da Leadership Medica n. 7 del 2002
Da diversi decenni la biologia, dopo accurate ricerche, manipolazioni e sperimentazioni, ha introdotto una serie di tecniche, chiamate Biotecnologie o tecnologie della vita.
È tuttavia opportuno, ricordare che la date ufficiali della nascita di questa disciplina il 1857, quando Luois Pasteur pubblicò i suoi studi sui meccanismi di lievitazione e di fermentazione, il 1878 con la scoperta degli enzimi della lievitazione e il 1929 con il riconoscimento degli enzimi come proteine. Già dagli ultimi del Ottocento e dai primi del Novecento, con la scoperta di Mendel delle leggi dell'ereditarietà dei caratteri (1865), la capacità umana di plasmare piante e animali è notevolmente aumentata anche se si manteneva nei normali processi evolutivi. Il principale risultato conseguito nella prima metà del '900 è stata la dimostrazione del processo di trasformazione batterica (1928). Successivamente, aumentando le nostre conoscenze sulla genetica, è cresciuta di pari passo la nostra possibilità di agire, e anche alterare, i processi che sono alla base della vita. Il passo probabilmente più importante in questa direzione si è compiuto tra il 1940 e il 1950 con la scoperta che le informazioni necessarie alla costruzione e la funzionamento di qualsiasi organismo vivente sono contenute nella parte genica della molecola a doppia elica di acido Desossiribonucleico, il DNA (1953). Da allora i progressi si sono succeduti a ritmo serrato e dopo vent'anni, con la prima ricombinazione del patrimonio genetico si è giunti al primo brevetto (1973) per la tecnica del DNA ricombinante.
Questa tecnologia consente di modificare il DNA di un organismo inserendo in esso i geni di un altro organismo. A soli due anni di distanza, nel 1975, nasce la prima azienda biotecnologia e nel 1977 si dà il via alla produzione dell’insulina umana. Nel 1983 il biochimico Kary Mullis mette a punto la tecnica della PCR (reazione a catena della polimerasi), che consente di moltiplicare numerosissime volte frammenti del DNA. Da allora i primi farmaci come l’insulina artificiale (1982), l'ormone della crescita (1985) si sono diffuse nella pratica medica. Sempre negli anni ottanta sono state ottenute le prime proteine del sangue e i primi modulatori del sistema immunitario, per non parlare della produzione dei vaccini (1986) e del primo esperimento di terapia genica (1990). Si è dunque reso possibile agire direttamente sul codice della vita, manipolandolo. Specificato ciò, si può quindi affermare che: "le biotecnologie consistono nell’uso di organismi viventi allo scopo di produrre quantità commerciali di prodotti utili, oppure per migliorare le caratteristiche di piante e animali". Applicando le tecniche dell'ingegneria genetica – che consentono appunto di modificare le caratteristiche genetiche degli organismi – è possibile creare delle vere e proprie "fabbriche" sofisticate. Soprattutto batteri, ma anche altri microrganismi, ricevono nel loro codice genetico informazioni provenienti da altre specie animali o vegetali che usano per produrre, a basso costo, farmaci o altre sostanze utili all'uomo. Talvolta alcuni tipi di retrovirus geneticamente modificati, vengono utilizzati per inserire informazioni ricevute in piante o animali, che così acquisiscono caratteristiche nuove; possono, ad esempio, diventare più produttivi o più resistenti. I risultati della ricerca in ambito biotecnologico , sono il frutto del lavoro in stretta collaborazione interdisciplinare tra diverse scienze (chimica, fisica, medicina, farmacia, biologia) in sinergia con il settore industriale e sono ormai applicabili su vasta scala, modificando in modo significativo l’approccio ai problemi ambientali, sanitari e alimentari in tutto il mondo. Favorite dalla crescita globale degli investimenti le società che si occupano di biotecnologie stanno vivendo un momento di fermento e di espansione