da Leadership Medica n. 9 del 2000
Lo studio della struttura, del funzionamento e dei processi di controllo sociale che si verificano nei gruppi ha una grande importanza per la psicologia sociale e si presta a molteplici applicazioni. Una di esse riguarda i processi di controllo sociale che si verificano all'interno dei gruppi religiosi, ai quali le persone si affiliano per esprimere e vivere il loro bisogno di spiritualità e trascendenza.
I gruppi religiosi si comportano come tutti gli altri gruppi: funzionano in base alla loro struttura, definita dai ruoli di ciascun membro e dal suo status, dal modo in cui i vari membri interagiscono e comunicano tra loro, dalle norme condivise. La persona che, all'interno del gruppo, occupa una posizione di intensa attività e di alto potere è il leader, che, per il suo prestigio, la sua importanza e il suo valore, gode di uno status molto elevato.
Grazie al suo potere egli può influire sui membri modificandone le convinzioni e i comportamenti, ma la riuscita della sua azione dipende da molti fattori tra loro interdipendenti. Un leader carismatico che esercita il suo potere "spirituale" sui membri non riesce, infatti, a controllare tutti i suoi fedeli nella stessa misura né a influire sulla loro vita nello stesso modo. Questo perché la sua azione si combina con le caratteristiche di personalità del membro affiliato e con le condizioni più o meno favorevoli che si verificano nel gruppo. Oltre a questo, nonostante i gruppi religiosi siano spesso chiusi ad altre influenze, anche le altre agenzie di socializzazione (come la famiglia, la scuola, il gruppo dei pari) possono potenziare o rendere meno efficace l'azione del leader.Gli studiosi di psicologia sociale hanno distinto diversi tipi di "poteri" esercitati dai leader.
Volendo fare qualche esempio di applicazione ai gruppi religiosi si può citare il cosiddetto "potere remunerativo" , fondato sull'uso di premi e punizioni, che, nei gruppi religiosi, è esercitato dal leader in diversi modi e in diversa misura. Tutte le religioni, infatti, si fondano su qualche forma di "premio" e "punizione" che la divinità attribuisce ai fedeli in base alla loro fede o alle loro azioni, ma, in alcuni casi, questo potere da "remunerativo" si trasforma in "potere coercitivo". Ciò avviene quando il leader carismatico (individuo spesso disturbato psicologicamente) se ne serve per limitare la capacità di decisione libera dei membri, fino a condizionarli in modo disonesto, arrivando a violare la loro coscienza e la loro intimità. Gli studi fatti sugli effetti negativi del potere coercitivo attestano che la coercizione fa leva sulla paura e quest'ultima può perdurare nel tempo anche quando l'individuo ha lasciato il gruppo. Un elevato livello di paura nei riguardi del leader, inoltre, rende la persona meno capace di affrontare e risolvere i suoi problemi, contribuendo a generare in lei varie forme di disadattamento. Per fare un esempio ci si può riferire al caso in cui la persona inserita nel gruppo religioso viene indotta a fare delle confessioni pubbliche. Il trauma psichico generato da queste ultime causa una "ferita" difficilmente curabile e impedirà alla persona di realizzare positive relazioni affettive all'interno di altri gruppi sociali. Un leader carismatico preoccupato di esercitare il suo potere sui membri deve sempre controllare la situazione sociale e, per fare questo, ricorre a bugie, "giochi" e strategie che hanno lo scopo di ottenere vantaggi personali e dimostrare la propria superiorità. Quando questo non basta utilizza varie forme di minacce e crudeltà. Egli dunque conduce le relazioni con i suoi adepti in funzione dei propri bisogni e dei propri interessi, inducendoli alla sottomissione acritica.
Ci sono casi in cui il leader carismatico esercita il suo potere provocando nel membro affiliato una "identificazione" con lui. La persona coinvolta nel gruppo religioso, in questo caso, obbedisce al leader non perché lo teme, ma perché si sente "come" lui, si sente "una cosa sola" con lui, si comporta, crede e pensa come lui. L'aspetto peculiare di questa forma di sottomissione è che la persona è talmente condizionata e priva di capacità critica che non si accorge nemmeno di esserlo: ha l'impressione di agire liberamente e consapevolmente.
Nei gruppi religiosi questo meccanismo è piuttosto frequente poiché il leader si presenta ai suoi seguaci non come una persona comune, ma come una persona dotata di poteri straordinari, inviata da Dio, messaggero di Dio, oppure come dio stesso. Il fenomeno che si verifica è dunque quello di una obbedienza totale dei membri a una persona che non sembra parlare a titolo personale (in questo caso ciò che dice potrebbe essere opinabile) ma si è di fronte a una persona che trasmette ordini e credenze per conto di un essere superiore (e dunque il "verbo sacro" non può essere messo in discussione). In questo modo il leader attribuisce a un "Ente superiore" la responsabilità di quanto lui stesso dice e degli ordini che impartisce e, da parte sua, il seguace è sollevato dalla responsabilità di dover riconoscere la sua totale e acritica dipendenza da un essere umano come lui. Anche le profezie del leader, quando non si verificano, vengono giustificate con "il mistero" di una scienza imperscrutabile di Dio che nessuno può comprendere. E' evidente che un leader-dio non è soggetto ad alcuna critica e può risolvere qualsiasi problema appellandosi all'imperscrutabilità dei disegni divini.
