Sezione Medicina

da Leadership Medica n. 5 del 2003

Abstract

La riabilitazione intensiva ospedaliera dei disturbi dell’alimentazione di tipo cognitivo comportamentale è una forma di cura sviluppata in Italia indicata per i pazienti affetti dalle forme più gravi di anoressia nervosa e bulimia nervosa che non hanno risposto al trattamento ambulatoriale. Il trattamento si svolge in piccole strutture riabilitative non gravate dagli alti costi degli ospedali per acuti e preferibilmente in un ambiente non psichiatrico. Con questo programma l’84% dei pazienti ricoverati normalizza il peso corporeo e ottiene un miglioramento significativo della sintomatologia specifica dei disturbi dell’alimentazione. Ad un anno di distanza dalla dimissione l’indice di massa corporea medio (BMI) di tutti i pazienti ricoverati è significativamente superiore rispetto a quello misurato all’entrata ed è vicino alla soglia minima del normopeso.

Introduzione

Negli ultimi anni il trattamento dei disturbi dell’alimentazione maggiori (anoressia nervosa e bulimia nervosa) è notevolmente migliorato e oggi disponiamo di varie terapie la cui efficacia è stata dimostrata da rigorosi studi controllati e randomizzati, Nella bulimia nervosa più di 30 ricerche controllate e randomizzate hanno dimostrato che i pazienti trattati con la Terapia Cognitivo Comportamentale (CBT), che affronta i fattori di mantenimento specifici di questo disturbo (preoccupazione per il peso e le forme corporee, dieta ferrea, abbuffate e comportamenti di compenso), raggiungono una guarigione completa nel 50% dei casi ed un miglioramento significativo dei loro sintomi nell’80% dei casi.

Due studi controllati hanno evidenziato che la Terapia Interpersonale (IPT), sebbene non sia così rapida come la CBT nel determinare il miglioramento dei sintomi, a distanza di un anno dal suo termine raggiunge un’efficacia sovrapponibile. Oltre alle psicoterapie, numerose ricerche hanno evidenziato che una classe di psicofarmaci, gli antidepressivi, è in grado di determinare l’interruzione delle abbuffate e delle condotte di compenso nel 20% dei pazienti trattati. Purtroppo, l’efficacia degli antidepressivi non sembra durare nel tempo e la maggior parte dei pazienti ricade dopo 4-5 mesi di trattamento. Nell’anoressia nervosa gli studi controllati sono poco numerosi e hanno prodotto risultati inconsistenti. La scelta del tipo di trattamento dipende in larga parte ancora dalle preferenze del terapeuta e dalle risorse disponibili nel territorio. Esistono, ad ogni modo, delle evidenze che una forma di terapia familiare, messa a punto da un gruppo di ricercatori del Moudsley Hospital di Londra, sia più efficace rispetto alla psicoterapia individuale psicodinamica, nei pazienti di età inferiore ai 18. Numerosi case report ed esperienze cliniche indicano, inoltre, che la CBT allargata, forma di cura che affronta oltre ai fattori di mantenimento specifici del disturbo anche problematiche come la bassa autostima, la regolazione delle emozioni i problemi interpersonali e familiari, sia efficace in numerosi pazienti ambulatoriali. Purtroppo, un ampio sottogruppo di pazienti (circa il 50%) non risponde al trattamento ambulatoriale (psicoterapico e/o farmacologico) e necessita di cure più intensive. In Italia, a differenza di altri paesi europei e degli USA dove i pazienti che non rispondono al trattamento ambulatoriale o che presentano gravi complicanze mediche sono ricoverati in reparti internistici e psichiatrici, si è sviluppato negli ultimi anni un nuovo trattamento chiamato “riabilitazione intensiva ospedaliera”. In questo articolo sono descritte le basi teoriche, gli aspetti pratici e i risultati ottenuti dal programma di riabilitazione intensiva ospedaliera applicato presso la casa di cura Villa Garda. Il trattamento, che ha avuto inizio formalmente nel 1988, è stato il primo programma residenziale specializzato nella cura dei disturbi dell’alimentazione più gravi operante in Italia.

Basi teoriche del programma

Un buon trattamento fa in genere riferimento ad una buona teoria. Nel campo dei disturbi dell’alimentazione negli ultimi anni la validità della teoria cognitivo comportamentale è stata dimostrata da studi di scienza cognitiva, da ricerche cliniche che hanno evidenziato l’efficacia della CBT e da studi che, usando sofisticati modelli statistici (cross-sectional strctural equation modeling), hanno esaminato le relazioni psicopatologiche rilevanti dei disturbi dell’alimentazione. La teoria cognitivo comportamentale ipotizza che il meccanismo centrale di mantenimento dei disturbi dell’alimentazione sia uno schema disfunzionale di valutazione del valore personale (vedi Tab. 1).