Attualmente gli Stati Uniti sono al primo posto nel mondo con ben il 72% del fatturato totale. Secondo Beyond Borders il settore delle biotecnologie conta oggi 4.284 aziende delle quali 622 pubbliche, e 3.662 private in 25 Paesi. Nel 2001 le società pubbliche hanno generato un fatturato di 35 miliardi di dollari, hanno investito 16 miliardi di dollari nella ricerca e sviluppo e hanno dato lavoro a più di 188.000 addetti. In Europa la concentrazione maggiore di società di prodotti biotecnologici è in Gran Bretagna, segue la Germania, e la Francia. L'Italia è solo all’undicesimo posto con 46 società delle quali sono una di grandi proporzioni, il 40% è attiva nel settore biomedico, il 30% in quello della strumentazione, il 16% in quello ambientale e il 14 % in quello agricolo. Nel 2001 gli investimenti effettuati nel settore sono stati pari a circa 8 miliardi di dollari, mentre le realtà europee hanno raccolto oltre 2 miliardi di dollari e quelle canadesi circa ben 900 milioni di dollari. "Talenti conoscenze e investimenti sembrano destinati a crescere e circolare sempre più liberamente in tutto il mondo e le aziende che operano nel campo delle biotecnologie devono essere pronte ad attuare strategie di sviluppo in grado di sfruttare l’emergere di tali opportunità", così ha affermato Donn Szaro (Global Health Sciences Director di Ernst & Young). Entro il 2005 il mercato delle biotecnologie in Europa è destinato a raddoppiare i valori attuali, superando il tetto di 100 miliardi di dollari. A rallentare la corsa ci sono, però i prezzi tutt'ora elevati dei farmaci e la questione sulla tutela dei brevetti. Il dibattito è ancora aperto, per la possibilità anche di brevettare nuove forme di vita (microrganismi, piante e persino animali) o loro parti. In questo modo, istituti e industrie riescono a creare forme modificate di vita, e, dopo aver speso cifre ingenti per la ricerca, possono garantirsi la proprietà e lo sfruttamento economico dell’invenzione almeno per un certo numero di anni. Tale possibilità incoraggia la sperimentazione e aiuta la scienza a progredire, ma pone una questione etica sulla vita, che di per sé non può essere brevettata.
Oggi possono venire brevettate, e anche qui è aperta la discussione, alcune modifiche effettuate con l’ingegneria genetica sulle cellule viventi purché rappresentino un’invenzione, un qualcosa che sia una novità, non un’ovvietà, e con possibilità di utilizzazione produttiva. Le politiche pubbliche incerte e la mancanza di regolamentazione sono la spia dell'acceso dibattito nella società dei vari Paesi, sollevato dall’uso di biotecnologie nell’agricoltura,dalle ricerche sulle cellule staminali e dalla clonazione. Le questioni di ordine bioetico richiedono del resto studi e riflessioni da parte sia dei comitati di bioetica sia dei filosofi, degli scienziati e dei giuristi chiamati in causa. Anche in Italia, già nel 1990 è nato il Comitato Nazionale di Bioetica, in cui i teorici che si occupano del problema (scienziati, filosofi, ecc.), sono d’accordo nel consentire la produzione di animali transgenici da usare come modelli per lo studio e la sperimentazione di cure contro malattie gravi che colpiscono l'uomo, oppure utilizzare porzioni di patrimonio genetico o di cellule viventi per curare le stesse malattie, o per produrre farmaci, reagenti diagnostici e vaccini, ma vietano nel modo più assoluto ogni creazione di embrioni umani con fertilizzazioni in vitro allo scopo di ricerca, durante la loro vita o dopo la loro morte, come nello stesso modo vietano la creazione di esseri umani identici, ottenuti mediante clonazione o con ogni altro metodo per qualsiasi scopo, compreso quello di selezionare la razza. Non ultimo e forse cosa più importante, viene vietato l’impianto di embrione umano nell’utero di un altro animale o viceversa, la fusione cioè di gameti (cellule sessuali umane) con quelle di altri animali.
