da Leadership Medica n. 7 del 2001
ABSTRACT
La complessità dei bisogni delle persone sieropositive ha determinato la necessità di sviluppare nuove strategie assistenziali per far fronte a molteplici problematiche che riguardano la sofferenza psicologica e che spesso coinvolgono il contesto affettivo del paziente.
Dal momento che esiste un incremento costante del numero di casi di infezioni HIV negli eterosessuali, la probabilità che queste coppie (in cui uno o entrambi i partner sono sieropositivi) potrebbero aver bisogno di assistenza psicologica aumenta di pari passo. Nell'aver a che fare con coppie sieropositive, gli psicologi si trovano a dover affrontare problematiche che includono la difficoltà di fare piani per il futuro, la paura della trasmissione e la mancanza di spontaneità nel rapporto sessuale, le decisioni correlate alla gravidanza; il concetto di abbandono e perdita; problemi collegati al prendersi cura; sentimenti di perdita di fiducia in sé stessi, tristezza, colpa e rabbia. Se da una parte la persona non ha un partner, lui/lei potrebbe avere significative difficoltà ed addirittura abbandonare l'idea di entrare in una relazione, dovuto a imbarazzo, vergogna, paura di infettare l'altra persona e paura del rigetto.
Da un punto di vista sanitario, per coadiuvare un approccio più efficace ai problemi dell'infezione HIV, un requisito essenziale sembra essere la pianificazione e la disponibilità di un "amichevole" ed aperto servizio di counselling di coppia, teso a garantire supporto psicologico e informazioni per le persone sieropositive ed i loro partner, aiutando le coppie a preservare la loro prospettiva di pianificazione, a prendere decisioni riguardanti il loro desiderio di essere genitori, a costruire e migliorare la loro relazione sentimentale e la loro qualità di vita, e ad aumentare la fiducia in loro stessi.
Articolo
La comorbidità psicologica nei pazienti affetti da HIV assume un significato peculiare poiché ha un notevole peso nell’evoluzione clinica del disturbo, nella compliance terapeutica e nell’adeguata adesione a norme profilattiche efficaci, nonché nella capacità di intraprendere e mantenere relazioni affettive e sessuali funzionali. I più recenti dati epidemiologici sull’infezione da HIV confermano l’aumento del numero di coppie con stato sierologico discordante (Bellotti, Bellani, 1997).
Tuttavia, se da una parte la positività per l’HIV di uno dei due partner non costituisce un elemento in grado di impedire lo stabilirsi di rapporti di coppia duraturi (Semprini et al., 1997) - ciò, evidentemente, in conseguenza sia della mutata percezione dell’infezione da HIV nella popolazione generale, sia dei progressi compiuti dalla terapia antiretrovirale - dall’altra tale evento altera tutti gli equilibri che la coppia si è costruita nel tempo, costringendola a profonde riorganizzazioni relazionali e strutturali . Esso rappresenta un evento cosiddetto paranormativo, cioè imprevedibile, accidentale e in quanto tale richiede la messa in moto di nuovi meccanismi di adattamento, di problem solving, per essere affrontato e superato. Di fronte ad esso le abituali modalità di funzionamento della coppia risultano inadeguate e se non vengono attivati nuovi processi di riorganizzazione, attraverso modificazioni, sia a livello strutturale che relazionale, si ha una sofferenza dell’organizzazione duale. Ciò che si riscontra con maggiore frequenza è la presenza di difficoltà, crisi, tensioni interne, che vengono spesso eluse attraverso l’esaltazione di problemi attinenti alla sieropositività e allo stato sierologico discordante, interpretati come responsabili dell’infelicità della coppia. Tale pressione non può non interferire sul vissuto della persona sieropositiva che si sentirà sempre più colpevole, ingiusta, egoista per aver legato a sé la vita di una persona sieronegativa. In tali situazioni non è difficile osservare la messa in atto di comportamenti disfunzionali volti a dimostrare che non si può restare insieme, determinando, nei fatti, lacerazioni sempre più profonde nel rapporto, fino ad interromperne l’evoluzione. In altri casi, invece, è stato osservato che la coppia evita accuratamente l’argomento, per le forti emozioni che implica la malattia. È abbastanza lecito supporre che ogni individuo consapevole della propria sieropositività, e ogni individuo compagno di un sieropositivo, coltivi nella propria mente sentimenti, timori e fantasie circa la trasmissione del virus, la progressione della malattia, il declino fisico e cognitivo, la morte prematura. Talvolta può essere davvero difficile per i partner parlare e confrontarsi su questi timori; tuttavia, la mancanza di comunicazione, la mancanza di reciproca fiducia, continuerà ad interferire con l’intimità e la crescita della coppia. Lo sciogliersi di coppie a stato sierologico discordante e la formazione di altre a stato sierologico pari è purtroppo una tendenza in atto: l’esigenza di superare le difficoltà proprie di una situazione dispari, di sentirsi più a proprio agio con una persona che condivide problemi e aspettative, appare, senza dubbio, più rassicurante, decolpevolizzante, più normale. L’HIV porta in primo piano all’interno della relazione una gamma di problematiche connesse alla sessualità, e la coppia si trova nella necessità di trovare un nuovo assetto anche e soprattutto a questo livello. L’attività sessuale va pianificata secondo norme profilattiche precise, ma queste possono essere disattese attraverso comportamenti volti a negare l’angoscia di morte o a ristabilire all’interno della coppia l’equilibrio perduto (Bellani et al., 1996). La negazione spesso è l’unico mezzo praticabile per difendersi dall’angoscia e dalla paura della malattia e, se è di grado conforme alla realtà, rappresenta un utile tentativo per guadagnare tempo ed adattarsi all’evento. Se invece si struttura troppo intensamente e viene utilizzata come rifiuto della percezione di un dato estremamente spiacevole (dimenticare di essere infetto o di poter essere contagiato, vivere come se l’HIV non esistesse) può condurre alla scarsa adesione ad adeguate norme profilattiche (Simonelli, Solano, 1992).