Al cuore della psicopatologia ci sarebbe la tendenza dell’individuo a giudicare il proprio valore esclusivamente o in gran parte in funzione del controllo esercitato sull’alimentazione, peso e forme corporee. Secondo la teoria lo schema di autovalutazione disfunzionale si svilupperebbe per l’interazione multipla e complessa di vari fattori di rischio (socioculturali, individuali e familiare) e sarebbe attivato da alcuni fattori precipitanti. L’attivazione dello schema di autovalutazione porta l’individuo a sviluppare peculiari pensieri e preoccupazioni per il comportamento alimentare, il peso e le forme corporee e alcuni comportamenti caratteristici come ad esempio la dieta ferrea, l’attività fisica eccessiva, le abbuffate, le condotte di compenso, il body cecking (controllo compulsivo del peso e delle forme corporee) e gli evitamenti legati al corpo. I rinforzi positivi e/o negativi che l’individuo percepisce quando riesce a controllare quello che mangia, il peso e le forme corporee, il basso peso e la sindrome da digiuno, i comportamenti tipici dei disturbi dell’alimentazione, agiscono a loro volta mantenendo permanentemente attivato lo schema di autovalutazione disfunzionale, con il risultato che il disturbo dell’alimentazione, una volta innescato, tende ad auto-perpetuarsi. Recentemente è stato osservato che un sottogruppo di pazienti presenta alcuni fattori di mantenimento aggiuntivi che, a seconda dei casi, possono essere il perfezionismo, la bassa autostima nucleare, l’intolleranza alle emozioni e i problemi interpersonali (incluso quelli familiari). Sulla base di questa teoria è stato ideato un nuovo trattamento cognitivo comportamentale transdiagnostico, che può essere applicato con minime modifiche in diversi setting di cura (ambulatoriale, day-hospital, riabilitazione intensiva ospedaliera). Cognitivo comportamentale significa che il trattamento segue la teoria e la prassi della teoria cognitivo comportamentale (vedi sopra) e si rifà ai principi teorici e clinici dei più famosi autori nel campo della teoria e della terapia cognitivo comportamentale. Transdiagnostico significa che il trattamento è stato studiato e disegnato per essere applicato con minime modifiche a tutti i disturbi dell’alimentazione (anoressia nervosa, bulimia nervosa e disturbi dell’alimentazione atipici). La scelta di strutturare una terapia transdiagnostica e non specifica per ogni disturbo deriva dall’osservazione che anoressia nervosa, bulimia nervosa e disturbi dell’alimentazione atipici hanno caratteristiche cliniche distintive condivise e che c’è un movimento temporale dei pazienti da un disturbo all’altro. Il disturbo dell’alimentazione specifico del paziente non è rilevante per il trattamento. Piuttosto, il contenuto della terapia è dettato dalle caratteristiche psicopatologiche particolari presenti e dai processi che le mantengono.

Indicazioni di ricovero

Sebbene non esistano delle linee guida universalmente riconosciute per indicare il ricovero delle pazienti con disturbi dell’alimentazione, i seguenti criteri di ospedalizzazione, basati essenzialmente sull’esperienza clinica di vari autori, sono ampiamente accettati dalla comunità scientifica internazionale:

  • severa o rapida perdita di peso associata a complicanze mediche psicologiche e sociali che richiedono un trattamento ospedaliero;
  • mancata risposta al trattamento ambulatoriale o in day-hospital;
  • presenza di comorbilità psichiatrica significativa che ostacola l’intervento ambulatoriale;
  • presenza di complicazioni mediche severe;
  • necessità di separare il paziente dalla famiglia.

Il luogo

Il ricovero riabilitativo va effettuato presso unità (la casa di cura Villa garda gestisce 25-27 pazienti) specializzate nel trattamento dei disturbi dell’alimentazione dove opera un’équipe multidisciplinare con lunga esperienza nella cura di questi disturbi. Queste unità, che possono essere di tipo psichiatrico o non psichiatrico (come quella della casa di cura Villa Garda), dovrebbero essere situate in piccole strutture dedicate alla riabilitazione non gravate dagli alti costi degli ospedali per acuti . La mia esperienza di supervisore di strutture psichiatriche e strutture non psichiatriche, mi ha portato a concludere che i reparti non psichiatrici offrono significativi vantaggi rispetto alle unità psichiatriche. I pazienti affetti da disturbi dell’alimentazione, infatti, salvo rarissimi casi non necessitano di strutture chiuse ed altamente contenitive, ma di un ambiente confortevole, sereno, sicuro e adatto alla loro età, che li incoraggi empaticamente ad affrontare la difficile strada che porta alla guarigione. Un eccessivo contenimento, come quello che inevitabilmente si verifica in una struttura psichiatrica, favorisce la regressione psicologica dei pazienti e lo sviluppo di comportamenti impulsivi o di eccessiva dipendenza.

