalificante, costantemente e permanentemente; inoltre tale azione è stata perpetrata in modo intenzionale nei suoi confronti (perché lui e non altri?) e discriminante rispetto agli altri lavoratori che hanno mantenuto le loro mansioni.
La sistematicità delle azioni ostili è senz'altro la differenza più macroscopica tra un caso di Mobbing e uno di Straining, ma non è l'unica. È utile a tal proposito il confronto grafico tra i sette parametri di riconoscimento del Mobbing e quelli che specularmente ho fissato per lo Straining, deducendoli dai punti salienti della definizioni di cui sopra.

Come si vede, alcuni parametri sono uguali sia nel Mobbing che nello Straining (i nn. 1, 3 e 5), mentre gli altri riassumono le cruciali differenze tra i due fenomeni. La verifica empirica di tali parametri consente di individuare in modo rigorosamente scientifico i due conflitti lavorativi, distinguendoli l'uno dall'altro e limitando al massimo l'interferenza di fattori di ordine interpretativo e percettivo.
A livello pratico, l'esperto procede alla verifica empirica dei parametri attraverso l'esame dei risultati forniti dal soggetto in un questionario specifico, il test LIPT Ege Professional (versione modificata ed ampliata del noto Leymann Inventory of Psychological Terrorism, uno degli strumenti più usati in Europa per la rilevazione del grado di conflittualità nei contesti organizzativi). Tale questionario contiene una lista di azioni ostili, suddivise in cinque categorie (Attacchi ai contatti umani, Isolamento sistematico, Cambiamenti di mansioni, Attacchi alla reputazione, Violenza e minacce di violenza), che il soggetto deve indicare di aver subito; vi sono poi domande relative alla frequenza e alla durata del trattamento negativo e alle conseguenze psicofisiche patite. Le segnalazioni vengono poi integrate – ed eventualmente corrette e/o ridimensionate - da un successivo colloquio specialistico, nel corso del quale - se necessario - l'esperto procede a valutare anche le attuali condizioni psicofisiche ed "esistenziali" del soggetto.

Il fronte giuridico: i danni da Straining ed il loro accertamento

La differenza tra Mobbing e Straining è senz'altro interessante per lo studioso di organizzazione e di psicologia del lavoro, nonché risulta utile per delineare percorsi preventivi, gestionali e risolutivi efficaci; assume tuttavia cruciale rilevanza quando il conflitto lavorativo approda nelle aule giudiziarie, dove la vittima chiede di essere risarcita per i danni subiti.
È noto che le cause di Mobbing, dopo un'impennata iniziale con alcune clamorose sentenze, negli ultimi anni hanno segnato una lunga serie negativa, che ha contribuito a diffondere una certa sfiducia tra gli addetti ai lavori. La ragione di questo è da ricercarsi solo in parte dei noti mali della Giustizia italiana; i dati ci dicono infatti che la stragrande maggioranza delle azioni giudiziarie di Mobbing oggi in Italia fallisce semplicemente perché non si tratta di Mobbing.
La diffusione della conoscenza in materia ha infatti permesso alla maggioranza degli operatori chiamati a trattare il problema, siano questi psicologi, medici, avvocati o giudici, di riconoscere alcuni tratti fondamentali connotanti il Mobbing e di discriminare di conseguenza. Uno di questi tratti, come si è detto, è la sistematicità, frequenza e regolarità delle azioni ostili perpetrate ai danni della vittima e laddove non emerge una situazione di conflitto permanente, con attacchi costanti e ripetuti contro il presunto mobbizzato, sempre più giudici rigettano, a ragione, le domande di Mobbing.

Molte cause presentate come Mobbing riguardano in effetti casi di Straining: assegnazione di mansioni inferiori, dequalificazioni professionali, trasferimenti spiacevoli, costrizione all'inattività, marginalizzazione dall'attività lavorativa, esclusione dal flusso di informazione, etc. Tutte situazioni in cui la parte datoriale sotto accusa ha gioco estremamente facile a dimostrare la mancanza del macroscopico requisito della sistematicità delle azioni ostili, e quindi, a far crollare tristemente ogni pretesa risarcitoria del lavoratore. Ecco perché è estremamente importante chiamare Mobbing ciò che è Mobbing e Straining ciò che è Straining. In questo modo non solo la condizione della vittima risulta perfettamente inquadrata, ma anche la sua domanda di risarcimento trova un valido e difficilmente affondabile fondamento teorico.