GLI ITALIANI E LE BIOTECNOLOGIE
Molto importante è capire se l'opinione pubblica, in questo caso italiana, si fida della scienza e dell'utilità di questa per migliorare la qualità della loro vita. Per questo, quasi costantemente, vengono fatte ricerche e vasti sondaggi di opinione. Ciò è stato chiesto a più di mille persone, da una nota società che si occupa di ricerche sul mercato e indagini statistiche, con un risultato sorprendente: sei italiani su sette hanno detto "Si, ci fidiamo della scienza". Ciò mostra come gli italiani pensino alla medicina e ai suoi sforzi per eliminare alcune delle più importanti malattie con gratitudine, e come sappiano che, proprio grazie alla medicina, alla sperimentazione e alla ricerca scientifica che nell'ultimo secolo la durata di vita media è raddoppiata. Più del 50% degli italiani chiede inoltre informazioni più chiare e complete da parte di coloro che lavorano ai più recenti campi della scienza, mentre il 70% credono un errore "bloccare gli esperimenti scientifici per prevenire ogni possibile rischio". Dall’altro lato, un numero consistente di italiani teme che la sperimentazione in campo biotecnologici si potrebbe rivelare dannosa, sia per l'uomo che per l'ecosistema. Anche se le biotecnologie hanno migliorato di molto la qualità della vita negli ultimi anni, la maggior parte delle persone che ne ignoravano le applicazioni in campo medico. Da un indagine condotta nel 1999 su questo argomento, era emerso che il 48% degli interrogati non ne era informato, tale percentuale saliva al 60% per le persone con un livello culturale medio/basso. Sembra però che, anche grazie all'informazione di massa, negli ultimi anni, le cose siano migliorate: da un sondaggio compiuto nel 2001, il 62% degli intervistati ritiene che le biotecnologie porteranno in futuro alla scoperta di nuove terapie per curare malattie gravi (AIDS, Alzheimer), che il 55,2% ritiene inoltre che le biotecnologie sconfiggeranno le malattie geniche e altre gravi patologie. Purtroppo, però, anche l’informazione di massa ha uno svantaggio: le informazioni sono spesso imprecise e talvolta errate, ciò crea false aspettative e timori che si potrebbero evitare con un più oculato e scientifico criterio di valutazione delle informazioni passate dai media. Insomma, progresso scientifico sì, ma con prudenza, e con maggiori investimenti economici oltre ad una linea politica più chiara. Una richiesta da nazione moderna e civile.
BIOTECNOLOGIE E MEDICINA
Il campo medico è particolarmente interessato alle applicazioni delle biotecnologie, ne beneficiano in particolare la prevenzione, la diagnosi e la terapia. La scoperta di anticorpi monoclonali ha portato importanti innovazioni nel settore diagnostico. Grazie alla loro purezza, alla specificità e alla disponibilità illimitata hanno trovato importanti riscontri nell’oncologia, perché permettono di distinguere in modo specifico le strutture prodotte da cellule tumorali. Queste stesse proprietà consentono l’impiego di anticorpi monoclonali come vettori di farmaci anti-tumorali a scopi terapeutici. In questo modo gli immuno-farmaci giungono esclusivamente sulle cellule maligne senza portare ulteriori conseguenze sulle altre, per la loro tossicità. Fino ad ora quest'applicazione ha interessato la lotta contro il tumore alle ovaie, del tratto gastro-intestinale, del polmone e del fegato. Gli anticorpi monoclonali sono impiegati anche in infettivologia per il riconoscimento di agenti patogeni; ha portato infatti alla comprensione dell’epidemiologia, cioè delle cause di diffusione di alcune malattie come l’epatite virale A e B, l’infezione causata da Herpesvirus di tipo I e da Chlamydia, e la mononucleosi. Un altro campo di applicazione degli anticorpi monoclonali è l’immunologia, che studia gli effetti della reazione antigene-anticorpo. È stato possibile, studiare le varie sotto popolazioni di linfociti, globuli bianchi presenti nel sangue che producono anticorpi, e le modalità di risposta immunitaria. In tal modo, si sono scoperte le cause di alcune patologie, di alcune malattie come le immuno-defincienze, insufficienze immunitarie, acquisite o ereditarie, o le malattie autoimmuni in cui le funzioni di difesa sono rivolte verso il proprio organismo. L’utilizzo di anticorpi monoclonali ha inoltre consentito il miglioramento di metodi di analisi di varie sostanze presenti nei liquidi biologici. La tecnologia del DNA ricombinante è applicata soprattutto in campo diagnostico. Vengono utilizzate sonde genetiche, che riconoscono sequenze specifiche di acidi nucleici per la complementarietà delle basi azotate, per lo studio del neuroblastoma, un tumore maligno che colpisce i gangli nervosi, piccoli rigonfiamenti rotondi o fusiformi disposti lungo il decorso dei nervi, o ancora per la diagnosi prenatale di malattie genetiche. L'impiego di sonde molecolari consente inoltre l’individuazione di mutazioni genetiche anche quando non danno luogo a malattie clinicamente manifeste. Particolarmente importante sono anche i farmaci e i vaccini ottenuti da Bioteconologie.
Giovanni Abruzzo