L’équipe ospedaliera e il milieu cognitivo comportamentale

Il trattamento sviluppato a Villa Garda non è un programma eclettico o integrato in cui ogni professionista mette a disposizione le sue specifiche competenze ma, sebbene sia somministrato da diverse figure professionali (medici, dietisti, psicologi/psicoterapeuti, infermieri professionali), si basa su un’unica teoria (vedi sopra) ed è applicato in un contesto che si può chiamare “milieu cognitivo comportamentale”. Questo termine è usato per descrivere programmi ospedalieri che si fondano su tre caratteristiche principali:
a) gli interventi terapeutici sono basati in modo prevalente sui costrutti teorici e i metodi della CBT;
b) la teoria cognitivo comportamentale è utilizzata per progettare e implementare il trattamento;
c) la CBT è associata ad altri interventi medici in un modello di trattamento integrato.
Nel reparto i membri dell’equipe, sebbene abbiano dei compiti specifici e distinti, hanno tutti ricevuto un training nella CBT, usano lo stesso linguaggio ed hanno obiettivi comuni di trattamento.

 

Il programma terapeutico

La terapia cognitivo comportamentale aderisce a un modello “sperimentale”, in cui ogni passo è attentamente pianificato e la decisione di procedere al passo successivo è valutata con estrema accortezza. Il trattamento può essere considerato come una specie di “esperimento” per valutare se la cura è in grado di fornire delle soluzioni più efficaci e soddisfacenti rispetto a quelle ottenute con il disturbo dell’alimentazione. Se il paziente non sarà soddisfatto di quanto raggiunto con la terapia, potrà sempre utilizzare nuovamente la dieta e gli altri mezzi di controllo del peso per far fronte ai suoi problemi. Il programma terapeutico segue due binari: il primo affronta il basso peso corporeo, la dieta e gli altri comportamenti di controllo del peso e le abbuffate; il secondo affronta temi psicologici come lo schema disfunzionale di autovalutazione e, se presenti, altri fattori di mantenimento (perfezionismo,la bassa autostima nucleare, le relazioni interpersonali e familiari problematiche e l’intolleranza alle emozioni). Il trattamento si sviluppa in tre fasi: fase ospedaliera, fase del day-hospital residenziale, fase della prevenzione delle ricadute.

1. Fase Ospedaliera (durata 13 settimane)
La fase ospedaliera ha l’obiettivo di erodere i principali fattori psicologici e comportamentali di sviluppo e di mantenimento dei disturbi dell’alimentazione, utilizzando tre procedure principali: a) valutazione diagnostica, b) riabilitazione nutrizionale e c) psicoterapia intensiva.
A. Inquadramento diagnostico
Durante i primi due giorni il paziente è sottoposto ad una valutazione diagnostica multidimensionale che comprende la visita medica, l’anamnesi alimentare, la valutazione psicologica e l’esecuzioni di vari esami (bioumorali e strumentali) e di test psicodiagnostici (vedi tabella 1). Al paziente è fatto anche firmare un “contratto terapeutico” in cui dichiara di accettare il regolamento del programma.
B. Riabilitazione nutrizionale
Il programma prevede due fasi distinte: fase 1. Alimentazione meccanica assistita; fase 2. Pianificazione dei pasti ed alimentazione meccanica responsabile.