Lo Straining non è un inutile doppione di concetti giuridici già esistenti quali la dequalificazione o il trasferimento illegittimo: è invece una loro integrazione psicologica ed esistenziale, necessaria e dovuta soprattutto in ambito risarcitorio.

Lo Straining infatti, al pari del Mobbing, è sempre causa alla vittima di un danno esistenziale specifico, legato al decadimento della sua qualità di vita in senso lato, danno a cui possono - ma non necessariamente devono - aggiungersi altri tipi di danno come quello biologico, qualora dalla situazione di Straining ne sia risultata causalmente compromessa la salute psicofisica della vittima, o quello professionale, nel caso in cui la deprofessionalizzazione subita abbia avuto effetti deleteri in questo senso.

In sostanza, il lavoratore relegato a mansioni inferiori e umilianti e là tristemente "dimenticato", potrà forse richiedere - esattamente come il suo collega mobbizzato - il risarcimento per il danno professionale subito, legato alla perdita di chance, al mancato aggiornamento, a volte alle differenze retributive in senso stretto, e forse potrà dimostrare di avere anche un danno alla salute (biologico), avendo sviluppato una patologia per esempio depressiva, ma potrà anche affermare di aver subito un danno alla sua esistenza, alla sua qualità di vita, alla parte più intima ed importante di se stesso. Ci sono persone che raccontano di aver avuto la vita stravolta a causa di un disagio lavorativo come il Mobbing o lo Straining: c'è chi ha perso interessi e hobby che prima lo appassionavano, chi non passa più tempo con i figli, chi non fa che litigare con la moglie ed è sull'orlo della separazione, chi da persona estroversa e vivace racconta di essere diventato un orso, chi dichiara che gli altri ormai lo prendono per matto.

Oltre a questo può essere presente un danno biologico, derivante per esempio da una patologia psichica correlata all'ambiente di lavoro, accertata e quantificata da una apposito perizia medico legale psichiatrica, nonché possono essere presenti anche danni di natura professionale derivanti da differenze retributive, perdita di chance e di knowhow, mancata formazione etc; questi danni possono essere quantificati o dal legale stesso sulla base della retribuzione o da una apposita perizia contabile, o tramite qualsiasi altro mezzo oggettivo adatto al caso specifico.

Come nel Mobbing, anche nello Straining, dunque, i vari professionisti lavorano in equipe per garantire la migliore tutela alla vittima: l'avvocato calibrerà le richieste secondo l'effettivo stato delle cose, il medico quantificherà gli eventuali danni biologici correlati, lo psicologo definirà lo Straining e il danno esistenziale. Quest'ultimo professionista, esperto in conflitti organizzativi, ha comunque il ruolo cruciale di distinguere e chiarire, in modo da indirizzare la persona nella giusta direzione di azione, al riparo da sproporzionate illusioni e conseguenti, profonde delusioni.

Poiché il disagio e le sofferenze di una vittima di Straining sono paragonabili, se non addirittura identiche, a quelle di una vittima di Mobbing, è prassi già applicata con successo anche in sede di CTU accertare il danno esistenziale da Straining in modo analogo al danno da Mobbing, ossia con la valutazione di una percentuale di L.A.M. (Lesione Accertata da Mobbing) totale permanente, da quantificarsi poi mediante le Tabelle Ege di Monetizzazione.

Ciò risulta utile soprattutto in relazione a quanto stabilito dalla Corte di Cassazione in tema di danno esistenziale. Nella ormai famosa sentenza Cass. S.U. n. 6572/06 la Suprema Corte ha definitivamente sancito l'esistenza della categoria risarcitoria del danno esistenziale, definendolo mirabimente come “Ogni pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile) provocato sul fare areddittuale del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all'espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno”, ma chiarendo tuttavia che esso non consegue in senso "automatico" dalla prova dell'evento dannoso, ma deve essere dimostrato ed obiettivizzato socialmente. In sostanza, occorre fornire una prova oggettiva non solo dei fatti accaduti, ma anche delle modificazioni peggiorative a livello esistenziale che ne sono derivate: cosa è cambiato in senso negativo nelle abitudini, nelle attività, negli interessi, negli hobbies, nelle convinzioni personali, nelle relazioni interpersonali ed affettive, in famiglia, sul lavoro, in palestra, al bar, in chiesa, al circolo, ovunque si esplichi e si realizzi la personalità dell'individuo.