E' questo l'aspetto più pericoloso dell'azione dei leader carismatici nei gruppi settari, quello che causa i danni più gravi agli individui e alla società e che ha portato alla morte di centinaia di persone nei suicidi-omicidi di massa avvenuti in diverse parti del mondo. Il Dott. Arturo Domenico Nesci, in un suo studio, fa alcune considerazioni sulle caratteristiche di personalità di Jim Jones (leader carismatico che portò più di 900 seguaci alla morte) e afferma che "...ad un livello inconscio ... l'attributo fondamentale del leader è il suo potere assoluto di vita e di morte". Nel caso di Jones egli afferma che il suo rapporto patologico con la madre lo aveva indotto a concepire il rapporto con l'altro come una questione di vita o di morte, cioè come una questione di sopravvivenza.
Recentemente è stata elaborata un'interessante ipotesi sulla relazione tra il lavaggio del cervello (così come si verifica in alcuni gruppi religiosi), e il legame di dipendenza che unisce gli adepti e il leader carismatico. Il Prof. Zablocki nel suo articolo Analisi dei costi di uscita: un nuovo approccio allo studio scientifico del lavaggio del cervello (disponibile in traduzione italiana sul Sito Web del Gris di Roma all'indirizzo http://www.grisroma.it/indice/Zablocki_costidi uscita.htm) formula l'ipotesi che il lavaggio del cervello si può verificare quando il potere viene esercitato da un'autorità carismatica. In questa prospettiva il lavaggio del cervello sarebbe da considerarsi come una risposta al problema generato dalle continue e crescenti richieste del leader ai membri del gruppo. Se queste continue richieste non venissero da lui sufficientemente controllate e dosate, potrebbero causare la rottura della relazione carismatica. Il Prof. Zablocki, infatti, sostiene che l'obbedienza al leader potrebbe essere revocata dal seguace in qualsiasi momento con l'inevitabile interruzione della relazione carismatica e conseguente disaffiliazione. Fatto, questo, particolarmente grave per le sue ricadute sulla stabilità e sopravvivenza del gruppo. Compito del leader, secondo Zablocki, sarebbe, dunque, quello di rendere più difficoltosa possibile la fuoriuscita dei membri in crisi attraverso l'elevazione dei "costi d'uscita".
Il gruppo religioso funziona come un sistema nel quale si verifica un giro vizioso di feedback positivi: i membri si aspettano dal leader "miracoli" sempre più grandi e il leader si aspetta dai suoi fedeli "sacrifici" e prove di fedeltà sempre più onerosi. Si tratta, però, di un sistema in equilibrio precario che rischia di crollare in caso di una forte crisi. Una via d'uscita a questo circolo vizioso è trovare un modo per garantire la lealtà dei membri indipendentemente dal successo o meno delle azioni del leader.
Questo, secondo Zablocki, è possibile solo se il singolo si è inserito nel gruppo coinvolgendosi in modo totale tanto che i "costi" della sua uscita dal gruppo sarebbero troppo alti per essere sostenuti. E sarebbe questo il motivo per cui la persona, in molti casi, preferisce, nonostante tutto, rimanere nel gruppo anche in presenza di un forte disagio emotivo. Perché questo processo abbia successo è necessario che l'individuo riorganizzi le sue strutture cognitive ed emotive fino al punto da dare origine a una sorta di "nuova personalità" legata fortemente al carisma del leader.
A livello emotivo l'ipotesi di Zablocki è che la relazione carismatica ripropone all'individuo la relazione di attaccamento-distacco tra madre e bambino. L'impulso iniziale del leader carismatico è di nutrire, e quello del discepolo è di farsi nutrire.
La speranza infantile di cura assoluta e la speranza genitoriale di amore innocente e incondizionato vengono rivitalizzate nella relazione carismatica. Si verifica in questo modo una "ristrutturazione carismatica" e il lavaggio del cervello si manifesta come un processo organizzato e premeditato di influenza sociale finalizzato a ottenere la dipendenza dell'individuo. L'azione del leader, dunque, si manifesta nella distruzione delle convinzioni precedenti (livello cognitivo) e nella creazione di un forte bisogno di attaccamento (livello emotivo). Se il processo ha successo l'individuo diventa "affamato" di convinzioni e attaccamento e comincia a dipendere da chi glieli fornisce. Nello stadio successivo la persona può arrivare a rinunciare alla sua individualità al punto da non riconoscere più la validità emotiva della vita lontano dal gruppo settario e dal suo leader che lo governa "carismaticamente".
Naturalmente è il caso di sottolineare il fatto che ci sono leader carismatici che sanno esercitare il loro potere spirituale in modo equilibrato e ragionevole, senza intaccare la libertà dei loro seguaci, che esistono gruppi religiosi dai quali si può uscire senza subire ritorsioni di alcun genere e all'interno dei quali la creatività e la razionalità delle persone viene rispettata così come vengono salvaguardate la loro intimità e le loro relazioni affettive.
Questa realtà indubbiamente positiva che riguarda molti gruppi non deve mai allentare la vigilanza nei riguardi di quei leader che esercitano il loro potere spirituale senza scrupoli, che strumentalizzano altri esseri umani per interessi personali, che minano le fondamenta stesse della convivenza sociale fino a indurre i loro adepti a gesti autodistruttivi ormai tristemente noti per la loro ripetitività e drammaticità.
Raffaella Di Marzio
ricercatrice del GRIS, Gruppo di Ricerca e Informazione sulle Sette