Purtroppo è frequente il passaggio dalla discordanza alla concordanza dello stato sierologico. Le stime attualmente disponibili indicano che la probabilità di trasmissione maschio/femmina, durante rapporti sessuali non protetti, si aggira intorno allo 0.03-0.9%. Il rischio di contagio sessuale a cui viene esposto il maschio sieronegativo in coppie in cui è la partner femminile portatrice del virus HIV viene stimato, invece, intorno allo 0.05-0.15% (Royce, et al.). Tuttavia è evidente che tale rischio è notevolmente sottovalutato dalla coppia. L’osservazione costante delle norme profilattiche è difficile da ottenere. I preservativi possono essere sentiti come una barriera all’intimità oppure un costante ricordo dell’infezione e quindi possono interferire con la spontaneità ed il piacere dell’espressione sessuale. Molte coppie dicono che usare i preservativi è come “portare la morte in camera da letto” a causa di tutte le associazioni razionali ed emotive connesse alla necessità del loro uso.
D’altro canto non usare i preservativi o impegnarsi in un rapporto sessuale a rischio può essere vissuto come eccitante e appassionante, una vera espressione di amore ed impegno. Per molti partner sieronegativi l’esposizione al rischio di contagio, attraverso la mancanza di precauzioni, risponde anche ad un atto sacrificale inteso - o forse malinteso - come estremo gesto d’amore. In queste situazioni ciò che prende il sopravvento è il desiderio o il dovere del partner sieronegativo di dimostrare all’altro la sua illimitata accettazione, la sua totale dedizione, attraverso la condivisione dello stesso destino. Sul versante opposto si evidenziano invece comportamenti volti a cancellare completamente la sessualità all’interno della relazione di coppia. Talvolta, infatti, nelle coppie siero-discordanti si verifica una completa rimozione dello stimolo sessuale in quanto fonte di ansie e preoccupazioni e, nel contempo, una collusione ovvero un tacito accordo sulla scelta di privilegiare la relazione affettiva (Grosso, 1997). La sessualità reintroduce con forza la realtà dell’AIDS nella relazione e allora per i partner la via più sicura per evitare il pericolo “sieropositività”, che può mettere a repentaglio la relazione, è quella di rinunciare alla sessualità. In altri casi il rischio di contagio sessuale può anche realizzarsi in coppie che abitualmente fanno uso del preservativo ma che l’abbandonano volontariamente quando sopraggiunge il desiderio di procreazione. In queste coppie HIV discordanti il desiderio di avere un figlio può essere così forte da prevalere sul timore di contagiare il partner e di trasmettere l’infezione al nascituro. Quando è la madre ad essere sieropositiva le probabilità che il bambino si infetti, secondo gli ultimi studi, si aggirano intorno al 5,8% circa (1) (Houdson, Moodley, 1999). Nel caso in cui sia il padre ad essere portatore del virus la possibilità di trasmissione verticale è subordinata alla probabilità di contagio della donna. Per ridurre tale rischio è stato recentemente suggerito l’impiego di alcune tecniche, quali ad esempio la “purificazione dello sperma” - praticata sperimentalmente ma con un certo successo in Italia (Semprini et al., 1992, 1992b, 1993).
Tuttavia il rischio che la coppia si assume nei confronti del bambino non è limitato alla sola trasmissione verticale: esso si estende anche al versante relazionale, ossia alla possibilità che il genitore malato venga meno durante il periodo della crescita del bambino. Molto spesso il desiderio di avere un figlio risponde all’esigenza di reintrodurre elementi di normalità nella relazione di coppia. In questi contesti, la nascita di un figlio assume un preciso significato: rappresenta simbolicamente il prolungamento di sé e della coppia oltre la malattia, nonché la possibilità di attenuare le angosce di morte. Un figlio contrasta i vissuti di fallimento, di precarietà e di perdita esperiti dalla coppia e, senza dubbio, offre una prospettiva di futuro al rapporto. Pianificare il futuro è un’attività generalmente condivisa da due persone che hanno una relazione intima, in particolare quando le relazioni crescono e si solidificano nel tempo; dunque, per molte coppie HIV discordanti, l’idea di non potersi impegnare in un progetto futuro, in particolare avere e crescere dei figli, può essere avvertita come un’inaccettabile perdita. Si comprende, quindi, come la probabilità che tali coppie - in cui uno o entrambi i partner sono sieropositivi - richiedano un’assistenza psicologica sta aumentando. In presenza di sieropositività nella coppia sembra fondamentale la possibilità di entrare nelle logiche interne che portano al formarsi delle decisioni, valutarne i fattori prevalenti, aprendo il confronto sulle specifiche e complesse problematiche sottostanti alla relazione di coppia:
- l’accettazione della convivenza con il virus
- il saper riconoscere i propri desideri e il mediare con le paure o gli atteggiamenti iperprotettivi del partner;
- attrezzarsi per evitare il contagio senza rinunciare alla sessualità;
- non abbandonare una dimensione progettuale che consenta di vivere con il partner una prospettiva di futuro anche a breve-medio termine.
Antonietta Mariniello
Psicologa - "D.Cotugno" - Napoli