da Leadership Medica n. 271 del 2008
All'articolo interessante del Prof. Harald Ege su Leadership Medica n. 270 "Stalking - sindrome del molestatore" (disponibile qui) una piccola precisazione: anche gli uomini sono soggetti allo stalking da parte delle donne. Naturalmente le modalità d'uso sono differenti. Lo stalking viene indicato anche come "sindrome della strega".
In generale il modo più comune di fare stalking da parte delle donne inizia durante il sorgere della crisi matrimoniale o di convivenza con il rifiuto dell'intimità e attraverso pressioni economiche e morali (ad esempio rendere difficile il rapporto padre figli: "papà non da i soldi alla mamma perché è cattivo"). O anche: " Se non ho potuto comprarti la macchinina è perché papà non mi ha dato i soldi". Oppure ancora, "la mamma non può stare con te perché deve andare a lavorare perché papà non mi da i soldini" ecc., ecc. Su questa strada spesso si peggiora man mano che la relazione coniugale si esaurisce.
Un'altra diffusa tecnica di stalking da parte della donna è quella che inizia appunto come prima, ma prosegue con aggressività sempre maggiore e supera il limite, in particolare nei casi in cui nonostante il dissidio nella coppia per ragioni economiche, la famiglia è costretta a convivere.
Questo rende più penosa e pericolosa all'intero gruppo famigliare la vita quotidiana.
Naturalmente sono state rilevate violenze psicologiche e fisiche anche contro i figli da parte della madre. Va notato a questo punto che l'espressione "violenza famigliare" comprende la presa in conto sia di cattivi trattamenti fisici, sia di cattivi trattamenti sessuali e psicologici.
Tuttavia un importante settore di discussione si è attualmente concentrato intorno alla questione del contributo degli uomini e delle donne alla violenza domestica.
In riferimento alla violenza femminile essa è stata esaminata secondo tre categorie principali: gli studi sulla violenza domestica con particolare riguardo alla violenza sui bambini.
Va segnalato che l'espressione "violenza famigliare" prende in carico anche la violenza femminile. Va rilevato che Straus e Gelles (1990) affermano, fondandosi sui dati di una ricerca americana, che le donne sono violente come gli uomini nel contesto famigliare.
Nell'insieme potremmo interpretare lo stalking come un comportamento violento diffuso sia tra i soggetti femminili che tra i soggetti maschili. (cfr Galles e Heidensohn 1992 e 1983 - 1987).
La ricerca ha evidenziato che le mamme naturali sono implicate nel 33 per cento dei casi di maltrattamento fisico. Peraltro il termine "stalk" secondo il dizionario Collins è traducibile (in senso figurato) come "inseguimento della selvaggina", il che rappresenta bene le caratteristiche peggiori di un comune corteggiamento.
Il ricorso alla separazione che precede il divorzio non risolve il problema dello stalking verso gli uomini, al contrario diventa sempre più presente dopo la separazione, sia nella gestione dei figli delegittimando la figura paterna, sia in campo economico per rendere invivibile la vita all'ex partner. Il 70 per cento delle coppie separate ricorrono al giudizio del magistrato: in questi casi sono gli uomini a soccombere. Il diritto di famiglia è stato elaborato senza tenere conto della "coppia", ma solo in funzione della madre, dando per scontato l'assioma "madri buone padri cattivi". Naturalmente non è così. Quindi come può un uomo tutelarsi per non diventare la preda? Una soluzione possibile è emigrare dove la cosiddetta civiltà non esiste, emigrare in quelle zone protette in cui non è autorizzata la "caccia alla selvaggina" o no?
Prof. Aldo Dinacci
Psychologist, Psychotherapist
Specialist in Differential and Scholastic Psychology Director, Institute of Psychology of the Person and of Personality - Bologna
foto: geralt @ pixabay.com