Dunque, la via per avere Giustizia per il Mobbing o per lo Straining subíto sul posto di lavoro è perfettamente e tranquillamente percorribile. La condizione è che tutti i danni di cui si chiede il risarcimento - professionali, biologici ed anche esistenziali - siano oggettivamente dimostrati e quantificati. Entrambe le cose risultano notevolmente semplificate applicando i sette parametri di riconoscimento dei conflitti lavorativi ed il correlato metodo di quantificazione del danno esistenziale.

I casi di Straining sono ormai molto riconosciuti ai fini legali: basti pensare che dalla sentenza in precedenza nominata, si è arrivati alle due sentenze – rispettivamente della Cassazione penale e della Cassazione Sezione Lavoro - del 03/07/2013 e del 19/02/2016, che confermano dunque non solo l’esistenza del fenomeno, ma anche la possibilità giuridica di opporsi a tale situazione con mezzi legali.

Il caso

Il dottor A. è Credit Manager presso la filiale italiana di una multinazionale, dove lavora ormai da oltre dieci anni con soddisfazione e serenità. I suoi problemi iniziano quando i vertici societari cambiano e con essi l'atteggiamento in tema di recupero crediti dei nuovi soci. Il dottor A. nota che alcuni manager gli tolgono il saluto, che comincia ad essere escluso da riunioni ed altri eventi aziendali, che i rapporti telefonici con la presidenza si rarefanno fino ad interrompersi.
Non comprendendo appieno quel che succede, pensa di aver fatto qualcosa di sbagliato e si tormenta con dubbi e domande. I problemi cardiaci di cui soffre da tempo si aggravano e lo costringono ad un ricovero ospedaliero ed a una convalescenza di alcuni mesi.
Durante la sua assenza uffici e funzioni vengono separati e riorganizzati e quando il dottor A. rientra in ufficio si accorge che il suo ruolo non esiste più. Viene assegnato a compiti che prima svolgevano i suoi subalterni, sfrattato dal suo ufficio personale e posizionato ad una scrivania a ridosso di due entrate, nel mezzo del traffico dell'ufficio, sotto diretto controllo visivo del Capo del Personale e a portata di ascolto di una collega "spia", le sue pratiche sono ammonticchiate alla rinfusa sul tavolo.
Chiede un colloquio con il Presidente ma non l'ottiene, invia lettere e richieste ma non ha risposta. I colleghi improvvisamente lo ignorano e lo emarginano, il "silenzio" da parte dell'azienda è sempre più totale ed emblematico. Comincia ad accusare insonnia, tensione, malumore; rimugina continuamente sulla sua situazione; è scontroso ed irritabile in famiglia e con gli amici; rifiuta di uscire di casa e rinuncia persino al suo hobby della pesca sportiva. Il medico curante lo invia da una psichiatra che gli accerta uno stato ansioso depressivo reattivo.

Il dottor A. è una vittima di Straining.

Dottor Harald Ege
Psicologo del Lavoro e dell'Organizzazione

Bibliografia di riferimenti

1. Cantisani D. Mobbing. Analisi giuridica di un fenomeno sociale e aziendale. Experta Edizioni, Forlì, 2005.
2. Cantisani D. Con quali mezzi si prova il Mobbing. Articolo online www.mobbing-prima.it/esperti.htm
3. Cavallini M. Quale tutela può ottenere un lavoratore mobbizzato? Articolo online www.mobbing- prima.it/esperti.htm
4. Ege H. La valutazione peritale del Danno da Mobbing. Ed. Giuffré, Milano, 2002
5. Ege H. Oltre il Mobbing. Straining, Stalking e altre forme di conflittualità sul posto di lavoro, ed. Franco Angeli, Milano, 2005
6. Ege H. La valutazione del danno. Articolo online www.mobbing-prima.it/esperti.htm

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