Fase 1. Alimentazione meccanica assistita. Questa fase è portata avanti per i primi due mesi e fino a che non si è raggiunto un Indice di Massa Corporea o BMI (peso in kg/altezza al quadrato in metri) superiore a 18,5 kg/m2, un comportamento adeguato durante i pasti e una remissione dei principali sintomi del disturbo dell’alimentazione. In questa fase i pasti sono consumati in una saletta comune con altri pazienti affetti da disturbi dell’alimentazione. A tutti i pasti è presente il dietista, il cui ruolo è quello di insegnare ai pazienti tecniche cognitivo comportamentali per imparare a “mangiare meccanicamente”.
Mangiando meccanicamente il paziente impara ad attribuire i suoi pensieri disfunzionali (sul cibo, peso e forme corporee) e le sue sensazioni fisiche ai sintomi del suo disturbo e a non utilizzarli per gestire il suo comportamento alimentare (tecnica cognitivo comportamentale chiamata di riattribuzione). Il paziente è incoraggiato a considerare il cibo una “medicina” ad affidarsi al piano alimentare prescritto dall’èquipe. Tale modo di mangiare va portato avanti fino a che l’alimentazione non sarà più condizionata dalle preoccupazioni e pensieri disfunzionali sul cibo, peso e forme corporee. L’alimentazione prevede tre pasti principali, più uno spuntino pomeridiano. Nelle prime due settimane lo schema alimentare è ipocalorico (circa 1500 Kc al) per evitare potenziali complicazioni legate alla rialimentazione. L’alimentazione è successivamente aumentata di 500 Kcal la settimana fino a 2.500 Kcal/die. In seguito le variazioni caloriche dipendono dalla velocità d’incremento di peso. Il programma ha l’obiettivo di far raggiungere ai pazienti un BMI di almeno 20, con un aumento di peso compreso tra 1 e 1,5 kg la settimana; se il paziente aumenta meno di 1 kg la settimana la dieta viene aumentata di 500 Kcal/die, se aumenta più di 1,5 kg la settimana la dieta viene ridotta di 250 Kcal/die) Il peso corporeo è misurato due volte la settimana ed è comunicato ai pazienti. Dopo tutti i pasti, per aiutare i pazienti a non utilizzare le condotte di compenso (vomito auto-indotto), i bagni rimangono chiusi per un’ora. Ai pazienti che hanno difficoltà ad eliminare i sintomi del loro disturbo (ad esempio, l’iperattività) è fornita un’assistenza individuale continuativa durante il giorno.
Fase II. Pianificazione dei pasti ed alimentazione meccanica responsabile. La pianificazione dei pasti comporta le seguenti procedure:
a) consumare i pasti senza l’assistenza del dietista in una stanza diversa da quella dell’alimentazione meccanica assistita;
b) pianificare settimanalmente che cosa mangiare dal menù della casa di cura;
c) pianificare in anticipo quando, che cosa e quanto mangiare quando i pasti sono consumati al di fuori della casa di cura;
d) partecipare a due gruppi settimanali con i dietisti, uno teorico per la pianificazione del gruppo di cucina pratico e l’altro pratico in cui si cucina e si consuma il pasto con gli altri pazienti del gruppo;
e) fare esercizi specifici di esposizione a situazioni ad alto rischio, come ad esempio fare le porzioni da soli, mangiare in situazioni problematiche (al ristorante, al fast-food, in pizzeria, con i genitori, con gli amici), consumare dei cibi evitati;
f) continuare ad usare autonomamente le tecniche cognitive comportamentali per mangiare meccanicamente (alimentazione meccanica responsabile);
g) gestire autonomamente le attività alternative (non è più obbligatorio rimanere nella sala delle attività alternative dopo il pasto)

C. Psicoterapia intensiva
Durante il periodo di ricovero, dopo alcuni colloqui diagnostici iniziali, il paziente partecipa ad un trattamento di psicoterapia intensiva individuale (una volta la settimana) e di gruppo (sette giorni su sette). I gruppi utilizzano le più moderne procedure cognitivo comportamentale per migliorare lo schema disfun zionale di autovalutazione dei pazienti. Sono applicate tecniche per:

- educare il paziente sul modello cognitivo comportamentale di sviluppo e di mantenimento dei disturbi dell’alimentazione;

- allargare e modificare lo schema di autovalutazione disfunzionale basato sull’eccessiva valutazione attribuita al comportamento alimentare, peso e forme corporee e al loro controllo;

- affrontare, se presenti, altri fattori di mantenimento aggiuntivi, come ad esempio il perfezionismo, la bassa autostima nucleare, l’intolleranza alle emozioni e i problemi interpersonali.

I gruppi settimanali includono: 1 gruppo per imparare a gestire i sintomi, 2 gruppi psicoeducazionali, 3 gruppi per migliorare la valutazione di sé, 1 gruppo per migliorare l’immagine corporea e, nei pazienti che lo necessitano, 1 gruppo per imparare a modulare le emozioni senza utilizzare comportamenti disfunzionali (modulo “Regolazione delle emozioni”). I pazienti di età inferiore ai 18 anni con la loro famiglia partecipano al modulo “Terapia della famiglia” che include sei sedute di terapia familiare e a 10 incontri di gruppo con altri genitori.

2. Fase Del Day-Hospital (durata 7 settimane)
La fase del day-hospital, è stata inserita nel programma per consentire un passaggio graduale alla terapia ambulatoriale. In questa fase il paziente sperimenta sempre di più la pianificazione dei pasti e l’alimentazione meccanica responsabile. Gradualmente consuma i pasti al di fuori dall’unita riabilitativa (dapprima la colazione e poi la merenda, la cena ed il pranzo) per arrivare, nell’ultima settimana di ricovero, a consumarli tutti al di fuori della struttura. Nella fase del day-hospital il paziente passa tutti i week-end al proprio domicilio e ritorna in clinica il lunedì. Per tutto il periodo del day-hospital continuano le terapie iniziate durante la fase di ospedalizzazione. Verso la fine del day-hospital sono programmate sedute con l’intera famiglia, sia con la dietista sia con il medico, al fine di preparare il rientro a casa. In questi incontri si discute il modo di comportarsi nei confronti di tutto ciò che riguarda la pianificazione dei pasti e l’alimentazione meccanica, la scuola o il lavoro, il luogo dove si andrà a vivere, il tipo di terapia ambulatoriale che sarà effettuata.

3. Fase della prevenzione delle ricadute (1 o più anni)
Dopo la dimissione i pazienti sono invitati a partecipare ad un programma di terapia cognitivo comportamentale ambulatoriale e a degli incontri di gruppo gratuiti effettuati presso la casa di cura Villa Garda, ogni 15 giorni per sei mesi, finalizzati alla prevenzione delle ricadute. I gruppi sono aperti e composti da un numero massimo di otto persone e sono strutturati con le modalità dell’auto-aiuto guidato (i pazienti si aiutano tra loro per evitare la ricaduta, ma sono supportati in questo compito difficile da uno psicologo/psicoterapeuta del reparto).

Risultati ottenuti dal trattamento

Dal 1999 sono stati ricoverati consecutivamente 135 pazienti affetti da anoressia nervosa. L’età media dei pazienti era 22,7 anni (DS 5,6). Il trattamento ha determinato un aumento significativo del BMI (analisi intention to treat) che è passato da 14,1 (DS 1,7) all’entrata a 19,0 (DS 1,7) alla dimissione (p<.0001). 113 pazienti su 135 (84%) hanno concluso l’intero trattamento (13 settimane di ricovero e 7 di day-hospital residenziale) e hanno normalizzato il loro peso corporeo. La normalizzazione del BMI si associa ad un significativo miglioramento di molti sintomi psicologici associati ai disturbi dell’alimentazione (depressione, ansia, scarso concetto di sé, isolamento sociale, preoccupazione per il cibo, peso e forme corporee)
Di 74 pazienti consecutivamente dimessi nel 1999 e nel 2000 sono disponibili i dati sul BMI e sul ciclo mestruale ad un anno dalla dimissione. Il BMI, che all’entrata era 14,4 (DS 1,6), ad un anno di follow-up era 17,7 (DS 2,4), vicino al valore di 18,5 che rappresenta la soglia minima del normopeso. Di questo campione di pazienti il 43% riferiva la presenza di almeno un ciclo mestruale nei tre mesi che avevano preceduto la valutazione.

Conclusioni

L’articolo ha presentato il trattamento di riabilitazione intensiva ospedaliera di tipo cognitivo comportamentale sviluppato in un reparto non psichiatrico della casa di cura Villa Garda. Il programma si è dimostrato in grado di normalizzare il peso corporeo e di migliorare molti sintomi psicologici associati ai disturbi dell’alimentazione nell’84% dei pazienti ricoverati. Ad un anno di distanza dalla dimissione, sebbene un sottogruppo di pazienti non mantenga i risultati raggiunti con il trattamento riabilitativo, il BMI medio è significativamente superiore rispetto all’entrata ed è vicino alla soglia minima del mormopeso. I risultati ottenuti dal programma di riabilitazione intensiva, sebbene non siano ancora completamente soddisfacenti, forniscono una speranza oggettiva di cura e di guarigione per molti pazienti affetti dai disturbi dell’alimentazione più gravi che non rispondono alla terapia ambulatoriale.

Riccardo Dalle Grave
Responsabile Unità di Riabilitazione Nutrizionale della casa di cura Villa Garda Responsabile scientifico dell’Associazione Italiana Disturbi dell’Alimentazione e del Peso (AIDAP)

Arianna Banderali
Dirigente Medico presso l'Unità di Riabilitazione Nutrizionale della Casa di Cura Villa Garda
Presidente AIDAP

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